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Edilizia efficiente, il Superbonus 110% italiano vs l’esempio britannico

L’esperienza normativa di Inghilterra e Galles dimostra che ci sono politiche più efficaci per portare il patrimonio edilizio almeno alla classe energetica “E”, con minori costi e risultati migliori e certificati. Un'analisi di Zanchini e Nanni di Legambiente.

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Si fa un gran parlare di salti di classe energetica in questi giorni, dopo la presentazione del nuovo Ecobonus con incentivo al 110% nel cosiddetto “Decreto bilancio”.

Per ottenerlo, specifica il testo, occorre realizzare almeno un salto di due classi e a quel punto si può beneficiare di un incentivo che copre anche tutte le spese, con intervento delle banche ad anticipare e permettere alle famiglie di beneficiare di lavori gratis.

Poiché larga parte del patrimonio edilizio italiano è in Classe G, l’obiettivo minimo è di arrivare in classe E, con la spesa massima ad alloggio di 90mila euro (60mila per isolamento delle pareti e 30mila per la sostituzione degli impianti).

Mai il nostro Paese aveva messo in campo un incentivo di questa portata con obiettivi energetici precisi, per cui vale la pena chiedersi: come stanno facendo negli altri Paesi europei?

Ad esempio, in Inghilterra e Galles dal 1° aprile 2018 non si possono stipulare nuovi contratti di affitto per alloggi o negozi che non siano almeno in Classe E. Da aprile 2020 questo obbligo vale anche per i contratti in essere, che quindi devono prevedere interventi di efficienza energetica pena sanzioni economiche.

Non esistono incentivi statali a fondo perduto, ma obblighi e prestiti a tassi agevolati per realizzare gli interventi.

La normativa introdotta nel 2018 (Minimum Energy Efficiency Standard – MEES) prevede l’obbligo di realizzare interventi per portare l’alloggio almeno in classe E, con un tetto massimo di spesa di 3.500 sterline (3.900 € circa), attraverso lavori di efficientamento come la coibentazione delle pareti o l’installazione di tecnologie efficienti.

In ogni caso, anche se non si dovesse riuscire a raggiungere la classe E, i proprietari sono obbligati ad investire fino a 3.500 sterline per ottenere il miglior risultato possibile in termini di risparmio energetico. La ragione sta nel fatto che se la casa è molto degradata o difficile da riqualificare, esiste un obbligo di realizzare almeno il miglior intervento possibile.

Come si promuovono gli interventi?

Se con investimenti fino a 3.500 sterline non si riesce a raggiungere la classe E, si può richiedere l’intervento di una ESCo (energy service company), ossia di un’impresa che fornisce tutti i servizi tecnici e finanziari necessari per realizzare un intervento di efficienza energetica, che può aiutare a realizzare i migliori interventi possibili – anche con salto di più classi – e accedere a prestiti statali, del Green Deal Finance Plan o del Comune/Contea.

Le autorità locali, Comuni e Contee, possono agevolare prestiti e garanzie a condizione che il prestito venga ripagato entro 5 anni e che si provveda a rimborsare il saldo dovuto sul prestito se si vende la proprietà. Vi sono opportunità per i locatari di interagire con gli inquilini per stipulare contratti di locazione “green” in cui la gestione ambientale e i costi della proprietà, come i miglioramenti dell’efficienza energetica e le bollette, sono condivisi a vantaggio di entrambe le parti.

Il Green deal finance plan mette a disposizione finanziamenti a tasso agevolato, ma in più suggerisce azioni con costi e risparmi annuali possibili quali: isolamento del tetto, isolamento esterno e/o interno delle pareti, isolamento dei pavimenti, isolamento del boiler per l’acqua calda, verifica e contenimento dei riscontri d’aria, lampade a basso consumo, sistemi di riscaldamento ad accumulo ad alta ritenzione di calore e cilindro a doppia immersione, pannelli solari termici, sostituzione di infissi a doppio vetro, pannelli fotovoltaici con 2,5 kWp.

Chi controlla e quali sono le sanzioni?

Comuni e Contee sono l’autorità di controllo di riferimento. Gli ispettori incaricati possono verificare gli attestati online, perchè pubblicati e liberamente accessibili a tutti, e successivamente implementare la verifica con ispezioni sul luogo. La multa per l’affitto di proprietà in violazione del Regolamento MEES variano tra 2.000 e 5.000 sterline (2.230-5.580 €) e la pubblicazione sul registro nazionale degli immobili di un avviso nel quale si specificano le azioni richieste per porre rimedio alla violazione e il periodo all’interno del quale deve essere fatto.

Nel caso il proprietario abbia registrato informazioni false o fuorvianti sul registro nazionale degli immobili (ad esempio nel caso venga richiesta l’esenzione dallo schema fornendo documentazione falsa) l’autorità locale può imporre ulteriori sanzioni.

Centrale è la trasparenza delle informazioni

Per ogni abitazione esiste un certificato con tutte le informazioni che si scarica da un sito internet e che deve essere consegnato all’affittuario.

Basta inserire il codice postale e il riferimento al complesso residenziale o zona urbana, e trovi l’elenco delle proprietà e dei certificati per gli alloggi in affitto. I certificati sono molto semplici e intuitivi (soprattutto rispetto a quelli italiani) con indicazioni di quanto puoi migliorare le prestazioni sia energetiche che di consumi idrici, con dettagli di ogni singolo aspetto (illuminazione, riscaldamento, impianti, ecc.).

In Gran Bretagna è stata definita una chiara traiettoria di miglioramento dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio, con una tempistica che permette ai proprietari degli immobili di prepararsi per tempo.

Tra due anni sarà obbligatoria per tutte le locazioni come minimo la classe D con l’obiettivo di arrivare alla classe C entro il 2030. Per tutti gli altri immobili l’obiettivo è di arrivare ad un patrimonio edilizio almeno in classe C entro il 2035.

I costi per portare le abitazioni in classe E?

Le analisi ufficiali pubblicate sugli interventi realizzati nel Regno Unito hanno evidenziato come il costo medio per migliorare la prestazione energetica e portarla dalle classi G o F alla E è di 1.200 sterline complessivamente (circa 1.340 €).

Non sono previste risorse pubbliche a fondo perduto perché è stata fatta un’analisi dei costi medi necessari agli investimenti. Poiché è basso, si è valutato che un proprietario che affitta un immobile è in grado di realizzare gli interventi; inoltre va considerata anche la riduzione della spesa energetica a beneficio dell’inquilino.

Sono invece previsti fondi per prestiti a tassi vantaggiosi in modo da incentivare interventi di efficienza che si possono ripagare proprio con la riduzione dei consumi energetici.

Le differenze tra il modello italiano e quello inglese?

Innanzitutto, Inghilterra e Galles (ma anche Scozia, dove è stata rinviata la scadenza da aprile ad ottobre causa Covid-19) hanno una strategia per migliorare le prestazioni energetiche del patrimonio edilizio, a differenza dell’Italia che non ha fissato obiettivi e scadenze.

Inoltre, hanno realizzato un’analisi dei costi necessari al miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni, perché l’obiettivo è di ridurre i consumi con la minore spesa possibile.

In Italia invece vengono incentivati interventi e tecnologie a prescindere da un’analisi del rapporto costi benefici, e tutti quelli che rientrano in determinate categorie vi beneficiano (ad esempio, se realizzi il cappotto su una sola parete dell’edificio ottieni che lo Stato ti paga il 110% della spesa per tutti gli altri interventi che fai).

La differenza più evidente è però nell’ammontare delle risorse pubbliche investite per muovere la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio.

In Inghilterra e Galles, come detto, neanche una sterlina di risorse pubbliche viene data a fondo perduto, ma si lavora su obblighi a costi accessibili, meccanismi di mercato e prestiti (da restituire).

In Italia sono solo risorse pubbliche a muovere gli investimenti, con il nuovo Ecobonus che copre tutte le spese (e anche un 10% per la cessione del credito alle banche) fino a 90mila euro ad alloggio.

Infine, da noi non sono previsti meccanismi di accesso al credito a tassi vantaggiosi per realizzare gli investimenti e neanche un ruolo delle ESCo. Perché lo Stato paga tutto l’intervento e, incredibilmente, non considera nel conto neanche la riduzione dei consumi energetici prodotta dall’intervento.

L’approccio non potrebbe essere più differente e purtroppo i risultati per ora dicono che gli investimenti nel Regno Unito stanno procedendo più velocemente, il mercato si sta muovendo in questa direzione e con risultati migliori in termini di efficienza energetica a vantaggio delle famiglie.

È evidente che in una fase così difficile per l’economia gli investimenti in edilizia sono strategici per l’economia e la creazione di lavoro.

Il primo problema è che questi investimenti dovrebbero puntare a ridurre i consumi energetici delle famiglie, come purtroppo con il meccanismo italiano non avviene. Per chiarezza, è giusto prevedere risorse pubbliche per accelerare interventi di efficienza energetica, ma il principio dovrebbe essere quello fissato dalle Direttive europee, e quindi di legare gli incentivi alle prestazioni raggiunte. In modo da portare il patrimonio edilizio verso la classe più alta possibile e di aiutare di più chi vive in condizioni di povertà energetica.

Il secondo problema è che le risorse pubbliche sono limitate, in particolare in un Paese che nel 2020 supererà il 155% di debito pubblico rispetto al PIL.

Se il nostro Paese deciderà di investire 90mila euro ad alloggio (magari di una persona benestante che ha riqualificato il suo appartamento pochi anni fa e ora può rifarlo gratis) dovrà rinunciare ad altri interventi perché arrivati a queste cifre (senza paragoni al mondo) neanche l’emersione del nero riesce a recuperare risorse per le casse pubbliche.

Ad esempio, dovrà rinunciare, probabilmente, a quelli su scuole e ospedali dove, altro paradosso, neanche lì riusciamo a prendere spunto dal modello inglese che coinvolge operatori privati in meccanismi virtuosi di risparmio energetico che ripagano gli investimenti.

Speriamo che con Brexit la distanza dall’Inghilterra non diventi ancora più grande.

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