Adeguare il parco immobiliare italiano alla direttiva “case green” comporterà un esborso totale di circa 180 miliardi di euro, comparabile con quanto è stato speso nell’ultimo triennio tra Superbonus, Ecobonus e Bonus casa.
La fetta maggiore, un centinaio di miliardi, servirà per riqualificare quasi metà degli edifici nelle condizioni peggiori dal punto di vista energetico, quelli appartenenti alla classe G, che nel complesso sono circa 5 milioni nel nostro Paese (40% dello stock immobiliare).
La stima arriva dall’Energy Efficiency Report 2024 presentato oggi al Politecnico di Milano ed elaborato dall’Energy&Strategy della School of Management.
Secondo la direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue dell’8 maggio), dovremmo ridurre il consumo di energia primaria per gli edifici a uso abitativo del 16% rispetto al 2020, quindi di 6,32 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), passando da 39,49 Mtep a 33,17. Ben il 55% di questo risparmio (3,46 Mtep), affermano gli autori del rapporto, dovrebbe riguardare gli immobili di classe G, che sarebbero da efficientare almeno per il 43%, in metratura o in numero di immobili.
Un intervento che costerebbe tra i 93 e i 103 miliardi di euro, cui ne andrebbero aggiunti circa altri 80 per coprire il restante 45% dell’obiettivo, intervenendo sugli stabili delle altre classi energetiche. Il conto complessivo si attesterebbe così attorno ai 180 miliardi di euro.
“A differenza di quanto fatto nel recente passato, bisognerà intervenire in maniera molto più estensiva sul territorio in termini di numero di edifici”, commenta Vittorio Chiesa, direttore di E&S.
Sempre che il comparto dell’edilizia, precisa Chiesa, “possa gestire un numero enorme di cantieri in così pochi anni e che i prodotti e i materiali siano disponibili e a un prezzo in linea con quanto previsto dalle stime. Parte di queste risorse potrebbe (o dovrebbe) arrivare da un nuovo grande piano di finanziamenti europei, ma non basta, occorre una pianificazione attenta e la messa a punto di strumenti di supporto alla riqualificazione energetica degli edifici che oggi non è parte della nostra agenda politica”.
Nel 2023, intanto, gli investimenti in efficienza energetica in Italia sono stati pari a circa 85-95 miliardi di euro, trainati dal settore residenziale, che con l’effetto del Superbonus ha fatto la parte del leone (55-59 miliardi di euro, il triplo dei 20 miliardi scarsi spesi nel 2022), mentre il terziario ha contribuito con 25-29 miliardi.
Decisamente poco rilevanti, invece, la Pubblica Amministrazione e il comparto industriale, che ha tuttavia registrato un aumento del 20% rispetto al 2022.
Il boom degli investimenti nel settore residenziale, si osserva, ha rappresentato un’indubbia opportunità per il comparto dell’efficienza energetica, spingendo in particolare quegli interventi che prima del Superbonus erano invece relegati a un ruolo più marginale, come il cappotto termico e i serramenti, oggi quasi il 50% del totale.
Ma cosa succederà ora che tutte le forme di “bonus” sono uscite di scena o sono state drasticamente ridimensionate?
Come spiega Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile del Report, “il quadro è piuttosto complesso e incerto: da un lato, nonostante le recenti elezioni possano eventualmente cambiare le carte in tavola, l’Europa ha alzato l’asticella degli obiettivi, con l’Energy Efficiency Directive (EED) e soprattutto con la EPBD; dall’altro, l’indice di propensione agli investimenti in efficienza energetica misurato dalla nostra survey è decisamente in calo e sono molte le preoccupazioni degli operatori riguardo al futuro del mercato”.
E&S ha condotto un sondaggio sullo stato dell’efficienza energetica nelle imprese italiane, raccogliendo tra aprile e maggio 2024 le risposte di 454 aziende di differenti settori industriali: circa il 45% degli interpellati non ha effettuato per nulla investimenti nel corso del 2023, mentre il 55% che lo ha fatto ha acquistato soprattutto tecnologie hardware (43%), con un esiguo 9% che ha investito anche in software.
La principale barriera all’adozione delle tecnologie è il tempo di ritorno dell’investimento, considerato troppo lungo dalle aziende: questo, insieme all’incertezza normativa, conferma la necessità di incentivi stabili.
Ma il vero campanello d’allarme riguarda le volontà di investimento per i prossimi 5 anni, da cui emerge chiaramente un rallentamento, addirittura un dimezzamento o più, negli investimenti complessivi in efficienza energetica: un’analisi comparata tra i risultati della survey e i dati contenuti nel precedente Energy Efficiency Report 2023 evidenzia un significativo calo d’interesse nel puntare su tecnologie come il fotovoltaico e i sistemi di aria compressa o di intervenire sui processi produttivi.