Le aziende che frenano le politiche climatiche tra disinformazione e greenwashing

Le compagnie petrolifere Usa tra le più influenti a livello mondiale nel contrastare impegni e iniziative per ridurre le emissioni. La classifica di InfluenceMap.

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Quali sono le aziende che si oppongono di più alle politiche globali sul clima?

Lo abbiamo scritto tante volte e in questi giorni InfluenceMap, nel suo nuovo documento, Corporate Climate Policy Footprint 2022 (link in basso) ne identifica 25.

Si tratta delle aziende più influenti a livello mondiale nel frenare le azioni contro il cambiamento climatico, grazie a lobbismo, disinformazione e greenwashing.

In cima alla lista ci sono le grandi compagnie petrolifere americane come Chevron ed ExxonMobil, seguite dal colosso tedesco della chimica BASF e poi da altre società statunitensi, tra cui ConocoPhillips, Sempra Energy, American Electric Power.

Mentre Toyota, al decimo posto, subito dietro a Gazprom, è il primo marchio automobilistico che compare nella lista pubblicata da InfluenceMap, organizzazione indipendente che promuove analisi e ricerche sulla transizione energetica. La tabella sotto mostra la top ten.

Per realizzare questo speciale ranking, gli esperti hanno esaminato una serie di dati accessibili al pubblico – tra cui siti web, dichiarazioni dei manager, dati finanziari – che riguardano varie attività aziendali come pubblicità, relazioni pubbliche, social media, contatti diretti con funzionari e rappresentanti politici.

Dalla ricerca emerge un enorme divario tra le influenze negative di queste aziende sui temi climatici e gli obiettivi ufficiali delle stesse aziende sul fronte ambientale.

Ad esempio, la maggior parte delle compagnie entrate nella lista nera (80%), si è impegnata a raggiungere traguardi net-zero per azzerare le emissioni nette di CO2.

Ci troviamo davanti, quindi, a casi evidenti di falsi impegni da attribuire al greenwashing, quando le imprese affermano di essere verdi grazie a progetti e investimenti nelle energie pulite, mentre continuano a espandere i loro business più inquinanti, come la produzione di combustibili fossili.

Il tema sta tornando di grande attualità in vista della Cop 27, la 27esima Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, che si svolgerà in Egitto dal 6 al 18 novembre.

Il punto è che restano dei buchi colossali tra obiettivi futuri e impegni attuali e reali, per quanto riguarda la riduzione delle emissioni (si veda Clima, per l’Unep gli obiettivi di Parigi al momento sono “fuori portata”).

Mentre il nuovo rapporto di Carbon Tracker – altro think tank indipendente che fa analisi in campo energetico – sottolinea che le grandi aziende, quelle che emettono più gas serra a livello mondiale, continuano a ignorare o sottovalutare i rischi climatici e i rispettivi impatti economici, escludendoli dai bilanci e dalle rendicontazioni finanziarie.

La guerra di Putin in Ucraina, osserva poi InfluenceMap, ha contribuito a intensificare gli interessi di molte imprese verso il settore oil&gas, come risposta più immediata alla crisi energetica e alla necessità di trovare alternative alle forniture di gas e petrolio dalla Russia.

Alla stessa Cop 27 il rischio è che la crisi energetica e le pressioni geopolitiche finiscano per annacquare, ancora una volta, i negoziati internazionali per tagliare le emissioni.

Un esempio europeo recente di influenza negativa sui temi climatici da parte delle aziende con lo scopo di mettere in difficoltà le politiche green, arriva dal settore automotive.

Non a caso, la tedesca BMW è entrata nella lista di InfluenceMap (16esimo posto). Diversi costruttori hanno fatto pressioni su Bruxelles per ammorbidire i nuovi target per le emissioni dei veicoli, sostenendo che è sbagliato puntare solamente sulla mobilità elettrica e che occorre dare spazio anche ai biocarburanti e agli e-fuel, carburanti sintetici di origine rinnovabile.

Alla fine ha prevalso la linea della Commissione europea e si è arrivati a un accordo tra Europarlamento e Consiglio, che prevede lo stop di fatto alla vendita di nuove auto con motori endotermici dal 2035; a quella data, infatti, tutti nuovi modelli dovranno essere a zero emissioni allo scarico, quindi elettrici.

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