Nel 2030 in Italia si prevede la circolazione di circa 4 milioni di auto 100% elettriche secondo le stime (in linea con le aspettative del PNIEC, vedi qui) di Motus-E, l’associazione che promuove la mobilità elettrica nel nostro paese, sentita in audizione presso la X Commissione Industria del Senato.
Tuttavia, anche se le vendite di auto plug-in stanno aumentando (vedi qui i dati sul 2019), resta molto da fare, evidenzia l’associazione, per sbloccare il mercato dell’elettrico in Italia; in particolare, Motus-E sostiene che né il metano né l’idrogeno siano alternative efficienti per de-carbonizzare i trasporti, mentre occorre puntare con più decisione sul vettore elettrico e riservare le altre tecnologie a settori differenti, come le attività industriali “pesanti”.
Diverse sono le proposte di Motus-E per ravvivare la filiera industriale italiana dell’auto elettrica, considerando tutti i settori: manifattura, distribuzione e vendita, post-vendita, riciclo, infrastrutture.
In particolare, evidenzia il documento presentato da Motus-E in audizione (allegato in basso, neretti nostri nelle citazioni), bisogna “creare, rendere vantaggiosi e diffondere strumenti di aggregazione per le Pmi del settore, estendendo ad esempio i perimetri di scopo dei consorzi, aumentando i vantaggi fiscali per gli investimenti alle imprese che aderiscono a contratti di Rete o diffondendo l’esempio dei distretti virtuali”.
E poi occorre istituire “tavoli di confronto fra le industrie automotive, il governo e le associazioni di categoria per adattare gli strumenti previsti dal Piano Industria 4.0”. Si parla così di ex super-ammortamento, ex iper-ammortamento (trasformati in crediti d’imposta con la legge di Bilancio 2020), Nuova Sabatini, fondo garanzia per le Pmi, credito d’imposta in ricerca e sviluppo.
Tra le altre proposte di Motus-E: estendere i programmi di formazione Industry 4.0 per includere non solo le competenze dei lavoratori addetti ai processi produttivi, ma anche le competenze che riguardano le reti di vendita (concessionari) e assistenza post-vendita (officine); prevedere sgravi fiscali per l’assunzione di tecnici e riqualificazione del personale; dedicare fondi alle assunzioni di giovani diplomati o laureati.
Infine, segnala il documento, uno dei principali problemi attualmente riscontrati è la notevole differenza tra il costo della ricarica domestica e il costo della ricarica su colonnine pubbliche.
Così l’associazione propone, in particolare, di assimilare per prima cosa la ricarica nelle pertinenze (box, garage) a quella domestica, poi di ridurre la componente regolata della tariffa monomia BTVE, in modo da avvicinarla ai livelli di prezzo della tariffa domestica residente. Si parla, inoltre, di favorire l’integrazione dei veicoli con la rete tramite le tecnologie V2G (Vehicle to Grid), prevedendo ad esempio di ridurre la potenza minima di aggregazione per le UVAM da 1 MW a 200 kW o anche meno, oltre a eliminare gli oneri di sistema sull’energia prelevata e immessa dai veicoli durante la fornitura di servizi alla rete; vedi qui il parere dell’Autorità sullo schema di decreto ministeriale per il V2G.