Ci sono oggi in Italia poche persone che non si preoccupano per i prezzi dell’energia: a parte i bambini e i miliardari, nella categoria rientrano anche i pochi che negli anni scorsi si sono preparati in anticipo, attrezzando le loro case in modo da non dipendere più dai combustibili fossili.
Quando ci si sono messi, probabilmente, saranno stati derisi da amici e conoscenti come “fanatici ambientalisti”, ma adesso quelli che li prendevano in giro si mordono le mani, perché i bersagli della loro ironia si stanno rivelando persone di grande lungimiranza.
In questo ristretto gruppo, quelli a cui le bizze di Putin e l’avidità dei petrolieri fanno un baffo, rientra anche un ingegnere elettronico della provincia di Arezzo, P.C. (che vuole restare anonimo per motivi di sicurezza), che attraverso un lavoro lungo 10 anni, è riuscito a far sì che la sua villetta di 250 mq resti abitabile e confortevole tutto l’anno, quasi senza ricorrere a metano ed elettricità di rete, mentre anche per i trasporti ha detto addio a petrolio e derivati.
“È curioso, ma pur avendo lavorato anche nel campo delle rinnovabili, quando ho cominciato a ristrutturare la casa nel 2011, non pensavo proprio all’indipendenza energetica”, spiega P.C.
“Avevo il riscaldamento a gas, due auto a metano, l’allaccio alla rete Enel, tutto normale, insomma. Poi un giorno, per la caduta di un traliccio, ci siamo ritrovati per sei giorni senza corrente, e allora ho cominciato a ragionare su come rendermi autonomo”.
Il primo passo è stato isolare termicamente la casa, con un cappotto esterno e uno speciale sottotetto ventilato che mantiene la temperatura gradevole anche nel solleone estivo, senza bisogno di condizionatori.
Diventare autonomi per quanto riguarda l’elettricità è stato più complicato, in quanto la sua famiglia ha consumi stratosferici: 10 MWh annui (10.000 kWh), contro i 2,7 della famiglia italiana media.
“Questi consumi dipendono in parte dal mio lavoro, che richiede l’uso di diversi computer in funzione 24 ore al giorno, in parte da piscina, illuminazione della proprietà e sistemi di sicurezza in casa, e in parte dal fatto che mia moglie ed io raggiungiamo quotidianamente i nostri posti di lavoro con due auto elettriche, una delle quali viene sempre ricaricata esclusivamente a domicilio”.
Per sopperire a questa domanda, l’ingegnere ha costruito un impianto FV sul tetto di una rimessa, che poi ha raddoppiato, arrivando oggi a una potenza totale di 16 kW di picco.
“La loro elettricità viene convertita in alternata da 4 inverter, due dei quali sono dedicati esclusivamente alla ricarica di un parco di 35 kWh di batterie al litio, usate soprattutto per il rifornimento delle auto. Oltre a queste ci sono altri 13 kWh di batterie, che fanno parte di un sistema Ups, un gruppo di continuità, che permette di avere una alimentazione elettrica autonoma quando l’impianto solare non fornisce sufficiente alimentazione, senza chiedere permessi a Gse o Enel. Solo quando l’Ups è esaurito, la casa viene ricollegata automaticamente alla rete, ma questo accade raramente”.
Ci ha spiegato addirittura che ha così tanta capacità autonoma di produzione e accumulo, che “quando l’Enel ha staccato l’elettricità in zona per quattro giorni, a causa di un altro traliccio caduto, sono riuscito a coprire l’intero periodo con i miei mezzi. In pratica solo nel cuore dell’inverno dobbiamo ricorrere talvolta a Enel: in un anno ho pagato solo 500 euro di bollette elettriche, quota fissa e canone compresi, di cui 300 a dicembre e gennaio”.
Discorso simile per l’uso del metano.
“Non lo uso più per il riscaldamento: la casa resta a una temperatura gradevole nei mesi freddi, grazie a un termocamino a legna, acceso tutti i giorni. La legna mi serve anche per cucinare in una stufa economica. Alla fine, l’uso del metano è limitato ai brevi periodi in cui non possiamo accendere il camino perché siamo fuori casa, per i fornelli, quando ho fretta, e per l’acqua calda sanitaria, quando i pannelli solari termici sul tetto non bastano a scaldare i 300 litri di scorta. Risultato: di metano ho speso 200 euro in un anno, da confrontare con i 7.000 euro che spendevo prima fra rifornimenti delle due auto e casa”.
Scusi ingegnere, ma perché non elettrificare allora anche il riscaldamento, con una pompa di calore, e i fornelli, con piastre a induzione?
“Non sono sistemi che mi piacciano molto, non credo che li userò mai. Anche perché mandano alle stelle i consumi elettrici invernali, proprio nel momento in cui la produzione solare è minima. Del resto, i 100 quintali di legna che uso in un anno, mi sono costati nel 2021 solo 1.000 euro”.
E affiancare ai pannelli una turbina eolica per avere più produzione invernale?
“Ne ho installata una da 800 watt ad asse verticale sul tetto della rimessa, soprattutto per fare qualche test, ma dovrebbe essere messa su un traliccio molto più alto della casa per produrre in modo consistente, e comunque questa non è una zona molto ventosa”.
Così però, nonostante tutti i suoi sforzi, restano scoperte alcune settimane invernali, in cui deve ricorrere alla rete e al metano. Non le dà fastidio non riuscire a coprire l’ultimo miglio?
«Sì, ma non è un problema facile: bisognerebbe spostare in inverno l’energia estiva in eccesso. Intanto penso di aggiungere altri pannelli fotovoltaici per aumentare la produzione invernale; in seguito, valuterò l’acquisto di uno dei primi impianti di accumulo domestico a idrogeno, per esempio quelli a fuel cell di H2 planet, che forniscono elettricità e calore, o una caldaia che usi quel gas e che produca anche elettricità con una miniturbina a vapore. Non mi è ancora molto chiaro come funzionino, per cui aspetto di vederne una all’opera, per poi decidere”.
“Comunque – continua P.C: – la strada credo sarà quella: trasformare l’elettricità in idrogeno d’estate, e poi usarlo in inverno per produrre elettricità e calore, anche se restano problemi da risolvere come i consumi per l’alta compressione del gas e il costo delle bombole per accumulare abbastanza idrogeno per l’inverno”.
Ma quanto spenderebbe uno che volesse imitare questo suo complesso sistema energetico?
“Bisogna dire che avere le mie competenze di progettazione, programmazione e capacità di informarsi sulla letteratura tecnica aiuta molto. Mi sono costruito tutto da solo, acquistando i componenti direttamente e, quindi, tagliando notevolmente le spese. Per esempio una delle batterie Catl comprate in Cina che uso per l’offgrid, costa un terzo di una uguale venduta in Italia. Penso che chi volesse imitarmi spenderebbe 9.000 euro fra pannelli, inverter e materiale vario, più 7.500 euro di batterie al litio cinesi e relativi circuiti di gestione e altri 8.000 per l’Ups. A cui eventualmente aggiungere circa 2.000 euro di lavoro di un tecnico”
E bisogna aggiungere che anche controllo e manutenzione di un impianto così complesso richiedono competenze non comuni. Per esempio, occorre individuare e sostituire per tempo batterie e componenti che danno problemi, scorrendo i loro parametri, prima che ‘lascino a piedi’.
E servono anche conoscenze sulle normative elettriche, per evitare di incorrere negli strali degli enti regolatori e di controllo, che non vedono di buon occhio questi impianti offgrid ‘fai da te’.
“Ma io sono perfettamente in regola. Capisco che a Enel e Gse dispiaccia di vedere che si può fare quasi a meno di loro, ma sono pronto a difendermi in ogni sede dalle loro eventuali contestazioni”, conclude l’ingegnere.