Emissioni zero, una sfida inconciliabile con il mito della crescita

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Questo uno dei messaggi fondamentali di “Sole Vento Acqua”, il nuovo libro in cui il professor Federico Butera suggerisce un percorso per arrivare a un'Italia a emissioni zero entro metà secolo.

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Sole Vento Acqua è il titolo del primo libro, appena pubblicato, della collana “Attenti ai dinosauri” del Manifesto. L’autore è Federico Butera e il sottotitolo, “Italia a emissioni zero nel 2050”, evidenzia con chiarezza lo scopo di questo volume.

Si tratta di una suggestione e non di un’analisi articolata nel dettaglio come ricorda l’autore, che ha l’ambizione di suggerire un percorso che potrebbe portare il nostro paese a raggiungere il traguardo che si è dato insieme a decine di altre nazioni.

La prima cosa da evidenziare è che in questo caso non si parla del solo settore elettrico, ma vengono analizzati tutti i comparti. Anzi, si sottolinea la necessità di considerare anche il valore netto delle emissioni legate alle merci importate meno quelle esportate. Nel 2019 si ricorda come, a fronte di 340 milioni di tonnellate di CO 2 eq prodotte, siano state consumate ben 450 milioni di tonnellate, cioè il 32% in più.

Un aspetto che spesso non si considera. Il nucleare, come il sequestro dell’anidride carbonica, sono invece opzioni non considerate dallo studio, scelta che viene approfondita con chiarezza.

Alcune delle proposte presentate hanno bisogno di un accordo almeno al livello europeo. Parliamo ad esempio del passaggio dall’impiego di corrente alternata alla corrente continua, una soluzione interessante in presenza di una larga diffusione del fotovoltaico. Eliminando gli alimentatori nelle varie applicazioni si potrebbero ridurre dal 14% al 25% i consumi elettrici degli edifici.

Altre soluzioni presentano delle criticità, come la proposta di utilizzare micro-cogeneratori a biomassa per riscaldare gli edifici e per generare elettricità in particolare nei mesi invernali quando il contributo del fotovoltaico è minore. È vero che, come suggerisce anche l’autore, potrebbero realizzarsi centrali di mini-cogenerazione a servizio di quartieri e che esistono diverse esperienze in Italia e soprattutto all’estero, ma pare problematico un utilizzo di questo approccio su larga scala.

Un’attenzione particolare viene dedicata alle ricadute che uno sviluppo adeguato dell’economia circolare possono derivare in termine di riduzione dei consumi e quindi delle emissioni: “occorrono leggi e norme che impongano la durabilità, la riparabilità, e la riciclabilità dei prodotti e un’etichetta del grado di sostenibilità”, si spiega.

Ma un aspetto significativo della riflessione riguarda il capitolo “Gli aspetti non tecnici della transizione energetica” che occupa un terzo delle pagine del libro. Ormai molti studi considerano anche questa opzione, come nel caso della Net zero strategy della Iea, ma in questo caso vi si dedica una particolare attenzione sviluppando i vari livelli di intervento.

Non si tratta solo infatti di cambiare gli stili di vita, ma occorre anche rivedere il modello economico. “Per realizzare la transizione ecologica bisogna rassegnarsi ad abbandonare il mito della crescita senza limiti della produzione, e quindi dell’accumulo senza limiti della ricchezza, perché la produzione di beni e servizi ha come materia prima l’ambiente che è una risorsa finita”, sottolinea Butera.

Ricordiamo che i combustibili fossili coprono ancora quattro quinti dei consumi energetici globali. L’obiettivo della completa decarbonizzazione è dunque estremamente ambizioso. Certamente l’evoluzione delle tecnologie green nell’ultimo decennio ci aiuterà molto, ma senza una rivisitazione del modello economico non riusciremo a vincere la sfida climatica.

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