Con il suo ingresso nella logistica, Enel compatta le comunità locali contro le centrali a gas

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Mentre lancia un concorso per l’integrazione paesaggistica delle nuove centrali a gas, Enel annuncia il suo ingresso nel settore della logistica. Il caso della Spezia, con l’opposizione di sindaco, operatori, sindacati e ambientalisti.

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In vista del phase out italiano dal carbone entro il 2025, sono in corso gli iter autorizzativi per la riconversione a gas delle centrali a carbone Enel di Civitavecchia, Brindisi, La Spezia e Venezia (QualEnergia.it).

La conversione a gas delle 4 centrali – accolta favorevolmente in un primo tempo quale necessario sostegno alla transizione energetica e opportuna riduzione dell’impatto ambientale rispetto al carbone – oggi incontra la generale opposizione sia degli ambientalisti (QualEnergia.it) che delle amministrazioni locali.

Mentre tira dritto con le procedure autorizzative, Enel lancia quattro concorsi (I nuovi spazi per l’energia) con l’obiettivo, si legge, di “dar vita a poli energetici sempre più integrati con l’ambiente in cui sono inseriti, riducendo l’impatto paesaggistico attraverso un’idea nuova di centrale, proponendo anche spazi aperti alla fruizione da parte delle comunità locali e individuando un design centrato su principi di sostenibilità, circolarità e innovazione.”

Tuttavia, quasi in contemporanea al lancio del concorso, l’azienda costituisce Enel logistics, con cui ha l’ambizione di “realizzare una rete di depositi doganali nelle aree adiacenti alle centrali elettriche situate nelle vicinanze di luoghi strategici come porti, aeroporti e interporti, da destinare a deposito doganale per la logistica, la movimentazione e lo stoccaggio di merci.” (La Nazione, 9/7/2020).

Una mossa unilaterale, quella di Enel, che segna un cambio di passo rispetto al 2015 quando in vista della dismissione delle 23 centrali obsolete nel Manifesto Futur-e scriveva: “Con Futur-e stiamo costruendo una nuova strada per il rilancio del Paese insieme ad amministrazioni, imprese e popolazioni locali, siamo aperti al dialogo perché è un metodo essenziale per dare forma a un bene comune e condiviso”.

Al comune della Spezia non l’hanno presa bene

Il caso della città della Spezia è emblematico dell’innalzamento della tensione tra Enel e le comunità locali anche a causa di questo intervento a “gamba tesa” nelle politiche di sviluppo delle città e nei suoi interessi economici.

Va ricordato che i 72 ettari occupati della centrale Enel si trovano a ridosso dell’area portuale, all’uscita dell’autostrada, e comprendono una banchina attualmente utilizzata per il carico/scarico del carbone.

Per la sua posizione strategica quella occupata da Enel è un’area da sempre ambita dalla collettività, dal settore della nautica e dalle imprese portuali.

QualEnergia.it ha chiesto al sindaco della Spezia, Pierluigi Peracchini, qual è la posizione della città rispetto al progetto della nuova centrale a gas.

«Il Comune della Spezia ha espresso la sua netta contrarietà al progetto di riconversione al turbogas presentato da Enel in ogni sede competente. Abbiamo inviato al Ministero dell’Ambiente il parere tecnico per l’avvio alla procedura di VIA e sostenuto il nostro ‘no’ al progetto di riconversione con pareri tecnici».

«In particolare – continua il sindaco – la relazione del professor Cristaudo, ordinario di medicina del Lavoro presso l’Università di Pisa, ha chiaramente evidenziato quanto i livelli di condizioni ambientali proposti da Enel non siano né desiderabili né accettabili per la salute e il benessere della città della Spezia: bruciare 6 milioni cubi di gas al giorno, francamente, non lo trovo in linea con i principi della sostenibilità e circolarità ambientale che Enel tenta di far digerire ai miei concittadini».

Sindaco Peracchini, come considera la proposta di Enel di realizzare depositi doganali nelle aree adiacenti alla centrale che si libereranno dopo la conversione a gas?

«Il modo con cui Enel si è rapportata con la città è sempre stato poco sinergico e propositivo, del tutto incurante delle ragioni di un territorio che ha servito l’Italia per oltre 60 anni, garantendo il fabbisogno energetico adeguato a tutto il Paese e che avrebbe tutto il diritto ad aspirare a un cambio di passo epocale. Un atteggiamento, purtroppo, che non è cambiato neppure quando, del tutto inaspettatamente, senza alcuna interlocuzione con il territorio, Enel ha proposto il progetto dei depositi doganali nelle aree che lascerebbe libere a seguito della riconversione a gas. Nel merito di Enel Logistics, con tutto il rispetto della società Enel, questo non è più il tempo di parcheggiare container nelle aree che sarebbero lasciate libere, ma sarebbero anzi auspicabili attività ad alto valore aggiunto che creino occupazione di qualità e innovazione».

La politica nazionale dovrebbe avere un ruolo in questi processi?

«Certamente. Al di là degli aspetti societari ed economici, è proprio qui che la politica nazionale dovrebbe entrare in gioco: il Governo deve rivedere completamente la riconversione a gas della centrale Enel e favorire uno scenario completamente opposto, con investimenti green e tecnologici che favoriscano occupazione e sviluppo in una città che ha uno dei porti più importanti per l’Italia e l’Europa, mèta turistica internazionale e leader mondiale nel settore della nautica».

Cosa dicono gli operatori della logistica e i sindacati

Anche gli operatori della logistica dicono la loro. Alessandro Laghezza, presidente di Confetra Liguria, ha dichiarato di recente che “se il disegno di Enel fosse quello di rendere libere delle aree da destinare a uso logistico, previa intesa col Comune, se ne potrebbe discutere, ma se invece l’intenzione è fare l’operatore logistico ed entrare nel settore, diventando di fatto un nostro competitor, al di fuori della sua mission, è un’opzione che considero non corretta”.

Secondo Giorgio Bucchioni, storico operatore doganale, già presidente di Confindustria e Autorità Portuale della Spezia, da sempre sostenitore di Enel, che abbiamo sentito, «la trasformazione da carbone a gas della centrale pare da assecondare in attesa di trovare fonti energetiche ancora migliori. La capacità di investimento di Enel dovrebbe essere valutata e perseguita dal territorio valorizzando un rapporto ormai cinquantennale che alla popolazione ha portato problematiche sanitarie oggi in via di mitigazione».

Quanto alla logistica però, Bucchioni ammette che preferirebbe «che la progettualità di Enel si orientasse prioritariamente ad iniziative manifatturiere o industriali e non nei servizi».

Vale la pena ricordare che la centrale della Spezia è stata costruita nel 1962 e che in oltre 50 anni di vita ha utilizzato i combustibili più inquinanti, causando un impatto ambientale e sanitario importante, certificato con studi scientifici che hanno portato alla fine degli anni ‘90 alla riduzione della potenza della centrale a carbone (da 1800 a 600 MW).

Ad ogni cambio di combustibile la politica e anche le agenzie sanitarie hanno di volta in volta minimizzato l’impatto causato nel passato in virtù del miglioramento previsto: dall’olio combustibile, al carbone, alla tecnologia più avanzata fino al gas prossimo venturo.

Grande delusione anche dal fronte sindacale.

Le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil avevano proposto un forte investimento nel settore delle fonti rinnovabili inserito nel tavolo di confronto avviato dalla Regione, dove, dicono, “Enel si era impegnata a condividere con tutti un percorso complessivo di riqualificazione. L’emergenza Covid ha bloccato tutto, ma questo non può indurre Enel a decidere il futuro di una parte importante del territorio scavalcando interlocutori che rappresentano la comunità”. Secondo i sindacati il progetto proposto da Enel sarebbe “molto invasivo e poco rilevante dal punto di vista occupazionale” (la Nazione, 9/7/2020)

Il fronte ambientalista

Le osservazioni (vedi documento in pdf) inviate al Ministero dell’Ambiente dalle sezioni locali di Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Vas e dalla Associazione Posidonia sostengono la sostanziale non opportunità di realizzare nuovi impianti a gas, né alla Spezia né altrove, in quanto “non si avrebbe alcun effetto benefico generale e locale sui cambiamenti climatici, a seguito della sostituzione del carbone con gas, ma si continuerebbe la corsa insensata e forsennata verso la catastrofe ambientale.”

Secondo le associazioni inoltre “si confermerebbe l’obsoleto modello energetico attuale basato sulle fonti fossili e sulla produzione accentrata, invece di virare decisamente verso la produzione distribuita e le fonti rinnovabili”.

Non è chiaro per le associazioni perché per una presunta esigenza di stabilità della rete, si ricorra a “centrali turbogas della stessa sostanziale tipologia di quelle che contemporaneamente si dismettono in altre parti d’Italia da parte della stessa Enel, in quanto costose e poco competitive rispetto agli impianti a fonti rinnovabili.”

Nello specifico delle questioni locali le associazioni contestano la sottovalutazione delle emissioni derivanti dalla combustione del gas e lamentano l’assenza nella VIS di “una valutazione su come i nuovi livelli di emissione andranno ad accumularsi con altre sorgenti inquinanti presenti nel territorio spezzino”.

Abbiamo provato a sentire anche Enel, ma al momento non abbiamo ricevuto repliche.

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