Autorizzazioni eolico: avanti Germania e Spagna, manca lo scatto italiano

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I singoli governi devono semplificare ulteriormente il permitting secondo WindEurope, applicando il principio dell'interesse pubblico prevalente e le altre norme Ue della direttiva Red 3. Fondamentale anche digitalizzare le procedure.

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Autorizzare rapidamente grandi quantità di nuovi impianti a fonti rinnovabili è una delle sfide principali per raggiungere gli obiettivi Ue al 2030.

Nel 2023 si è un po’ allargato il collo di bottiglia delle autorizzazioni ai progetti eolici a terra, scrive WindEurope, anche se i governi devono continuare a semplificare e velocizzare il permitting, ad esempio applicando il principio dell’interesse pubblico prevalente e accorciando le distanze minime tra impianti e centri abitati, come ha deciso di recente la Polonia.

I maggiori passi avanti li ha fatti la Germania, evidenzia l’associazione europea dell’eolico, che lo scorso anno ha autorizzato 7,5 GW di impianti a terra, il 70% in più rispetto al 2022. Per dare un altro termine di confronto, nel periodo 2017-2019 la Germania autorizzava meno di 2 GW/anno di eolico onshore.

Anche la Spagna ha registrato una tendenza analoga: più di 3 GW complessivi autorizzati nel 2023, con una crescita del 70% rispetto ai dodici mesi precedenti (prima del 2022 stava sotto 1 GW/anno).

Tra i mercati più dinamici sul fronte delle nuove autorizzazioni, WindEurope cita anche Francia (2,2 GW, +12%) e Gran Bretagna (1 GW, +10%).

Il nodo delle autorizzazioni invece continua a frenare l’eolico in Italia, che nel 2023 ha visto solo 488 MW di nuove installazioni, in leggero calo (-7%) sul 2022, mostrando un divario molto ampio con quella che dovrebbe essere la potenza realizzata ogni anno (oltre 2 GW) per raggiungere il target previsto dal Pniec al 2030.

A spingere verso un maggior numero di installazioni eoliche, spiega poi WindEurope, sono soprattutto le nuove regole Ue: il regolamento di emergenza sulle autorizzazioni agli impianti Fer, recentemente prorogato con un provvedimento uscito in Gazzetta Ue a metà gennaio, e le norme concordate nell’ambito della direttiva Red 3 sulle rinnovabili.

La direttiva, in particolare, fissa in 12 mesi la durata massima delle procedure per le autorizzazioni, nelle cosiddette “aree di accelerazione” per le fonti rinnovabili, quelle dove gli impianti non dovrebbero avere impatti ambientali significativi, come siti industriali, parcheggi, terreni degradati non utilizzabili per l’agricoltura.

Un elemento chiave di queste nuove regole, si spiega, “è l’interesse pubblico prevalente, che si applica quando i progetti sono contestati in tribunale”.

Tale principio riconferma e definisce chiaramente quali permessi devono essere forniti entro il termine di due anni, richiede ai governi di digitalizzare le loro procedure di autorizzazione e, per quanto riguarda l’impatto sulla biodiversità, prevede che gli sviluppatori debbano considerare l’intera popolazione di una specie anziché i singoli animali.

Come detto più volte, si devono realizzare in media 30 GW/anno di eolico a livello Ue per centrare il traguardo al 2030 di nuova potenza rinnovabile. Tuttavia, “gli attuali volumi di autorizzazione non sono sufficienti per questo”, di conseguenza “tutti i governi nazionali devono attuare le nuove norme dell’Ue e continuare a rendere i loro processi più semplici, veloci e digitali”, afferma Giles Dickson, amministratore delegato di WindEurope.

In Germania l’applicazione del concetto di “interesse pubblico prevalente” si è già dimostrato efficace nell’accelerare diversi progetti coinvolti in controversie legali. Francia, Portogallo e Austria hanno seguito l’esempio incorporando tale principio nei loro quadri giuridici.

Altro esempio di buone pratiche è la Polonia, che ha eliminato la controversa regola “10H” secondo cui le turbine eoliche dovevano avere una distanza minima dai centri abitati pari a 10 volte la loro altezza, rendendo quasi impossibile lo sviluppo di nuovi progetti onshore con turbine di grandi dimensioni.

Ora si richiede una distanza minima dagli insediamenti di 700 metri e si parla di ridurla ancora a 500 metri, in modo da aumentare la disponibilità di aree idonee all’eolico.

Difatti, questa differenza di 200 metri raddoppierebbe dal 2% al 4% l’area del Paese aperta a potenziali investimenti eolici.

Altro aspetto di fondamentale importanza è poi digitalizzare le procedure autorizzative. Nel pacchetto sull’energia eolica, la Commissione europea ha proposto di istituire una piattaforma di autorizzazione digitale per supportare gli Stati membri nel permitting.

Al momento, ricorda WindEurope, molti Paesi richiedono agli sviluppatori eolici di stampare l’intera domanda di autorizzazione e di inviare le copie fisiche a diverse autorità pubbliche preposte e ciò comporta costi ingenti, spesso decine di migliaia di euro, contribuendo a inefficienze e ritardi nel processo complessivo.

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