Anche Unilever verso il 100% di rinnovabili

Così continua a crescere il ruolo dei contratti PPA aziendali per l’energia pulita. Dati e tendenze anche per l’Italia.

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Continua a espandersi il fronte delle aziende impegnate a combattere i cambiamenti climatici con l’acquisto di energia “verde”.

Unilever, il colosso anglo-olandese di prodotti per la casa, per l’igiene personale e nel campo dell’alimentazione (cibi e bevande), ha annunciato che il 100% del suo fabbisogno elettrico in cinque continenti è assicurato da fonti rinnovabili.

Fabbriche, uffici, laboratori di ricerca, centri elaborazione dati, magazzini, centri di distribuzione: tutte le attività della multinazionale, nella maggior parte del mondo, sono ora coperte dalla produzione di elettricità proveniente da risorse a zero emissioni inquinanti.

In particolare, spiega una nota della compagnia, Unilever ha cercato il più possibile di sfruttare lo strumento dei corporate PPA (Power Purchase Agreement), i contratti di lungo termine stipulati dalle imprese di vari settori industriali e commerciali con i produttori/fornitori di energia pulita.

Così il 38% circa dell’energia utilizzata da Unilver in Africa, Asia, Europa, America Latina e America settentrionale, arriva da contratti di questo tipo.

L’obiettivo è garantire un approvvigionamento pluriennale di elettricità generata con fonti rinnovabili presenti a livello locale, vicino ai luoghi di consumo.

Dove non è stato possibile, precisa la nota, Unilever ha acquistato certificati che attestano la provenienza “green” di un certo ammontare di kilowattora (REC: Renewable Energy Certificate).

In pratica, tali certificati attestano che l’energia prelevata dalla rete dall’azienda sia collegata a una stessa quantità di energia rinnovabile immessa in rete, anche se in un luogo molto distante rispetto a quello dove si trova fisicamente l’azienda stessa.

Quindi si parla di un utilizzo “virtuale” di elettricità prodotta con parchi eolici, solari o con altri impianti (bacini idroelettrici ad esempio).

E Unilever è sempre più vicina all’obiettivo del 100% di rinnovabili per le sue attività su scala globale; inoltre, punta a diventare un’azienda “neutrale” per quanto riguarda le emissioni di CO2 (carbon neutral) entro il 2030.

Ricordiamo che tra le multinazionali maggiormente coinvolte negli investimenti in energie pulite ci sono quelle del web e dell’informatica: nomi come Amazon, Apple, Microsoft, Google, alcuni dei quali hanno già raggiunto il traguardo del 100% di rinnovabili.

Secondo gli ultimi dati dell’associazione americana Renewable Energy Buyers Alliance (REBA), negli Stati Uniti finora nel 2019 (agosto) le multinazionali hanno stipulato accordi per acquistare elettricità “verde” per un totale di quasi 4 GW di capacità impegnata; Facebook e Microsoft figurano tra i principali acquirenti sia per il numero dei contratti siglati sia per quantità di GW coinvolti nelle loro operazioni.

Anche in Europa e in Italia i contratti corporate PPA stanno iniziando a diffondersi, anche se più lentamente rispetto al mercato Usa.

In Italia a maggio è stato definito il primo contratto di questo genere per un parco eolico mentre a febbraio 2018 nel nostro paese è stato firmato il primo corporate PPA per il fotovoltaico; a marzo 2019 la Francia ha visto il suo primo PPA aziendale connesso alle rinnovabili.

In questo momento, secondo le stime del PPA Committee – una rete di 55 partner nazionali e internazionali orientata allo sviluppo dei PPA in Italia – i contratti di lungo termine per le fonti rinnovabili coinvolgono 500 MW di capacità nelle varie regioni, ma il potenziale è molto più vasto.

Difatti, si stima una domanda teorica di PPA al 2030, considerando tutti gli attori possibili – aziende, utility, consorzi, trader di energia – valutabile tra 70 e 110 TWh, tanto che si potrebbe coprire l’intera offerta di nuova elettricità rinnovabile necessaria a raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC (vedi qui il nostro approfondimento sulla “via italiana” ai PPA).

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