In Australia con i Laburisti si farà la svolta verde?

Le opzioni sul tavolo del nuovo premier, Anthony Albanese, per le rinnovabili e il clima, in un Paese finora dominato dalle lobby fossili.

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Ci sarà una svolta green anche in Australia?

Potrebbe essere la volta buona, con la vittoria dei Laburisti alle elezioni federali che si sono svolte sabato 21 maggio e i cui risultati sono ancora in corso.

Anthony Albanese, 59 anni, di origini italiane, è diventato il nuovo premier australiano al posto di Scott Morrison, leader della coalizione dei conservatori sconfitta nella tornata elettorale.

Resta da vedere se i Laburisti potranno formare una maggioranza autonoma o se dovranno cercare alleanze con altre forze politiche, ad esempio con i Verdi che al momento sono attestati intorno al 12% dei voti e hanno già conquistato tre seggi.

Finora, al momento di scrivere, i Laburisti hanno ottenuto 73 seggi (la coalizione liberale-nazionale è ferma a 54): servono 76 seggi per una maggioranza assoluta in Parlamento.

La lotta contro il cambiamento climatico è una priorità del programma del Labor Party australiano, con un obiettivo di tagliare del 43% le emissioni di Co2 al 2030 (in confronto ai livelli del 2005) e azzerare le emissioni entro il 2050.

Negli anni di governo conservatore, Canberra non si è certo fatta notare per le sue ambizioni climatiche.

Il sistema economico del Paese è rimasto molto agganciato ai combustibili fossili e alle relative lobby industriali, in particolare alle attività minerarie per estrazione ed esportazione di carbone.

E il Paese continua a produrre oltre metà della sua energia elettrica proprio con il carbone, anche se le rinnovabili in alcuni mesi del 2021 sono già arrivate sopra il 30% del mix di generazione complessivo, grazie alla spinta sempre più forte dei grandi parchi eolici e fotovoltaici.

Albanese invece punta a trasformare il continente australiano in una super potenza delle rinnovabili e porre fine alle “guerre per il clima” degli anni precedenti (il riferimento è alle politiche dei liberali-conservatori che hanno tutelato gli interessi dei produttori fossili e ostacolato le misure per ridurre le emissioni inquinanti).

In Australia gli effetti del surriscaldamento globale si sono fatti sentire con forza negli ultimi 2-3 anni, tra ondate di calore, vasti incendi, inondazioni.

Ricordiamo che Morrison, alla vigilia della Cop26 sul clima dello scorso novembre 2021, aveva presentato un piano per azzerare le emissioni a metà secolo che aveva attirato molte perplessità e critiche, essendo basato in massima parte su tecnologie – cattura della CO2 con sistemi CCS, produzione di idrogeno – ancora immature e costose.

E non aveva fissato traguardi sulla nuova potenza da installare nelle rinnovabili.

Ora il piano verde Powering Australia dei Laburisti punta a creare oltre 600.000 nuovi posti di lavoro e mobilitare investimenti per 76 miliardi di dollari australiani.

Tra le iniziative annunciate dal nuovo premier Albanese, si parla di investire 20 miliardi di dollari per espandere e potenziare la rete elettrica nazionale, in modo che possa gestire quantità crescenti di elettricità rinnovabile.

Previsto poi un co-investimento pari a 100 milioni di dollari per creare 85 banche solari che forniranno elettricità condivisa a costi competitivi a più di 25.000 abitazioni di famiglie a basso reddito, che non hanno la disponibilità economica per installare individualmente pannelli fotovoltaici sui tetti.

Altro obiettivo è realizzare 400 batterie “di comunità” (200 milioni di dollari di investimento complessivo) per supportare la rete e fornire servizi di accumulo energetico condiviso a 100.000 abitazioni con impianti fotovoltaici.

Si parla anche di una prima strategia australiana dedicata ai veicoli elettrici. Nessun accenno, invece, a un calendario di uscita graduale dal carbone. E questa rimane una grave mancanza in un piano energetico e industriale che possa dirsi compatibile con lo scenario net-zero 2050.

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