Una guida per gli investitori istituzionali per affrontare il loro “rischio climatico”

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WWF International ha realizzato una guida con numerose raccomandazioni rivolte ai decision maker e agli investitori istituzionali, così che possano integrare diverse strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici nelle loro politiche e nei loro portafogli di investimento.

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Esiste un chiaro rischio climatico o carbon risk per le aziende operanti nel settore energetico che puntano sulle fonti fossili, con ripercussioni per tutto il sistema economico-finanziario.

Un rischio che è ancora più elevato per quegli investitori istituzionali che sono in cima alla catena degli investimenti: fondi pensione, compagnie di assicurazione, fondi di investimento controllati direttamente dai governi, etc.

Per affrontare questo rischio finanziario e indicare quali debbano essere gli investimenti in sintonia con gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi (sebbene basato su piani nazionali volontari e insufficienti a soddisfare il target di contenimento della temperatura), WWF International ha realizzato una guida, Climate Guide to Asset Owners (allegata in basso), con diverse raccomandazioni rivolte ai decision maker e agli investitori istituzionali, così che possano integrare diverse strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici nelle loro politiche di investimento.

Sul carbon risk o rischio climatico, tema sentito a più livelli ormai, è uscito un “preoccupato” report della Banca d’Italia di cui abbiamo parlato recentemente (Bankitalia sulle utility elettriche: i rischi finanziari di un nuovo mix energetico), dopo che anche il direttore del G20 Financial Stability Board e governatore della Banca di Inghilterra aveva descritto questo pericolo come una tragedia che potrebbe far ricadere sulle generazioni future costi molto ingenti.

C’è da considerare anche il fatto che gli investitori istituzionali, in cima alla catena degli investimenti, possono influire pesantemente sulle società su cui investono e sui loro fornitori di servizi.

Anche lo stesso WWF, in un report di luglio dal titolo “European asset owners: 2°C alignment and misalignment of public equity portfolios”, mostrava come alcuni dei maggiori proprietari di asset europei (principalmente fondi pensione) in Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia stavano iniziando, anche se con lentezza, a rendere il proprio portafoglio di public equity (azioni di una compagnia attraverso una partecipazione pubblica) in linea con l’obiettivo di limitare i cambiamenti climatici ben al di sotto dei 2 °C.

Il WWF aveva contattato 80 dei maggiori asset owners europei che rappresentano un totale di 13mila miliardi di dollari di valore. All’epoca del report però solo 30 società, per un valore di 2,5 mila miliardi di dollari, si era resa disponibile a rendere trasparenti i dati relativi ai propri investimenti.

Il nuovo report del WWF consiglia agli investitori istituzionali di valutare con attenzione le prove che dimostrano i possibili rischi e le opportunità finanziarie legati ai cambiamenti climatici, visto che ormai molte ricerche mostrano come queste siano particolarmente significative e piene di sfaccettature nelle diverse classi di asset, con conseguenze variabili nel tempo.

L’associazione ambientalista chiede, inoltre, a questi soggetti di misurare e pubblicare il loro potenziale rischio climatico e le loro azioni per allineare il proprio portafoglio di asset sulla base degli scenari climatici. Una strategia, questa, che consentirebbe agli asset owner di capire meglio quali decisioni intraprendere per una strategia di sviluppo più sostenibile, potendola poi monitorare costantemente.

Per fare questo tipo di lavoro oggi sono disponibili degli strumenti che certamente vanno affinati nella metodologia, ma che il WWF considera già utili a tale scopo.

Nelle prossime settimane il WWF pubblicherà due guide complementari specifiche per gli investitori: la prima sull’estrazione del carbone e la seconda sul passaggio dal carbone alle energie rinnovabili.

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