Legislatore schizofrenico e salvaguardia degli investimenti

Il passaggio tra i diversi conti energia non ha previsto chiari regimi transitori, tranne poche eccezioni. Tutto ciò ha messo a repentaglio gli investimenti di diversi operatori, soprattutto per i 'grandi impianti' già entrati in esercizio nel 2011. Con l’Avv. Germana Cassar parliamo di principi violati e ricorsi in atto.

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Nel decreto legislativo 28/2011, che recepiva la direttiva europea sulle fonti rinnovabili, tra i principi generali alla base del sostegno al settore, all’art.23, comma 2, si spiega che in ambito di riordino e potenziamento dei sistemi di incentivazione è da considerarsi “la gradualità di interventi a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalità degli obiettivi”. Ora sappiamo che, con qualche eccezione, quasi tutti i decreti sui meccanismi incentivanti a partire dal terzo conto energia fotovoltaico (ma anche quello sulle rinnovabili elettriche), hanno trascurato questo aspetto: regimi transitori brevissimi e quindi pochissimo tempo per completare gli investimenti avviati. È soprattutto il caso del passaggio tra il IV e il V conto energia che ha portato gli operatori a fare diversi ricorsi, e altri ve ne saranno nei prossimi mesi, per far valere un principio, per alcuni inviolabile. Ne parliamo con l’Avvocato Germana Cassar dello Studio Legale Macchi di Cellere Gangemi.

Avvocato Cassar, alla luce della vostra esperienza, il presunto mancato rispetto di una clausola di salvaguardia degli investimenti effettuati per i grandi impianti del IV conto energia cosa potrebbe comportare dal punto di vista legale?

Va detto che è mancata una regolamentazione relativa ai grandi impianti che non sono entrati in graduatoria, cioè in posizione utile nel registro “grandi impianti” e che pure avevano un termine ultimo per entrare in esercizio, stabilito inizialmente dall’articolo 10 comma 6 del decreto legislativo 28/2011, e poi modificato con la legge di conversione del Dl 1/2012. Ricordo che il Governo con il decreto legge aveva abrogato questa norma di salvaguardia che poi ha restituito con la legge di conversione. C’erano quindi termini ben precisi per entrare in esercizio per questa tipologia di impianti FV, altrimenti non avrebbero ottenuto alcuna tariffa incentivante. In sostanza da un lato a livello legislativo si è incentivata l’entrata in esercizio di una certa tipologia di impianti, cioè quelli con moduli collocati a terra in area agricola entro e non oltre un certo termine; dall’altro lato però non li si fa accedere al meccanismo incentivante che gli spettava alla data di entrata in esercizio. Questo è in violazione persino di una norma del quarto conto energia.

Se gli va bene, avranno diritto a tariffe fortemente ridotte…

Infatti è così. Sebbene ci sia il primo registro che li ammette a partecipare a questa graduatoria, si è andati a toccare con una riduzione rilevante – del 40% e oltre – la tariffa incentivante spettante a questa tipologia di impianti. Questi impianti, entrati in esercizio tra febbraio e maggio del 2011, si ritrovano ad avere una tariffa incentivante attualizzata a fine 2012, quindi con una decurtazione importante del 40-47%. Questa cosa è gravissima, perché va a minare la fiducia dell’investitore. C’era una norma chiarissima che diceva che era riconosciuta la tariffa spettante al momento dell’entrata in esercizio dell’impianto. Il GSE nelle regole applicative del IV CE aveva previsto che questa tariffa venisse comunque percepita nel 2013 e non nel 2012. Nulla quaestio, visto che non si può contestare il fatto che si debba comunque rientrare in un limite di costo. Ma quello che non va bene è che si vada a toccare il quantum della tariffa. Questo non si può fare, perché così si vanno a violare principi che sono normati.

Dal vostro osservatorio potete valutare quale sia a oggi la quantità dei ricorsi?

Fortunatamente pochi, perché la maggior parte degli imprenditori ha deciso di cestinare questa tipologia di impianti. Nel momento in cui si è trovata di fronte a dovere procedere con l’investimento, acquistando i moduli e i componenti, oppure cestinare l’Autorizzazione unica ottenuta, ha scelto la seconda opzione. Ovviamente chiedendo i danni. Ci sono in corso comunque molti ricorsi contro il Governo e i decreti ministeriali.

Con quale margine di successo?

Ritengo molto basso, perché chiaramente i principi di affidamento, della certezza del diritto e della salvaguardia degli investimenti effettuati hanno confini, per alcuni versi, discutibili. Nel momento in cui un operatore ha in mano un’autorizzazione dobbiamo ritenere che abbia già effettuato l’investimento? Qualcuno potrebbe dire di sì, altri di no. Per questo non possiamo dire se saranno accolti.

I passaggi tra i diversi conti energia in genere non prevedono regimi transitori, tranne che nel caso del pessimo decreto ‘Salva Alcoa’ per il secondo conto energia. Forse perché c’erano impianti e interessi di qualcuno da tutelare?

In affetti non ci sono. Ma, come dice lei, nel caso del ‘Salva Alcoa’ il principio della salvaguardia degli investimenti effettuati c’è stato. Mi chiedo, come mai lì sì? Se qualcuno ritiene che la norma prevista dal Salva Alcoa sia errata o meglio incostituzionale, doveva avere il coraggio di ritirarla e non andare poi a danneggiare i successivi beneficiari degli incentivi.

C’è chi ventila addirittura la retroattività degli incentivi.

Peggio di così penso sia impossibile. Vorrei escluderlo. Comunque per questi impianti che non sono stati regolamentati e quindi hanno dovuto subire questa forte decurtazione delle tariffe, e speriamo che entrino almeno nel primo registro del V CE, ci saranno dei ricorsi. Personalmente ho avuto dei mandati, anche se, come detto, non sono tantissimi, visto che ci sono state molto rinunce a questi impianti. Direi tuttavia che in questo ambito è meglio che non ce ne siano tanti, perché con molto più denaro in gioco qualcuno potrebbe anche cercare un escamotage per evitare di far accogliere tali ricorsi. Anche se, a mio parere, la ragione resta dallo loro parte.

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