Le nostre città di fronte ai cambiamenti climatici

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I centri urbani e gli enti locali possono e debbono svolgere un ruolo di primo piano nella sfida dei cambiamenti climatici, sia con azioni di mitigazione dei loro effetti che con interventi di adattamento. Dall'edilizia ai trasporti, passando per la gestione del territorio il campo d'azione è davvero vasto.

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Lorenzo Ciccarese è un ricercatore dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Giuseppe Sgroi è un libero professionista. Qui la sintesi di un loro più ampio intervento su città e cambiamento climatico, che trovate allegato in basso nella versione integrale.

I centri urbani ospitano attualmente circa 3,5 miliardi di persone, più della metà della popolazione mondiale. I demografi stimano che questa quota possa superare i 5 miliardi nel 2030. I centri urbani sono anche i luoghi in cui si concentra la maggior parte delle attività economiche e dunque della maggior parte delle emissioni di gas-serra (circa l’80% dei 50 miliardi di tonnellate equivalenti di anidride carbonica). Nell’ultimo decennio, il «metabolismo urbano» e l’impronta ecologica sono cresciuti a dismisura. Le aree urbane sono anche i luoghi in cui sono più alti i rischi connessi ai cambiamenti climatici e ai disastri naturali.

L’ultimo rapporto dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPVV) riconosce ai governi locali una funzione sempre più importante nelle strategie di lotta ai cambiamenti climatici, sia per gli aspetti della mitigazione sia (e soprattutto) dell’adattamento.

Dagli anni Novanta in poi l’affermazione delle forze extra-governative, delle organizzazioni non-governative e delle organizzazioni transnazionali non-statali nel contesto della governance delle questioni ambientali globali e in particolare di quella climatica ha offuscato il ruolo dello Stato e stemperato la capacità delle amministrazioni locali, producendo quella che alcuni analisti hanno definito una «crisi di ridondanza». Viceversa, negli ultimissimi anni si sta affermando una «urbanizzazione» del processo politico ambientale globale per via di una serie multipla di fattori. Le amministrazioni locali si trovano ora ad avere in mano gli strumenti necessari alla gestione delle emergenze per affrontare  le questioni ambientali globali, inclusi i cambiamenti climatici.

I governi locali possono contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici nei settori dell’edilizia e delle opere pubbliche, intervenendo sull’efficienza di edifici, elettrodomestici e reti di distribuzione, sostenendo le fonti energetiche rinnovabili o a basso tenore di carbonio, agendo sulla crescita della consapevolezza e sui comportamenti dei cittadini. Altri ambiti di intervento sono il sistema dei trasporti (per esempio attraverso il trasporto modale) e la riconversione urbana (attraverso la pianificazioni polifunzionale che accorci i tragitti, promuova gli spostamenti a piedi e in bicicletta e il riuso di edifici esistenti, il ripristino di aree ed edifici abbandonati).

Un’area di particolare attenzione deve essere la periferia urbana, specialmente per via dell’elevata densità abitativa, dell’uso polivalente (e misto) del territorio, la connettività e l’accessibilità. Altre misure di mitigazione includono la regolamentazioni sull’uso del territorio (controllo urbano) e l’adozione di tecnologie innovative e materiali di eco-design.

L’adattamento urbano offre opportunità per l’orientamento verso la resilienza e lo sviluppo sostenibile  tramite la gestione del multi-livello urbano, l’armonizzazione delle politiche, gli incentivi, il rafforzamento del governo locale, la capacità di adattamento della comunità, le sinergie con il settore privato, finanziamenti adeguati e appropriate scelte istituzionali.

Esiste una pluralità di approcci e riconducibili a due categorie di approccio, top-down e bottom-up, pur tuttavia l’adattamento richiede la combinazione di entrambe. I governi locali possono svolgere un ruolo centrale nell’affrontare le sfide della pianificazione in funzione dell’adattamento  attraverso una stretta collaborazione con il pubblico, i gruppi a basso reddito, le istituzioni e i settori privati.

Contrariamente alle città più forti, le realtà urbane più piccole, con strutture frammentate o una scarsa capacità di governo, hanno capacità più deboli di procurarsi fondi da destinare all’adattamento. Di conseguenza esse hanno la possibilità di utilizzare entrate locali (tasse, oneri, ecc.), politiche di sensibilizzazione, partnership pubblico- privato, appalti e concessioni, sovvenzioni e agevolazioni finanziarie, come ad esempio un fondo di adattamento e programmi comunitari di ricerca e sviluppo. Una possibilità è quella di adattare il patrimonio edilizio esistente mediante accordi con gli enti pubblici, privati, e con il supporto delle organizzazioni sociali.

In risposta all’aumento delle temperature, le città possono sviluppare strategie che tra cui aree a verde, corridoi di vento, tetti ricoperti di vegetazione. Ciò implica una migliore progettazione finalizzata alla mitigazione delle temperature elevate delle infrastrutture utilizzate da categorie sensibili come le scuole, gli ospedali, le cliniche per anziani.

La tipologia degli strumenti a disposizione va dai piani di gestione integrata, ai piani territoriali d’area vasta, ai piani urbanistici con norme per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, alle Valutazioni Ambientali Strategiche, al Regolamento Urbanistico, ai piani di mobilità, agli accordi volontari di partnership pubblico-privato per favorire il passaggio a una economia locale a ridotto impiego di combustibili fossili, e ad altri strumenti con quello principe che è il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile.

A questo deve aggiungersi necessariamente un processo di educazione dei cittadini rispetto ai cambiamenti climatici che li coinvolga il più possibile nel processo decisionale, anche attraverso la promozione di progetti di citizen science.

La scienza dell’adattamento è ancora nelle prime fasi di sviluppo e oggettivamente esistono dei gap scientifici che vanno riempiti. I decisori politici necessitano di soluzioni adeguate, compatibili con le risorse finanziarie disponibili e con le tradizioni, accettate dalle comunità anche in considerazione dei maggior costi che comporterebbe l’inazione. La comunità scientifica deve aumentare la sua capacità di sostenere i decisori politici nell’identificazione prima delle vulnerabilità e dei rischi, poi degli strumenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici e alla riduzione dei rischi legati ai disastri naturali.

La versione estesa dell’articolo (pdf)

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