Il mondo dell’auto scommette sull’elettrica, tranne Marchionne

L’amministratore delegato del gruppo FCA, Sergio Marchionne, si scaglia contro le vetture a zero emissioni, puntando tutte le sue carte sui motori a combustione interna più efficienti e sul metano. Intanto anche GM si schiera con i costruttori di automobili che credono nella rivoluzione dei veicoli a batteria.

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C’è una parte sempre più consistente dell’industria automobilistica che crede nei trasporti a zero emissioni.

Dopo i recenti annunci pro-auto elettrica di Volkswagen, Daimler e Volvo, anche GM è schierata sul versante della mobilità ecologica: “General Motors believes in an all-electric future”, si legge in un comunicato appena diffuso dal colosso americano.

Poi c’è Sergio Marchionne, amministratore delegato di FCA, che ieri nel suo discorso al Polo Meccatronica di Rovereto, fresco di laurea ad honorem in Ingegneria industriale presso l’Università di Trento, ha dichiarato che “le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica, soprattutto per abbattere i livelli di emissioni nei centri urbani, ma si tratta di un’arma a doppio taglio”.

Addirittura, secondo il numero uno del gruppo italoamericano, forzare l’introduzione di vetture 100% elettriche su scala globale “rappresenta una minaccia all’esistenza stessa del nostro pianeta”, se prima non sarà risolto il problema di come produrre energia pulita con cui ricaricare le batterie.

Nessuno vuole nascondere le incertezze che circondano il presente e il futuro dei veicoli che non bruciano nemmeno una goccia di benzina o gasolio: autonomia, costi, incentivi, punti di ricarica, andamento delle vendite, che per il momento in Italia sono appena lo 0,1% del totale, a fronte di una ripresa del diesel e del metano, come evidenziano gli ultimi dati dell’Unrae su gennaio-settembre 2017.

Tutti i costruttori che parlano della prossima rivoluzione elettrica, con il previsto lancio di decine di modelli intorno al 2020-2025, tengono a precisare che la transizione dai carburanti fossili all’alimentazione full-electric richiederà tempo e investimenti multimiliardari.

Perfino Tesla ha dovuto ammettere di essere un po’ in difficoltà a rispettare la sua tabella di marcia per l’attesissima Model 3, l’auto che dovrebbe segnare l’ingresso dell’azienda USA nel mercato quasi di massa dei trasporti privati, grazie al costo più abbordabile rispetto alla Model S e Model X.

Una nota ufficiale spiega che il ritardo è dovuto a “colli di bottiglia nella produzione”, production bottlenecks, con 260 unità sfornate nel terzo trimestre 2017, quando Elon Musk, pochi mesi fa, era convinto che dalla fabbrica sarebbero uscite 1.500 Model 3 nel periodo considerato.

Marchionne, invece, è proprio convinto che la vecchia ricetta Fiat sia quella giusta: motori a combustione interna più efficienti e parsimoniosi, puntando sul metano come soluzione alternativa, eco-sostenibile, perché l’elettrico – secondo il manager –  è una moda, come lo è stato l’idrogeno alcuni anni fa, prima di essere accantonato da quasi tutte le case. In sostanza, va bene sperimentare i mezzi a batteria, ma senza crederci troppo.

Tuttavia, è strano ipotizzare che l’elettrico sia una moda passeggera, mentre diversi paesi stanno pensando di bandire la vendita di vetture convenzionali entro un ventennio.

La Cina ha già predisposto delle quote obbligatorie per le immatricolazioni di New Energy Vehicles (NEV, 100% elettrici o ibridi plug-in) partendo dal 2019, mentre lo stesso governo italiano si sta sforzando di promuovere in qualche modo le alimentazioni alternative (QualEnergia.it, Auto elettrica, l’Italia pensa agli incentivi mentre la Cina vara le quote obbligatorie).

D’altro canto, sostiene Marchionne, l’elettrificazione dei veicoli “è un’operazione che va fatta senza imposizioni di legge e continuando a sfruttare i benefici delle altre tecnologie disponibili”.

Motori a benzina/diesel meno inquinanti e propulsori a metano, di cui l’Italia è capofila in Europa, magari cercando di far decollare la filiera del biometano, possono contribuire a ridurre le emissioni di gas-serra e la dipendenza dal petrolio (Dieselgate, cosa cambierà con i nuovi test “reali” su emissioni e consumi).

Il punto, però, è che la transizione energetica ha nella mobilità elettrica un suo pilastro, al pari della crescente diffusione delle fonti rinnovabili.

Sostenere, come ha fatto Marchionne, che l’auto a batteria è dannosa perché nel mondo il mix di generazione elettrica è ancora dominato dalle fonti fossili, è come riconoscere una resa preventiva degli obiettivi dell’economia a basso contenuto di CO2 nei vari settori.

Chiaramente, il concetto di emissioni zero si realizza solo se una vettura è ricaricata con energia rinnovabile, ad esempio con il fotovoltaico installato sul tetto di casa.

Il discorso può essere molto più complesso, volendo allargare il confronto motori convenzionali vs batterie al litio con un calcolo sulle emissioni totali di CO2 nel ciclo di vita, dal pozzo (o dalla miniera di litio) alla ruota. Anche in questo caso, i benefici ambientali sono a vantaggio del mezzo elettrico, come evidenzia per esempio questo studio americano pubblicato dall’Union of Concerned Scientists.

Per diminuire quella dipendenza petrolifera che lo stesso Marchionne riconosce come una delle principali sfide del nostro secolo, l’unica via percorribile è eliminare gradualmente i motori a combustione interna, quindi le sparate “No EV” di Marchionne appaiono contraddittorie e anacronistiche, mentre il mondo dell’auto va nella direzione diametralmente opposta alla sua.

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