Se un osservatore poco attento dovesse maturare l’idea che le opposizioni locali agli impianti a fonti rinnovabili siano solo una questione limitata alla Sardegna sbaglierebbe di grosso.
La sindrome Nimby, “not in my back yard”, si fa sentire in tutta Italia ed è una questione che riguarda tutto il mix tecnologico: eolico onshore e offshore, fotovoltaico, agrivoltaico, accumuli, biogas, biometano, trattamento rifiuti e reti gas.
Tutto ciò avviene da nord a sud e riguarda anche il fenomeno “Nimto – Not in my term of office”, inteso come il comportamento di un amministratore locale che, durante il proprio mandato, non intende prendere una decisione impopolare rispetto a un tema che alimenta la formazione di comitati (leggi anche Perché in Veneto cresce l’opposizione all’agrivoltaico?).
Va certamente ricordato che ogni caso fa storia a sé, che le ragioni e le problematiche di un territorio possono essere anche molte diverse di quelle di un altro; generalizzare, a volte, può voler dire banalizzare.
Allo stesso tempo, però, è legittimo porre una riflessione critica su quanto sta accadendo visto che l’Italia ha estremamente bisogno di raggiungere gli obiettivi di transizione energetica e climatica; target che difficilmente si conciliano con un trend massiccio di opposizione agli impianti.
L’Amministrazione di Modena contro lo storage nel suo territorio
È di ieri la notizia che l’Amministrazione di Modena chiederà al Consiglio comunale di esprimere un parere “non favorevole” a due progetti di accumulo Bees “che occuperebbero oltre 30.000 metri quadrati di terreno con 160 container alti quattro metri”, come si legge in una nota del Comune.
La richiesta è stata fatta dall’assessore all’Urbanistica Carla Ferrari il 10 settembre, in vista di due sedute del Consiglio previste tra il 12 e il 16 settembre.
La Giunta modenese riporta come siano state presentate al Mase il 6 agosto due domande di autorizzazione da parte di Neptune, per un sito da 103,8 MW, e da Uranus, per 96,4 MW.
Il collegamento con la rete Terna, si legge nel comunicato, “avvererebbe con un complesso di cavidotti per i quali verrà richiesta servitù di passaggi, mentre per i due terreni sarebbe già in corso una compravendita. In base ai piani finanziari dei due impianti si può stimare un investimento complessivo di circa 100 milioni di euro”.
L’assessore Ferri condivide “l’importanza del raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica stabiliti dalla legislazione per un modello di sviluppo economico e sostenibile, temi che rientrano anche nelle strategie del Piano urbanistico generale, ma la localizzazione sul nostro territorio risulta di particolare complessità, a partire dall’estensione e dalla vicinanza a edifici residenziali esistenti e ad attività di notevole attrattività turistica”.
Per questo motivo si chiede una Conferenza dei Servizi in modalità sincrona: “Diciamo no a un’imposizione dall’alto, soprattutto se non si terrà conto dell’esigenze di mitigazione ambientale e delle necessarie compensazioni per i residenti e il territorio”. Le criticità avanzate sono “impatti acustici, rischio alluvioni e prevenzione incendi”.
Il “no” all’eolico in Calabria e Umbria
Avevamo parlato recentemente del “Parco Eolico Flottante Enotria” che prevede di realizzare 37 aerogeneratori da 555 MW complessivi nel Golfo di Squillace, a largo di Punta Stilo (Reggio Calabria).
Qui la tecnica di collegamento degli impianti alla rete Terna è quella a basso impatto ambientale “no dig” della trivellazione orizzontale controllata, per rendere compatibile con il contesto naturalistico la posa dei cavidotti.
Sul progetto complessivo si registrano da tempo alcune opposizioni locali, culminate ieri con la decisione di 21 sindaci di chiedere un confronto con il presidente regionale Occhiuto.
L’obiettivo primario per gli Amministratori è “scongiurare effetti irreversibili sul fronte della salvaguardia ambientale, della valorizzazione turistica e della tenuta economica-occupazionale delle comunità coinvolte” dall’iniziativa.
A seguito di una riunione tenuta il 4 settembre è emerso come tra i timori principali ci sia l’impatto visivo dell’opera e l’effetto sulla pesca nella zona (leggi anche L’eolico e la via svedese contro le opposizioni locali).
È al momento ancora più sul piano dei social network la protesta contro il progetto di un parco eolico da 60 MW con annesso sistema di storage da 15 MW nei Comuni di Foligno e Nocera Umbra (Perugia).
Per l’opera è stata presentata richiesta di Via, con le relative osservazioni che possono essere inoltrate entro il 9 ottobre.
Intanto sono nate opposizioni locali, come per il comitato “Un’altra idea per l’Appennino“. Anche in questo caso si lamenta un impatto paesaggistico eccessivo per un impianto eolico.
Peggiora la situazione in Sardegna
La lista delle opposizioni agli impianti rinnovabili è molto più ampia di quella che si può brevemente raccontare in un articolo, con episodi recenti che si riscontrano, ad esempio, in Maremma, provincia di Forlì-Cenesa, provincia di Asti e Frusinate, ma sicuramente la Sardegna è in questo momento il territorio che desta più preoccupazioni.
Alle tante manifestazioni locali contro “la speculazione energetica” che stanno accompagnando il cammino della Giunta Todde verso la definizione delle aree idonee e del piano energetico regionale, si aggiungono atti vandalici che fanno salire il livello di tensione nell’isola.
A fine agosto avevamo riportato del sabotaggio a una turbina eolica in provincia di Nuoro e ora c’è da segnalare anche di un gravissimo incendio che nella notte di lunedì 9 settembre è stato appiccato con taniche di benzina a 2.000 pannelli fotovoltaici che stavano per essere installati a Tuili, nel sud della Sardegna. L’impianto in questione fa capo alla multinazionale polacca Greenvolt Power.
Le fiamme sono divampate a fine agosto anche a Villacidro, in un cantiere dove è in costruzione un impianto eolico con turbine Vestas. Anche in questo caso l’incendio è di origine dolosa.