Eolico offshore, ancora lamentele dal mondo della pesca

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Legacoop Agroalimentare ritiene che gli impianti possano interferire con le attività dei pescatori, sottraendo oltre 17mila km quadrati di superficie marittima utilizzabile. Di parere opposto Aero, che chiede anche di rivedere gli incentivi del Fer 2. Cgil a favore delle pale a Rimini.

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La prospettiva di realizzare numerosi impianti eolici offshore in Italia continua ad alimentare la sindrome Nimby (Not in my backyard, “non nel mio cortile”).

Ci si oppone alle fonti rinnovabili per i motivi più disparati, come avvenuto ad esempio a Rimini contro la proposta di un parco da 330 MW nel mare Adriatico, per non parlare di quanto sta accadendo in Sardegna.

Ora è nuovamente il turno di chi vuole tutelare gli interessi della pesca.

Un recente rapporto di Legacoop Agroalimentare, intitolato “Eolico offshore e interazioni con la pesca e la maricoltura” (pdf), ha rilanciato l’allarme secondo cui la presenza di pale eoliche in mare rischia di interferire con le attività dei pescatori. Considerazioni analoghe le aveva espresse alcuni mesi fa lo stesso ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida (si veda Dopo il fotovoltaico a terra, l’eolico offshore: un altro “no” di Lollobrigida).

Come vedremo, altre voci si sono schierate contro questo allarmismo, tra cui la Cgil di Rimini e Aero, l’associazione delle energie rinnovabili offshore.

Intanto il presidente di Aero, Fulvio Mamone Capria, nel commentare in una nota su LinkedIn la partenza delle aste del decreto Fer 2 – che ricordiamo incentiva le rinnovabili meno mature – ha affermato che l’associazione intende “dimostrare che la tariffa a base d’asta di 185 €/MWh senza alcun meccanismo di adeguamento all’inflazione in fase di esercizio, parrebbe sottostimata se confrontata con lo scenario internazionale”.

Il riferimento è appunto al decreto Fer 2, che punta a sostenere la realizzazione di 3,8 GW di eolico offshore nel 2024-2028, da assegnare tramite aste competitive; il primo bando sarà aperto il 16 dicembre e riservato a biogas e biomasse.

Le stime di Legacoop

Secondo Legacoop, nell’ultimo anno c’è stato un notevole incremento del numero di progetti eolici offshore presentati al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica: ora sono 84, di cui 23 in Sardegna e 22 in Sicilia, contro i 66 previsti nel 2023.

Tutti questi impianti, si denuncia, ridurrebbero di oltre 17.000 km quadrati l’attuale superficie marittima utilizzabile per la pesca a strascico (poco più di 100mila km quadrati totali), un calo quindi del 21,6% rispetto a oggi.

Dai dati analizzati, evidenzia il documento, “sono emerse localmente numerose criticità tra pesca professionale e le diverse progettualità di eolico offshore, sia riguardo alla pesca con attrezzi trainati, sia in relazione alla pesca con attrezzi fissi”.

Difatti, prosegue l’analisi di Legacoop, molti progetti “sono concentrati in spazi troppo ristretti perché non risultino di sostanziale impedimento allo svolgimento di tutte le altre attività economiche che avvengono in mare”.

Le criticità, secondo l’associazione, “possono essere risolte o minimizzate analizzando a fondo la situazione della pesca professionale nelle differenti localizzazioni, individuando con precisione le aree marine dove si incentra lo sforzo di pesca maggiore della flotta, sia quello tracciabile da satellite (dati A.I.S.) che quello conoscibile solo attraverso interazioni con le associazioni di categoria”.

“Lamentele infondate”

Di avviso opposto, come anticipato, l’associazione delle energie rinnovabili offshore. In una nota sottolinea che di questi 84 progetti citati nel rapporto, “solo una minima percentuale rappresenta l’obiettivo al 2030 e che anche gli scenari più ambiziosi difficilmente prevedono una potenza installata superiore ai 20 GW al 2040”.

In sostanza, “le lamentele, sul rischio che le marinerie che praticano la pesca a strascico subirebbero nel breve periodo una riduzione di oltre il 21% del loro prelievo, sono totalmente infondate”.

Al contrario, realizzare impianti eolici offshore consentirà “ad alcune aree di ripopolarsi di stock ittici oggi quasi o del tutto scomparsi”, apportando “un beneficio per i pescatori che potranno proseguire al di fuori di queste aree le loro attività di prelievo” (si veda anche Progettare l’eolico offshore rispettando natura e biodiversità).

Secondo Aero, occorre poi sviluppare nuove forme di partenariato sull’acquacoltura e la mitilicoltura e valorizzare la multifunzionalità del pescatore, soprattutto durante il fermo biologico, nelle attività di assistenza e monitoraggio degli impianti.

Cgil: contro l’eolico una battaglia “anacronistica”

A difesa dell’eolico in mare è da segnalare la recente presa di posizione della Cgil riminese (Rimini, come detto, è al centro di polemiche per la possibile localizzazione di impianti marini che danneggerebbero pesca e turismo).

La “battaglia” contro l’eolico offshore, rimarca una nota, “presentata come una difesa del paesaggio, appare anacronistica” mentre “il vero scempio non è la costruzione di impianti rinnovabili, ma la cementificazione che ha compromesso gran parte della costa riminese”.

Peraltro, continua la Cgil, “non esistono studi che dimostrino l’impatto negativo delle pale eoliche sul turismo. Esistono piuttosto casi e ricerche secondo le quali gli impianti eolici non allontanano i turisti”. Gli impianti, salvaguardando aree paesaggisticamente uniche come l’Alta Valmarecchia, “sono uno degli strumenti per una corretta gestione della crisi energetica e climatica”.

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