Il bilancio sul Superbonus e la strada verso la nuova direttiva Edifici

La spesa complessiva dei lavori ammessi al 110% è arrivata a 74 miliardi ad aprile. Il risparmio energetico stimato è pari a 1,3 miliardi di mc di gas. Ora bisogna pensare ai cambiamenti imposti dalla direttiva europea EPBD.

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Dai nuovi dati Enea sul Superbonus, aggiornati al 30 aprile 2023 e pubblicati oggi, emergono investimenti complessivi ammessi a detrazione per oltre 74 miliardi di euro, di cui quasi 60 miliardi per lavori conclusi ammessi a detrazione, con un onere a carico dello Stato pari a 65,5 miliardi.

La maxi agevolazione fiscale del 110% ha finora interessato più di 407mila edifici, di cui oltre metà (232mila) sono edifici unifamiliari.

In termini di investimenti, la spesa maggiore riguarda gli edifici condominiali: 37 miliardi di euro, di cui oltre 26 per lavori realizzati ammessi a detrazione.

I dati Cni

Altri numeri arrivano dal Centro Studi Cni (Consiglio nazionale degli ingegneri), in un rapporto con tutti i dati sui bonus edilizi e le proposte su come rilanciare le detrazioni fiscali in chiave EPBD, la nuova direttiva europea sulle case green.

La spesa complessiva per gli interventi edilizi con il Superbonus si attesta a 74 miliardi di euro per il periodo agosto 2020-marzo 2023 (comprese le somme non ammesse a detrazione, per circa 1,2 miliardi), che diventano 89 miliardi sommando la spesa stimata con il Super-Sismabonus (circa 15 miliardi), con “apprezzabili effetti espansivi sul sistema economico”, soprattutto nel 2022.

E i lavori agevolati con il 110% hanno consentito di risparmiare complessivamente 1,3 miliardi di metri cubi di gas naturale, pari al 48% del risparmio di gas che l’Italia si è posta di conseguire, in ambito residenziale, nella stagione invernale 2022-2023.

Si evidenzia poi che il Superbonus ha contribuito all’1,5% del Pil nazionale nel 2022, attivando oltre 600mila posti di lavoro diretti e quasi 332mila nell’indotto.

Il gettito fiscale generato dalle opere con Superbonus, si spiega, è pari a circa il 33% del valore delle detrazioni a carico dello Stato (detrazioni su cui pesa il meccanismo del 110%) e al 36% di quanto fatturato.

Quindi, a fronte di detrazioni per Superbonus che a marzo 2023 hanno raggiunto 97,9 miliardi di euro (compresi i lavori con il Super-Sismabonus), il Cni calcola che il gettito possa essere stato di 32 miliardi di euro, portando la spesa effettiva a carico dello Stato a 64,4 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il risparmio energetico – come detto, 1,3 miliardi di metri cubi di gas evitati grazie ai lavori con il Superbonus – per Cni è “un valore più che apprezzabile, cui peraltro va sommato 1 miliardo di metri cubi standard di gas [di risparmio] già conseguito attraverso gli interventi con l’Ecobonus ordinario negli ultimi 8 anni”.

Più in generale, si osserva, il Superbonus “ha inciso considerevolmente, soprattutto considerando il breve arco temporale in cui si è dispiegato, e positivamente sulle principali variabili macro economiche del Paese”.

Le proposte per il futuro

I risultati finora raggiunti, sottolinea il rapporto, “indicano l’opportunità di rimodulare, abbassandola, la quota di detrazione, estendendo però nel lungo periodo (almeno 15 o 20 anni) la possibilità di utilizzare tale strumento, consentendo in questo modo di perseguire, al massimo possibile, l’opera di risanamento degli edifici di cui il patrimonio edilizio ha necessità”.

L’Italia, infatti, deve affrontare l’enorme sfida della direttiva EPBD (Energy Efficiency of Buildings Directive), approvata in plenaria al Parlamento Ue a marzo e ora in fase di negoziato al Consiglio.

Tra i punti più controversi e criticati, in particolare dal governo italiano, figurano i target di rinnovamento energetico per gli edifici residenziali: questi ultimi dovranno essere almeno in classe energetica E al 2030 e D al 2033, anche se sono previste diverse esenzioni.

Gli immobili pubblici dovranno invece raggiungere le stesse classi, rispettivamente, entro il 2027 e 2030.

La direttiva, spiega il Centro Studi Cni, “impone vincoli stringenti e un’azione di risanamento energetico talmente estesa da rendere evidente che un intervento pubblico sarà ancora più necessario rispetto a quanto accaduto negli ultimi due anni e mezzo”.

Bisognerà trovare, si spiega, una via di mezzo tra “il modello Superbonus” e la partecipazione alle spese da parte dei cittadini, prevedendo magari “l’attivazione di un meccanismo finanziario pubblico o pubblico-privato, che copra una parte consistente delle spese lasciando al proprietario una parte minoritaria delle spese”.

Pertanto, “diventa determinante stimare l’ammontare di gettito fiscale derivante dagli interventi di risanamento in edilizia, che rappresenterebbe l’ammontare massimo di detrazioni ammesse dallo Stato senza generare disavanzi. La parte restante dovrebbe essere coperta in massima parte da una sorta di Fondo di rotazione (da costituire anche con risorse comunitarie) e in minima parte dai proprietari di immobili, immaginando che tutto questo possa realizzarsi in un arco temporale considerevolmente lungo, andando oltre le scadenze imposte dalla direttiva”.

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