Fotovoltaico utility scale e grandi batterie, il binomio perfetto in California

A breve un accordo per un impianto FV da 400 MW con uno storage tra i più grandi del mondo, 800 MWh. Con costi dimezzati entro pochi anni la strategia è perseguita in California e negli Usa. Ma da noi si punta sul gas.

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Si dovrebbe chiudere entro fine luglio in California un contratto che renderebbe l’energia fotovoltaica estremamente conveniente. Si tratta di un grande impianto FV da 400 MW che verrà coadiuvato da un sistema di storage tra i più grandi del mondo, con una capacità di 800 MWh.

L’impianto così riuscirà a fornire il 7% dell’elettricità a Los Angeles a partire dal 2023 ad un costo di meno di 2 cent$/kWh (1,997 $/kWh, per la precisione) e di 1,3 cent$/kWh per l’energia in batteria. Quindi una spesa molto più bassa per qualsiasi kWh generato da impianti convenzionali a fonti fossili.

Alla luce di questi numeri, l’autore di diversi scenari per il 100% rinnovabili, Marc Jacobson dell’Università di Stanford di Palo Alto (California) ha twittato entusiasta: “Goodnight #naturalgas, goodnight #coal, goodnight #nuclear”.

Il nuovo impianto di storage solare verrà costruito nella Contea di Kern e avrà una producibilità annuale di circa 876.000 MWh. La sua entrata in esercizio ridurrà notevolmente il fabbisogno di elettricità da impianti e centrali alimentate a gas.

Come abbiamo scritto in questi ultimi mesi, la riduzione dei prezzi delle batterie, insieme a quelle degli impianti a fonti rinnovabili, sta spingendo verso questa soluzione. E in California le batterie stanno già soppiantando alcune centrali a gas e potrebbero farlo in tutti gli States in pochi anni (“Piccole” batterie al posto del gas: in California la rivoluzione prosegue”).

A marzo, Bloomberg New Energy Finance (BNEF) aveva analizzato circa 7mila progetti di stoccaggio elettrochimico a livello globale, rilevando che il costo delle batterie al litio per impianti utility scale era diminuito del 76% dal 2012 e del 35% negli ultimi 18 mesi, arrivando a 187 $ per MWh.

Anche Navigant, un’altra società di consulenza e analisi di mercato, sta fornendo previsioni molto interessanti sui costi per il sistema elettrico: entro il 2030 è probabile un dimezzamento dei costi delle batterie, quindi il loro costo sarà molto al di sotto di quello stimato per l’impianto della Contea di Kern, con conseguenti benefici per i costi legati alla stabilità dell’approvvigionamento elettrico.

Certo, bisognerà nel tempo passare ad uno stoccaggio di poche ore ad uno di più lunga durata e, meglio, se stagionale, utilizzando tutte le tecnologie disponibili. Nel frattempo ricordiamo che nel 2010, la California aveva approvato una norma secondo cui le società elettriche statali dovranno installare entro il 2024 accumuli pari al 2% della loro domanda di picco. Una quota che potrebbe essere rivista al rialzo visti i costi in discesa.

Su scala nazionale i costi di una completa decarbonizzazione del sistema elettrico restano comunque molto rilevanti.

Il centro di ricerca Mackenzie ha valutato che sarebbero necessari 4.500 miliardi di dollari. Metà di queste risorse economiche sarebbe da imputare a circa 900 GW di batterie e altre tecnologie di storage. Una capacità, solo per gli Usa, che sarebbe superiore di oltre 160 volte quanto finora installato su scala globale (5,5 GW).

Da più fonti internazionali sembra chiaro però che a breve sarà molto più conveniente investire in un impianto di accumulo (non solo elettrochimico), accoppiandolo ad un parco FV o eolico, piuttosto che realizzare una nuova unità a gas.

Da noi, in Italia, invece non ci credono (o non ci vogliono credere) più di tanto governo, Arera, Terna, Enel e altre società elettriche che stanno spingendo, grazie al sostegno economico del capacity market (il decreto), alla realizzazione di “impianti di picco” a gas o addirittura centrali a ciclo combinato, in vista dello “spauracchio” dell’uscita dal carbone al 2025.

Eppure si sa che questi impianti possono far alzare di molto il prezzo dell’energia (costo del capacity market è fino a 1,4 miliardi di € all’anno per 15 anni, secondo la Commissione Europea), poiché sono utilizzati per un periodo di tempo molto ridotto e in poco tempo devono anche recuperare i loro costi fissi.

Recente è anche la critica delle associazioni ambientaliste, oltre che di Italia Solare, che chiedono maggiori chiarimenti su questa strategia che l’Italia vorrebbe attuare.

Anche con piccoli incentivi per i grandi impianti solari e/o per lo storage negli Usa la strada sembra più chiara.

Oggi possiamo battere i peaker a gas ovunque negli Stati Uniti con sistemi fotovoltaici più accumulo”, ha detto di recente il Ceo di una società che lavora in questo campo, Tom Buttgenbach di 8minutenergy Renewables LLC. “Chi è sano di mente oggi non si metterebbe a fare nuovi impianti a gas, visto che siamo ad un dimezzamento dei prezzi”.

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