Mercato della CO2 ETS: cosa prevede l’intesa raggiunta dai ministri UE

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I ministri dell’ambiente del Consiglio europeo hanno votato il compromesso per riformare il sistema ETS in difficoltà. Possono partire i negoziati trilaterali con il Parlamento e la Commissione. L’obiettivo è rendere più efficiente il mercato del carbonio, riducendo il surplus di quote annuali.

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La riforma del mercato europeo del carbonio può entrare nel vivo: dopo il compromesso raggiunto ieri dai ministri dell’ambiente dei 28 Stati membri, ci sono tutti gli elementi per negoziare con l’Europarlamento il testo finale da presentare a Bruxelles.

Il sistema ETS (Emissions Trading Scheme) da molti mesi è al centro di un confronto istituzionale su come rendere più oneroso l’acquisto di quote di CO2.

Poche settimane fa, i parlamentari europei hanno approvato la nuova proposta di direttiva, che dovrebbe regolare l’ETS dal 2020 in avanti. Rimandiamo al nostro articolo precedente per il dettaglio della votazione: in sintesi, a Strasburgo si era deciso di rafforzare alcune misure per ridurre il surplus di crediti di emissione, che da qualche anno sta falsando l’andamento del sistema.

Ricapitoliamo velocemente le caratteristiche essenziali dello schema cap-and-trade: è la politica comunitaria che fissa un tetto alle emissioni di CO2 per oltre 11.000 industrie “energivore”, obbligandole a scambiare sul mercato quote di carbonio (un credito equivale a una tonnellata di CO2) per rispettare i limiti cui sono sottoposte. Così chi inquina meno può vendere crediti a chi è più “sporco”.

Chiaramente, il mercato funziona se il prezzo della CO2 è abbastanza elevato: al contrario, come sta accadendo da diversi anni a questa parte, con valori molto bassi, scesi anche a 4-5 euro per la singola tonnellata di CO2, alle imprese non conviene investire in efficienza energetica e tecnologie pulite per abbattere le emissioni inquinanti.

Il succo dei negoziati si è sempre concentrato qui: da un lato, eliminare le quote eccedenti che hanno fatto crollare il prezzo del carbonio, dall’altro lato, tutelare le industrie che consumano-inquinano di più, evitando la delocalizzazione delle attività produttive in paesi esteri con minori restrizioni ambientali (carbon leakage).

Diciannove nazioni ieri hanno votato “sì” al testo discusso dai ministri. Ecco i punti principali dell’intesa:

  • Confermato il potenziamento della riserva stabilizzatrice (MSR, Market Stability Reserve) che dal 2019 assorbirà il 24% (anziché 12%) delle quote annuali in surplus.
  • Dal 2024 cancellazione dei crediti eccedenti che sono rimasti per tre anni nella riserva, oltre un tetto fissato in 650 milioni di permessi.
  • Aumento del 2% per il numero di quote da assegnare gratuitamente alle industrie a rischio carbon leakage, se avvengono determinate condizioni.
  • Limite del 25% per i proventi delle aste che i singoli Stati membri possono utilizzare per coprire i costi indiretti del carbon leakage.

Come ha dichiarato il ministro italiano, Gian Luca Galletti, l’accordo raggiunto dal Consiglio UE costituisce “una buona base di partenza”, perché alcune delle richieste di Roma sono state accolte.

Tuttavia, l’Italia alla fine ha votato contro la proposta, “perché forse il metodo andava seguito in maniera diversa”, ha spiegato Galletti, riferendosi alle ultime fasi molto concitate del dibattito, che hanno un po’ modificato la discussione che si era svolta fino a quel momento.

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