Il caro energia non risparmia il carbone: prezzi ai massimi da oltre 200 anni e l’impennata continuerà

  • 14 Marzo 2022

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Si va verso 500 dollari la tonnellata, prevede Rystad Energy.

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Bisogna tornare ai tempi della prima rivoluzione industriale, cioè al 1800, quando i treni andavano a vapore, per trovare prezzi del carbone così alti come quelli che presto potremmo avere, a parità di potere d’acquisto.

Questa, in sintesi, la fotografia che emerge da uno studio della società di ricerche indipendente norvegese  Rystad Energy.

I prezzi del carbone si stanno impennando attualmente a circa 462 dollari la tonnellata, dai 186 dollari del 23 febbraio, cioè il giorno prima dell’invasione russa dell’Ucraina, e probabilmente supereranno i 500 dollari quest’anno, secondo Rystad.

La maggior parte dell’Europa e del mondo si è concentrata finora sugli impatti che la guerra della Russia in Ucraina sta avendo sul petrolio, sul gas e, più recentemente, sui prezzi del nichel. Relativamente poco, invece, è stato scritto sullo shock dei prezzi del carbone.

Ma questi sono probabilmente destinati a colpire altrettanto duramente l’Europa per poi diffondersi come uno tsunami anche nel resto del mondo, ha indicato la società di ricerche.

La Russia è infatti il più grande fornitore di carbone della Ue, con invii che l’anno scorso hanno raggiunto 36 milioni di tonnellate, pari al 70% delle importazioni totali dell’Unione. Sebbene la domanda totale di questo minerale per la generazione elettrica risulti in calo negli ultimi 10 anni, le ancora numerose centrali a carbone in Europa sono sempre più dipendenti dalla Russia, che ha visto quasi raddoppiato la sua quota del mercato europeo nell’ultimo decennio.

Nell’illustrazione della società di ricerche, a sinistra la quota di mercato europea per i paesi esportatori di carbone e, a destra, l’andamento dei prezzi per tonnellata del carbone da 6.000 kcal al chilo.

Non esistono praticamente eccedenze di carbone disponibile a livello mondiale. I prezzi hanno superato i 400 dollari e la soglia dei 500 dollari a tonnellata sembra realistica“, ha detto Steve Hulton, responsabile per la ricerca sul questo comparto presso Rystad Energy in una nota.

In una fase in cui i prezzi del gas continuano a salire e si cerca di trovare delle alternative, gli Stati europei stanno considerando anche il carbone per colmare possibili carenze nella produzione elettrica. Tuttavia, sarà difficile procurarsene altro presso produttori diversi poiché il mercato ha pochissimi margini di flessibilità.

Quali rincari e quali alternative?

Se l’occidente decidesse poi di imporre sanzioni sul commercio di carbone con la Russia o se la Russia interrompesse le esportazioni, il prezzo potrebbe decollare verso la stratosfera, secondo la società di ricerche. E sulla scia di tali timori, nell’ultima settimana, i prezzi hanno segnato balzi enormi sia in Europa che nel Pacifico.

Come per il gas autoctono italiano, anche il carbone eventualmente estratto in Europa non rappresenta un’alternativa praticabile. La varietà importata, infatti, è generalmente di migliore qualità e più economica di qualsiasi produzione interna, poiché tutto il carbone migliore in Europa è stato già estratto anni fa.

L’estrazione in superficie su larga scala di lignite a basso potere calorifico viene ancora effettuata in Europa, ma quella importata è vitale per soddisfare le esigenze delle molte centrali termiche progettate per bruciare combustibile a più alto potere calorifico.

La Polonia è il più grande produttore di carbone rimasto in Europa e circa il 70% della sua produzione totale di energia elettrica proviene da questa fonte. Tuttavia, la tendenza per la produzione a lungo termine è in declino e sebbene la Polonia ne esporti un po’ nei vicini paesi dell’Ue, ha anche aumentato le importazioni di carbone ad alta energia dalla Russia, poiché è generalmente più economico della produzione locale.

Chi vuole importare questo minerale in Europa dovrà cercarlo soprattutto presso i fornitori di Colombia e Sudafrica, tradizionali paesi produttori dove comunque le estrazioni sono ancora molto al di sotto dei livelli pre-pandemia e dove il settore è alle prese anche con altri problemi, come dispute sindacali e problemi legati alla sicurezza.

La produzione di carbone degli Stati Uniti sta invece vivendo una rinascita dopo diversi anni di declino, spinta da una forte domanda e prezzi alti, sia a livello nazionale che all’estero. Delle circa 36 milioni di tonnellate esportate l’anno scorso, però, solo circa 5 milioni di tonnellate erano destinate all’Europa, poiché i mercati asiatici sono generalmente più attraenti, secondo Rystad.

In generale, quindi, anche qualora ne avesse assoluta necessità, sarebbe molto difficile per l’Europa trovare nuovo carbone da importare. Da qui, appunto, le previsioni di rincari del carbone ai massimi in due secoli.

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