La guerra dell’Unione Sarda contro le rinnovabili e per il metano

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La testata più diffusa nell'isola da anni si è lanciata in una crociata contro parchi eolici, impianti fotovoltaici e Thyrrenian Link, mentre difende carbone e metano. Cerchiamo di capire perché.

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L’elettrodotto Thyrrenian Link che collegherà la Sardegna alla Sicilia è “un cappio” messo al collo dei sardi, “invasi” da impianti eolici e fotovoltaici costruiti da “speculatori stranieri” e che “cancellerebbero per sempre il passato”, “ruberebbero il presente” e “negherebbero il futuro” dell’Isola.

I virgolettati sono presi dall’Unione Sarda, il più diffuso quotidiano dell’isola, e sono solo un piccolo esempio del lessico usato nella veemente e massiccia campagna che la testata da alcuni anni sta conducendo contro le rinnovabili.

Gli attacchi sono quotidiani, ma, per avere un’idea, si vedano la chiamata alle armi dai toni quasi epici dell’editore Sergio Zuncheddu con l’articolo “La Casa della famiglia Sarda”, di marzo 2022, o l’editoriale del 16 giugno scorso “Cara Giorgia, (ri)dateci il futuro”, del direttore Emanuele Dessì, che contro pannelli e turbine eoliche richiama niente meno che “lo spirito di Pratobello”, cioè la rivolta popolare che nel giugno del 1969 vide insorgere, vittoriosamente, pastori e cittadini comuni sardi contro l’esproprio di terre per un poligono militare.

Gli articoli della testata, tra cui spiccano quelli del caporedattore con delega alle inchieste Mauro Pili, ex presidente della Regione ed ex parlamentare di centrodestra, hanno contribuito a creare il clima che ha portato alla controversa moratoria imposta dalla neo presidente regionale Alessandra Todde. Ma ora l’Unione, strizzando l’occhio ai comitati Nimby, sta attaccando Todde perché la moratoria sarebbe troppo timida.

Stesse posizioni e argomenti, ma con un impatto probabilmente ancora maggiore, si registrano negli altri due media dello stesso Gruppo editoriale Unione Sarda: il canale televisivo Videolina e la radio Radiolina.

Posizioni e interessi sospetti

Va detto che, parallelamente, l’Unione Sarda è contraria allo spegnimento delle centrali a carbone sarde previsto dal Pniec entro il 2026.

Senza carbone, “non esiste alcuna strategia concreta e definita per dare energia a un’Isola intera”, considerato l’opposizione “insperata” al “piano di occuparla e devastarla di pale eoliche e pannelli fotovoltaici”, scriveva ad esempio a marzo 2024 Pili, forse ignorando gli scenari Terna che prevedono entro il 2030 che sull’isola non si produca elettricità né da carbone né da gas, grazie alle nuove interconnessioni.

L’Unione difende invece a spada tratta la metanizzazione dell’isola. Tante parole sono state spese a favore della dorsale nord-sud con rigassificatore a Porto Torres, prevista nella bozza di Dpcm naufragata con il cambio di giunta regionale, e va detto che Franco Siddi, vicepresidente del cda della testata dal 2023, è noto come consulente e lobbista di Snam, anche se “questo non ha mai influenzato la linea del giornale, che ha la massima indipendenza”, afferma Siddi, sentito da QualEnergia.it.

Il giornale poi ancora si batte per il Galsi, il gasdotto che dovrebbe importare, via Sardegna, metano dall’Algeria all’Italia: progetto di cui lo stesso Pili da presidente di Regione, nel 2003, è stato promotore e che ora lo stesso, da caporedattore, continua a promuovere e a dare per fattibile, nonostante sia di fatto definitivamente archiviato.

Queste posizioni della testata hanno fatto sorgere in molti la domanda se la campagna sia mossa da interessi della proprietà a frenare le fonti rinnovabili e spingere per la metanizzazione: non abbiamo trovato elementi concreti per verificarlo, anche perché i progetti di metanizzazione al momento hanno una scarsa possibilità di concretizzarsi.

Altra illazione difficile da confermare è che la campagna sia influenzata da una rivalità dell’editore con un altro grande imprenditore sardo. Al di là dei sospetti, restano comunque le posizioni contestabili e inopportune.

In questo, i toni sopra le righe e il fatto che spesso l’editore intervenga in prima persona fanno pensare che, eventuali interessi a parte, le penne dell’Unione Sarda siano mosse da un genuino furore ideologico, che si nutre di un certo (non sempre del tutto ingiustificato) risentimento e timore che serpeggia tra i sardi verso tutto quello che viene “imposto” dal continente, in questo caso gli impianti a rinnovabili.

Peccato che, in modo contraddittorio, i metanodotti siano dipinti invece dall’Unione Sarda come una soluzione che permetterebbe all’isola di affrancarsi energeticamente.

Cemento sì, rinnovabili no

Desta perplessità poi l’approccio “ambientalista” dell’editore, il costruttore Sergio Zuncheddu, che è accorato difensore del paesaggio sardo se a minacciarlo sono pale eoliche e/o parchi FV, ma che ha riempito l’isola di centri commerciali e resort turistici, alcuni dei quali duramente contestati dagli ambientalisti.

Oltre a controllare, con il 50,6% delle quote, il Gruppo editoriale l’Unione Sarda e ad avere cariche al momento in altre 12 aziende, Zuncheddu, il cui nome figura anche in un elenco di iscritti alla massoneria circolato nel 2014, è titolare (con il 90,89%) di Immobiliareuropea, gigante da oltre 51 milioni di euro di valore, e proprietaria, tra le molte cose, del complesso di Santa Gilla, a Cagliari, dove oltre all’Unione Sarda hanno la sede alcuni uffici della Regione, come quelli dell’Assessorato del lavoro, che dunque paga l’affitto all’azienda di Zuncheddu.

Ma soprattutto, Immobiliareuropea ha costruito tantissimo sia in Sardegna che altrove. Come detto, nell’isola ha realizzato decine di progetti di centri commerciali e direzionali, residence, alberghi, un grande centro stampa e un polo agroalimentare.

In tutto questo non sono mancati i progetti accusati di scempio ambientale, come il residence Cala Giunco a Villasimius. Come racconta anche un recente articolo del giornalista sardo Mauro Lissia su Il Fatto Quotidiano, per quel progetto Zuncheddu citò in giudizio per danni il responsabile del gruppo ambientalista Grig, Stefano Deliperi, “reo” di aver denunciato la costruzione in area vincolata, ma il progetto fu bocciato dal Consiglio di Stato e fu il costruttore/editore a dover pagare i danni al Grig.

Rivalità tra immobiliaristi?

Tra le tesi che circolano nella regione, c’è anche quella che la campagna anti-rinnovabili dell’Unione Sarda nasca dalla rivalità tra Zuncheddu e un altro grande nome dell’imprenditoria sarda, Maurizio De Pascale, presidente della Confindustria sarda e della Camera di Commercio di Cagliari, azionista di minoranza del quotidiano sassarese La Nuova Sardegna, a sua volta immobiliarista, fornitore di servizi per Terna e per impianti Fer, ma anche per gasdotti, strade, depuratori e infrastrutture varie (tramite l’Impresa Pellegrini da lui fondata e ora diretta dal figlio).

Politicamente De Pascale è considerato vicino al Pd, e dunque alla giunta Todde, mentre Zuncheddu è legato al centrodestra, in particolare a Forza Italia.

Il nodo della competizione sarebbe l’aeroporto di Elmas e l’asse strategico tra Cagliari e lo stesso, lungo il quale De Pascale possiede aree su cui progetta di realizzare strutture concorrenti a quelle dell’editore dell’Unione Sarda.

In particolare, De Pascale vuole realizzare, ed ha già avuto le autorizzazioni per farlo, un grande centro commerciale collegato con l’aeroporto proprio accanto al centro commerciale e al polo direzionale citato sopra e realizzato da Immobiliareuropea.

La Camera di Commercio di Cagliari, di cui De Pascale è presidente, controlla la società di gestione dell’aeroporto di Elmas, la Sogaer spa. De Pascale è favorevole alla cessione della Sogaer spa e dell’aeroporto di Elmas a F2i, fondo privato partecipato dalla Cassa Depositi e Prestiti già proprietario degli altri due aeroporti sardi, Olbia e Alghero.

Se la rivalità si può vedere nel fatto che Zuncheddu ha schierato Unione Sarda, Videolina e Radiolina contro la cessione dell’aeroporto di Elmas a F2i, più difficile, a nostro avviso, è però vederla nella battaglia contro rinnovabili e Thyrrenian Link e pro metanizzazione.

A quanto ci risulta, infatti, le imprese di De Pascale non hanno grandissimi investimenti nelle energie pulite (tra i progetti che abbiamo censito ci sono due sottostazioni per Terna e le infrastrutture per un parco eolico in Basilicata), mentre sono attive nel settore gas, con l’Impresa Pellegrini che, ad esempio, elenca un lavoro da 24 milioni per la rete del metano a Sassari.

Metanizzazione, dorsale e Galsi

Come abbiamo detto, sulle pagine dell’Unione Sarda, la lotta contro le rinnovabili “selvagge” e il Thyrreenian Link, “guinzaglio” per la Sardegna, si accompagna a un forte sostegno ai progetti di metanizzazione, cosa che fa sospettare molti di interessi nascosti da questo lato.

Questi interessi, però, se ci sono, sono difficili da individuare, anche perché la metanizzazione dell’Isola, specie ora, è una prospettiva per nulla concreta.

Dopo la revisione del Dpcm predisposto dal governo Draghi (con Todde viceministra al Mise), che non prevedeva un’unica dorsale che attraversasse l’isola e che fu fermato dal Tar, a gennaio 2024, era circolata una bozza, predisposta dal Mase di Pichetto Fratin, che prevedeva un rigassificatore, a Porto Torres e una dorsale nord-sud.

Questo secondo Dpcm però si è infranto contro il cambio della giunta regionale e le ultime dichiarazioni della neo presidente Todde fanno capire che non si andrà avanti per questa strada. “Per il momento è tutto fermo e si aspettano le decisioni politiche”, ci dicono da Snam.

Certo nella metanizzazione ci sperano ancora in tanti in Sardegna, compresi alcuni sindacati e parte del mondo industriale.

L’Unione Sarda dà voce a queste componenti della società, ma a pesare potrebbe essere soprattutto la posizione del caporedattore Mauro Pili. Durante la sua presidenza della regione nel 1999 e dal 2001 al 2003, infatti, Pili ha puntato tantissimo su questa opzione, che ha difeso anche da deputato nazionale per tre legislature, dal 2006 al 2018, nelle file di Forza Italia prima e poi con Il Popolo della Libertà.

Il quotidiano sardo, ad esempio, continua a sostenere un progetto ormai morto come il Galsi, acronimo di Gasdotto Algeria Sardegna Italia, che è nato proprio per volontà della presidenza di Pili nel 2003, con la Regione che partecipa per mezzo della finanziaria regionale Sfirs, accanto a Sonatrach, Edison, Enel, Gruppo HeraEos Energia e Snam (aggiuntasi in una seconda fase).

Il Galsi avrebbe attraversato l’isola per 272 chilometri, da Porto Botte ad Olbia, con fasce di asservimento di 40 metri occupando circa 30 milioni di metri quadrati di territorio dell’isola. Insomma, alla faccia dell’impatto di turbine eoliche e pannelli.

Ma non si farà: la società è ancora in vita, per incassare il finanziamento comunitario (fissato inizialmente a 120 milioni di euro quando il progetto era incluso tra quelli Ue di interesse comune), ma il gasdotto resterà nei cassetti.

Il piano era infatti di opzionare l’acquisto di 8 miliardi di metri cubi l’anno di gas dai giacimenti di Hassi R Mel, in Algeria, ma i tempi sono cambiati e sia Eni che il governo non vogliono più saperne di contratti take or pay, cosa che è valsa al Cane a sei zampe attacchi dalle pagine dell’Unione Sarda.

Insomma, Pili e il suo editore sembrano battersi per fantasmi del passato, mentre lottano contro i mulini a vento (si scusi il gioco di parole  scontato).

Probabilmente non hanno nemmeno (più?) interessi reali da proteggere, ma a nostro avviso stanno andando contro quelli dell’isola che dicono di difendere, favorendo uno scontro che potrebbe impedire alla Sardegna di raggiungere il target assegnatole per il 2030, cioè di 6,2 GW di rinnovabili, per andare verso un futuro senza fonti fossili.

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