Finanza verde, dal greenwashing al transition-washing?

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Sono ancora molto pochi i corporate bond specificatamente dedicati alla transizione energetica, anche se quelli mirati alla sostenibilità in generale fanno comunque sperare, secondo BNEF.

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Alla fine dell’anno scorso, gli operatori del mercato del debito prevedevano che il 2021 sarebbe stato l’anno dei bond di transizione, o meglio, della transizione energetica.

L’attesa era che le società dei combustibili fossili e altri grossi emettitori privati, fino a poco tempo fa in gran parte esclusi dalla vendita di obbligazioni verdi, avrebbero iniziato a collocare sul mercato vagonate di questo nuovo tipo di bond, per finanziare i propri sforzi di decarbonizzazione.

E invece, ad oggi, le società più energivore e del comparto delle fonti fossili, hanno emesso solo sei di queste obbligazioni nell’anno in corso, secondo i dati compilati da BloombergNEF.

Fra le poche operazioni, il bond da 300 milioni di dollari di Castle-Peak Power Co. a febbraio, con i proventi destinati alla costruzione di una turbina a gas in una centrale elettrica di Hong Kong; e poi il collocamento da 780 milioni di dollari della filiale di Hong Kong della Bank of China Ltd., fatto a gennaio per finanziare una serie di progetti che dovrebbero essere in linea con l’obiettivo cinese di raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2060.

Ma, al di là del numero esiguo di bond di transizione, le cattive notizie per il ruolo della finanza sostenibile non finiscono qui, secondo BNEF. Alcune operazioni, come spesso successo in passato, infatti, sarebbero più “greenwashing” che iniziative con il grado di ambizione richiesta dai “transition bond“.

Alcuni osservatori del mercato obbligazionario hanno criticato duramente queste operazioni e i loro promotori, accusandoli di non essere coerenti con gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul taglio delle emissioni, ha detto Lori Shapiro, analista del credito di S&P, a BNEF.

Tanto che, secondo l’analista, l’assenza di standard chiari per la sostenibilità dei progetti finanziati da questi prestiti ha dato vita ad un nuovo termine: il “transition-washing“, un gioco di parole, appunto, sul più noto “greenwashing”, con cui gli emittenti di obbligazioni verdi sovrastimano i propri impegni legati al contrasto del cambiamento climatico.

L’International Capital Market Association (ICMA), un’associazione  di settore, ha intanto pubblicato a dicembre il Climate Transition Finance Handbook, cioè delle linee guida sull’informativa finanziaria riguardante le obbligazioni legate alla transizione (link in fiondo).

La guida mira a identificare i tratti salienti, da una parte, delle obbligazioni verdi più specificatamente concentrate sul tema della transizione dalle fossili alle rinnovabili, dall’altra, delle obbligazioni legate alla sostenibilità in generale.

Un’etichetta di “transizione” dovrebbe essere chiara sugli obiettivi di un emittente e sul suo allineamento con gli obiettivi dell’accordo di Parigi, secondo la guida.

Tenendo conto di questa distinzione, se c’è un bicchiere mezzo pieno cui guardare, questo potrebbe essere rappresentato dal fatto che mentre le vendite di obbligazioni di transizione sono andate molto a rilento quest’anno, l’emissione di obbligazioni legate alla sostenibilità con obiettivi di transizione climatica è aumentata.

Più del 70% dei 15 miliardi di dollari di obbligazioni legate alla sostenibilità collocate quest’anno includono obiettivi climatici, secondo l’ICMA.

E fatto salvo lo scetticismo sulle poche obbligazioni di transizione collocate fin qui, la domanda per il transition bond della Bank of China, per esempio, è stata 4 volte superiore all’offerta, il che, secondo Lori Shapiro, dimostra che “l’appetito degli investitori per tali strumenti è forte”.

S&P Global stima che la finanza di transizione rappresenterà fino a un trilione di dollari dei circa tre trilioni di dollari di investimenti annuali necessari per limitare il riscaldamento globale.

La speranza è che la finanza di transizione permetta ai settori che emettono più CO2, tra cui petrolio e gas, ferro e acciaio, prodotti chimici, aviazione e logistica, di raccogliere capitali e utilizzare i fondi per ridurre la loro impronta di carbonio, ha detto Shapiro.

In uno dei casi più promettenti, Cadent Gas, il più grande distributore di gas del Regno Unito, ha collocato un bond di transizione da 500 milioni di euro nel marzo 2020 per aiutare a ridurre le perdite di metano dai suoi gasdotti, secondo BNEF.

Ciò nonostante, il mercato complessivo rimane relativamente addormentato, con le aziende che hanno emesso solo 5,7 miliardi di dollari di obbligazioni di transizione in totale dalla metà del 2017, secondo S&P Global.

Tanto per mettere questa cifra in prospettiva, Amazon.com Inc. – da sola – ha raccolto 18,5 miliardi di dollari in un solo giorno, il 10 maggio, collocando corporate bond comprendenti anche un miliardo di dollari per progetti verdi o a sfondo sociale.

Si può e si deve fare di più, insomma. Molto di più per allineare la finanza verde alle urgenze della transizione energetica.

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