Boom di posti di lavoro nella filiera del fotovoltaico al 2050

Uno studio teorico stima che a metà secolo il settore elettrico impiegherà direttamente 35 milioni di persone in tutto il mondo, di cui la maggior parte nelle energie rinnovabili e soprattutto nel FV.

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Quanti posti di lavoro si possono creare con un’economia basata al 100% sulle fonti rinnovabili?

Per rispondere a una domanda così complessa sono entrati in campo alcuni esperti della transizione energetica verso le tecnologie pulite, tra cui il prof. Christian Breyer del politecnico finlandese di Lappeenranta (LUT: Lappeenranta University of Technology).

Ricordiamo che Breyer è uno dei massimi sostenitori della possibilità tecnico-economica di realizzare un mix energetico totalmente svincolato dai combustibili fossili entro metà secolo, grazie alla massiccia elettrificazione degli usi energetici finali e allo sviluppo di enormi capacità di accumulo, oltre alla produzione di carburanti di origine rinnovabile, come l’idrogeno “verde”.

Ora Breyer, con altri colleghi, ha presentato uno studio, Job creation during the global energy transition towards 100% renewable power system by 2050 pubblicato online su ScienceDirect (report a pagamento, qui un estratto), dove l’analisi si concentra sull’evoluzione dei posti di lavoro in uno scenario verso il 100% di rinnovabili al 2050.

Vale sempre la stessa avvertenza per gli studi di questo tipo: sono modelli puramente teorici, quindi i loro risultati vanno presi con molta cautela, soprattutto su un orizzonte temporale così lungo.

Il dato più importante è che il numero di persone direttamente occupate nel settore della produzione di energia elettrica (power sector) nel suo complesso, quindi includendo anche le fonti fossili, salirà da 21 milioni nel 2015 a 35 milioni nel 2050 su scala globale, di cui la maggior parte (80%) sarà impiegata nelle energie rinnovabili.

Fotovoltaico, eolico e batterie per l’accumulo energetico saranno i singoli settori che daranno più lavoro nei prossimi decenni, evidenzia lo studio.

Il modello di analisi include tutte le fasi della filiera: costruzione/installazione dei diversi impianti, operatività e assistenza, fornitura dei combustibili, smantellamento di vecchie centrali, reti di trasmissione, tenendo anche conto delle potenziali perdite di posti di lavoro in determinati settori, pensiamo alla chiusura delle unità a carbone in molti paesi.

Ad esempio, in Germania per l’uscita dal carbone il governo centrale ha dovuto negoziare con gli stati federali un piano con 40 miliardi di euro di aiuti finanziari alle regioni minerarie, così da sostenere il loro percorso di riconversione industriale orientato alle nuove energie rinnovabili.

Il modello proposto da Breyer e colleghi punta moltissimo sul fotovoltaico: nel 2050, secondo gli autori dello studio, ci saranno 22 milioni di occupati nella filiera FV, contro 1,5 milioni di persone direttamente impiegate nell’eolico e 4,5 milioni nell’accumulo energetico.

Ricordiamo che l’Agenzia internazionale delle energie rinnovabili (IRENA: International Renewable Energy Agency) nel suo ultimo rapporto sui “colletti verdi” ha stimato in circa 11 milioni i posti di lavoro direttamente associati alle fonti rinnovabili su scala mondiale nel 2018, di cui 3,6 milioni nel fotovoltaico.

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