Deposito unico scorie nucleari, le Regioni bocciano il piano governativo

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Nella Conferenza Unificata del 1 agosto le Regioni hanno riassunto i motivi della loro contrarietà in un documento. Le Regioni ritengono incoerente e vago il piano. Lontana ancora la scelta del sito definitivo?

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Le Regioni hanno bocciato il piano del Governo sul deposito unico per le scorie nucleari.

Nella Conferenza Unificata che si è svolta il 1 agosto le Regioni hanno riassunto i motivi della loro contrarietà in un documento (allegato in basso) che è stato consegnato al Governo. Anci e Upi hanno invece espresso un parere favorevole, condizionandolo però ad alcune proposte emendative.

La maggior parte delle osservazioni formulate durante la fase di consultazione pubblica condotta nell’ambito della procedura di VAS, non risultano accolte nella proposta definitiva di Programma visto che, secondo le Regioni, questo nel suo complesso presenta forti elementi di incoerenza, sebbene, va detto, allo stato attuale le regioni non hanno dato ancora indicazioni sulle possibili soluzioni al problema scorie nazionali.

La Basilicata che ancora una volta, dopo il 2003, è tra le regioni maggiormente indiziate ad ospitare il deposito si dice, tramite il suo assessore all’ambiente Gianni Rosa, assolutamente contraria a tale soluzione.

In merito al piano governativo l’assessore ha spiegato alla stampa: “quello che ci preoccupa è che non viene individuato, ancora una volta, il sito del deposito nazionale né nel testo sono contenuti i criteri per individuarlo. In pratica, si tratta di una valutazione strategica generica che non permette di fare osservazioni nel merito”.

All’assessore ha replicato il senatore lucano Arnaldo Lomuti (M5S) che ricorda come nella conferenza delle Regioni si discuteva del Programma Nazionale sui rifiuti nucleari, sul quale le Regioni hanno presentato i loro emendamenti. “Successivamente il programma andrà Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva. Questi passaggi sono disciplinati dalle norme nazionali che recepiscono le direttive europee di competenza”.

Lomuti ha detto inoltre che la gestione del problema scorie ha accumulato un forte ritardo visto che “i Governi precedenti hanno mostrato poca attenzione a tali argomenti, tanto che negli anni questi ritardi hanno portato all’apertura di un’infrazione europea che questo governo sta cercando di chiudere al più presto con l’approvazione del Programma, proprio per evitare tali costi”.

“Rosa – continua il senatore – si preoccupa che nel Programma non viene individuato il sito e i criteri. Lo voglio tranquillizzare. Questi aspetti sono solo indicati nel Programma perché è il d.lgs 31/2010 che li disciplina; la norma, abrogata in parte dal referendum contro il piano di riapertura delle centrali nucleari del governo Berlusconi, suo vecchio alleato”.

È chiaro che tra le ragioni che hanno bloccato il programma c’è il ritardo nella pubblicazione della Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Un documento ancora segreto, che servirà per confrontarsi con le comunità locali sulla scelta del sito più idoneo in un iter che sarà molto complesso. Sul ritardo del Cnapi l’11 luglio scorso la Corte di giustizia europea ha accolto il ricorso della Commissione europea contro l’Italia p(una procedura di infrazione era stata aperta nell’aprile del 2016).

Sulla messa in sicurezza delle scorie nucleari italiane si continua intanto a lavorare in Commissione Industria al Senato per trovare una soluzione che impegni il governo. Il presidente della Commissione, Gianni Girotto, ha dichiarato alcuni mesi fa che vanno chiariti prima bene tutti gli aspetti essenziali riguardanti il sito, la sua tipologia e l’individuazione delle possibili aree, “prima che un eventuale passo falso faccia saltare tutto e ritornare indietro”.

Il futuro deposito nazionale delle scorie nucleari dovrebbe iniziare a funzionare dal 2025, con un avvio dei lavori previsto per il 2021. Ma tutto ciò è solo sulla carta.

Tra le ipotesi alternative che alcuni ritengono oggi più fattibili rispetto ad un deposito unico e definitivo c’è quello della messa in sicurezza dei depositi esistenti nelle aree destinate nel passato alle attività nucleari. Alcuni anni fa venne proposto anche da Carlo Rubbia un piano di ricerca per consentire il massimo abbattimento della radioattività e ridurre i lunghissimi tempi di esaurimento radioattivo delle scorie.

Intanto Sogin, che ha il compito di localizzare, di concerto con i ministeri interessati, l’area in cui far sorgere il deposito, di realizzarlo e gestire il progetto, non ha ancora il nuovo vertice, scaduto nel 2018.

La nomina spetta al Mef, socio unico della società, su proposta del ministero dello Sviluppo economico. Ma la proposta del MiSe non è stata accolta dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che avrebbe avuto perplessità sul candidato neo presidente Giuseppe Nucci (Emanuele Fontani è stato proposto come amministratore delegato). Tutto è rinviato a settembre.

  • Il parere espresso dalle Regioni in sede di Conferenza Unificata (1 agosto 2019) (PDF)
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