L’auto elettrica rischia di rimanere a corto di litio, cobalto e nichel?

Finora le principali case automobilistiche si sono garantite, tramite contratti di fornitura di lungo periodo, meno di un quinto dei tre metalli essenziali per le batterie, di cui avranno bisogno al 2030 per elettrificare i veicoli.

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La corsa dei costruttori auto verso l’elettrico rischia di rimanere senza litio, cobalto, nichel.

Finora, le case automobilistiche si sono assicurate meno di un quinto (il 16% circa) dei tre metalli di cui avranno bisogno al 2030 per le batterie dei veicoli elettrici.

Lo rivela un’analisi di Transport & Environment, organizzazione indipendente specializzata nelle analisi sulla mobilità sostenibile, in un documento intitolato “Pedal to the metal” (link in basso), basato su dati e documenti ufficiali dei costruttori.

Secondo TE, solo sei marchi – Tesla, BYD, VW, Ford, Renault e Stellantis – hanno contratti di fornitura a lungo termine per ciascuno dei tre metalli o pianificano di modificare la ricetta chimica delle batterie, per porre fine alla loro dipendenza da queste materie prime “critiche”.

Più in dettaglio, come mostra il grafico sotto, solo il 14% della prevista domanda di litio al 2030 è già “coperto” dai contratti di fornitura siglati dalle case auto (12 in totale quelle esaminate da TE), oltre al 17% della domanda di nichel e al 10% di quella di cobalto.

Considerando, si legge nel rapporto, che di norma il 10-20% della richiesta di metalli è soddisfatta ricorrendo al mercato spot, si vede quanto sia ancora piccola la quota di approvvigionamento assicurata da contratti di lungo periodo. Certo, si osserva, molto dipenderà anche dalle strategie più complessive dei costruttori.

Diversi marchi, ad esempio, puntano a sviluppare batterie che richiedono minori quantità di materie prime, grazie all’innovazione tecnologica, alle soluzioni di recupero-riciclo e alla sostituzione di alcuni materiali con altri cambiando la composizione chimica delle batterie (come quelle cobalt-free di Tesla).

Secondo Julia Poliscanova, direttore senior per i veicoli e le catene di fornitura dell’e-mobility presso TE, “c’è una chiara disconnessione tra gli obiettivi dei produttori di veicoli elettrici e le loro strategie per i minerali critici. Tesla e BYD sono molto più avanti rispetto alla maggior parte degli attori europei, che solo ora si stanno rendendo conto della sfida di garantirsi i metalli per le batterie”.

Più in generale, TE ha esaminato le strategie delle case auto per le forniture di batterie, guardando non solo alle materie prime ma anche alla produzione di celle e alle pratiche “responsabili” (sostenibilità ambientale e sociale dei processi produttivi).

Da classifiche separate per le singole voci, è emerso che i produttori tedeschi – BMW, Mercedes-Benz e Volkswagen – sono ai primi tre posti quanto alle pratiche responsabili nella catena di fornitura (ultima colonna blu a destra nel grafico sotto), in base a differenti parametri come tracciabilità delle materie prime, processi industriali a basse emissioni di CO2 e tutela dei diritti umani (quest’ultimo è un indicatore assai rilevante per le attività minerarie).

Mentre Volkswagen, Stellantis e Mercedes-Benz ottengono i migliori risultati in termini di resilienza agli shock della catena di approvvigionamento, grazie ad esempio agli investimenti diretti, alle joint venture e alle partnership per la produzione di celle delle batterie, la lavorazione dei metalli e il riciclo delle celle. Sono aspetti molto importanti, osserva TE, in un momento in cui aumentano le tensioni commerciali tra l’Ue e la Cina.

Queste tre case auto, insieme a Renault, sono poi le uniche a supportare le start-up dell’Ue nei componenti delle batterie e nella lavorazione dei minerali.

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