Nella realizzazione di nuovi impianti rinnovabili le difficoltà legate al dissenso delle comunità, espresso spesso attraverso attività di opposizione locale oppure veri e propri ricorsi legali, non sono secondarie rispetto a questioni di natura ingegneristica o economica, così come alle complessità delle procedure autorizzative.
Sebbene il consenso generale verso le rinnovabili rimanga alto, l’installazione di impianti a livello locale continua a generare conflitti legati alla percezione di essere scelte “imposte dall’alto” e alla scarsa redistribuzione dei benefici. Talvolta alimentati anche da fake news che hanno come obiettivo di ritardare la transizione energetica.
Per questo motivo il think tank Ref Ricerche ha pubblicato il 13 maggio un position paper con alcuni consigli per la buona riuscita di un progetto di impianto Fer dal punto di vista dell’accettabilità sociale.
Il raggiungimento di un livello di consenso adeguato richiede “un lavoro continuo di ascolto, co-progettazione e redistribuzione equa dei benefici”, spiegano gli analisti. In molti casi non basta “informare” i cittadini, ma è necessario coinvolgerli attivamente con strumenti trasparenti e accessibili.
La strada della compensazione ambientale
Una prima modalità di coinvolgimento potrebbe consistere nel riconoscimento alla cittadinanza di una compensazione ambientale di tipo prettamente monetario.
Il paper cita l’esempio virtuoso di un impianto di essiccamento fanghi a Parona (PV), gestito da A2A Ambiente, per il quale è stato attivato un meccanismo di compensazione ambientale diretta: ogni famiglia del Comune ha avuto diritto a uno sconto in bolletta fino a 250 € all’anno, anche con fornitori terzi.
“In taluni casi – si legge nell’analisi – la ricerca di un accordo di compensazione può essere sufficiente o, addirittura, più adatto rispetto ad altre modalità, a seconda dalla tipologia di progetto e, ancora più importante, della natura del territorio considerato”.
In Italia i criteri per le compensazioni ambientali per i nuovi impianti da fonte rinnovabile sono regolati dal Decreto ministeriale del 10 settembre 2010. Questo fissa come limite massimo da destinare alle compensazioni il 3% dei proventi derivanti dalla valorizzazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dall’impianto.
“Spesso – denuncia Ref Ricerche – questo limite è stato interpretato come massima somma monetaria da versare al Comune, quando, in realtà, tale tetto dovrebbe identificare il valore massimo di una serie di misure di compensazione da concordare con l’amministrazione e che vadano a concretizzarsi in interventi sul territorio”.
Il crowfunding per una maggiore partecipazione
Anche la partecipazione finanziaria delle comunità attraverso crowdfunding viene generalmente associata a una migliore tollerabilità degli impianti, poiché i cittadini hanno maggiormente la percezione di beneficiare di parte dei proventi.
Nuovamente viene citato un esempio virtuoso, nello specifico il progetto idroelettrico di Quassolo (Torino), promosso da Edison, che ha coinvolto i cittadini attraverso un lending crowdfunding (raccolta fondi la cui ricompensa è monetaria, ndr) in due fasi: la prima riservata ai residenti locali con un tasso del 6% annuo, la seconda aperta ai clienti Edison a livello nazionale con tasso al 5%.
Il modello ha avuto successo, riducendo l’opposizione e aumentando la legittimità dell’iniziativa. Questo caso ha evidenziato alcuni criteri per la buona riuscita di campagne di questo genere:
- la platea dei possibili investitori deve essere scelta sulla base della residenza e solo successivamente conviene pensare a un ampliamento;
- l’investimento/finanziamento deve essere minimo, anche simbolico, e va data la possibilità di differenziare il ritorno atteso;
- si può, in seconda battuta, pensare di fornire anche riconoscimenti accessori alla compensazione economica.
Condividere il progetto con il territorio
Condividere il più possibile le fasi di progettazione è un’altra pratica associata a una maggiore accettabilità. Il progetto eolico di ènostra a Gubbio è un esempio virtuoso di impianto costruito tenendo in considerazione le necessità del territorio.
Particolarmente apprezzato è stato in quel caso il tentativo di coniugare taglia degli impianti e morfologia del territorio, analizzando i luoghi in cui gli impianti potessero passare maggiormente inosservati.
A fare la differenza è inoltre stato il presidio del territorio attraverso persone “con un nome e un volto”, percepite quindi come più “vicine”, alle quali i cittadini avrebbero potuto rivolgersi per qualsiasi dubbio o chiarimento.
Questo approccio ha stimolato un forte senso di appartenenza, migliorato la comunicazione e ridotto drasticamente le opposizioni locali.
Spesso la distanza, anche geografica, delle aziende realizzatrici degli impianti può essere associata a una percezione di distacco e di sfiducia. Invece un progetto realizzato da un’azienda percepita come vicina, ad esempio una società municipalizzata di proprietà di un ente locale non distante, ha una maggiore probabilità di essere accettato.
Aree idonee e zone di accelerazione
Una prova evidente del difficile rapporto tra la popolazione e gli impianti Fer arriva sicuramente dal contesto politico-normativo che si è sviluppato attorno all’individuazione delle “aree idonee” da parte delle Regioni.
L’attuazione, complice anche un iter legislativo e legale contorto, procede a rilento ed è risultata problematica in diversi casi. Si pensi ad esempio a quello della Sardegna (si veda il nostro approfondimento La guerra dell’Unione Sarda contro le rinnovabili e per il metano).
Dopo la moratoria del 2024, la Regione ha approvato una legge che limita fortemente le aree in cui è possibile installare gli impianti, provocando un conflitto con lo Stato centrale.
Inoltre, sarà importante vedere come verranno gestite le “zone di accelerazione” introdotte con il nuovo Testo Unico Rinnovabili. Si tratta, ricordiamo, di aree in cui le procedure autorizzative sono semplificate. Il rischio sollevato da Ref Ricerche è che queste zone vengano definite solo su base tecnica, senza considerare il “valore relazionale, culturale e simbolico” del territorio.
Dal punto di vista dell’accettazione delle comunità, la debolezza fondamentale di questo framework normativo è legata all’interpretazione del territorio come uno spazio caratterizzato esclusivamente da attributi oggettivi di natura tecnica.
Questa interpretazione, ammoniscono gli analisti, “trascura completamente la rete di relazioni e identità storicamente stratificatesi presso le comunità locali e gli individui che le compongono e abitano il territorio”. Con il rischio che gli impianti rinnovabili, di cui c’è assoluto bisogno, continuino ad essere ingiustamente demonizzati.