Nucleare, alla fine ecco l’incentivo pubblico

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Il Governo britannico presenta la riforma del sistema elettrico, nata per attirare investimenti in nuova potenza. Contrariamente a quanto promesso, il nucleare sarà incentivato con soldi pubblici. Tra le novità anche il capacity payment e un prezzo minimo per la CO2. No a nuove centrali a carbone senza cattura di CO2.

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Avevano assicurato che le nuove centrali nucleari si sarebbero fatte esclusivamente con il denaro dei privati. Poi diverse volte hanno allungato la mano, l’ultima in sede europea, per chiedere che si potesse supportare l’atomo con soldi pubblici, salvo smentire di averlo fatto. Ora finalmente la Gran Bretagna mette le carte in tavola: il nucleare sarà incentivato, al pari delle fonti rinnovabili.

È questo uno dei punti salienti della riforma del mercato elettrico presentata dal Governo britannico (vedi qui). Una riforma che a una prima lettura sembra fare un grosso regalo all’atomo e al gas, mentre versosimilmente penalizzerà le rinnovabili e impedirà di costruire centrali a carbone senza cattura della CO2.

Secondo lo schema delineato, infatti, i produttori di energia “low-carbon” – tra cui, oltre alle rinnovabili, si include anche il nucleare – si vedranno pagare per l’energia venduta tariffe fisse più alte rispetto a quelle di mercato. Sono i cosiddetti “Contracts for Difference” che permetteranno a queste forme di generazione di stipulare una sorta di contratti incentivati di fornitura di energia sul lungo termine.

Uno strumento che in realtà è ancora da definire nei dettagli. Per ora quel che si capisce è che certamente favorirà il nucleare, mentre preoccupa il mondo delle rinnovabili, che teme la sostituzione dei meccanismi incentivanti attuali con il nuovo complesso meccanismo in grado di penalizzare gli operatori più piccoli.

Altre novità importanti. Come la riforma che stabilisce che si porrà un prezzo minimo per la CO2 e che ci sarà un “Capacity Market”: ossia gli impianti verranno retribuiti non solo per la produzione, ma anche per la potenza installata e, dunque, per il contributo che possono dare alla stabilità del sistema elettrico. Infine, si pone uno standard sulle emissioni dei nuovi impianti che di fatto esclude la possibilità di realizzare nuove centrali a carbone senza cattura della CO2.

Insomma, gas e nucleare sembrano le due fonti che escono meglio dalla riforma. D’altra parte senza un aiuto di Stato sembrava molto improbabile che nel Paese si realizzassero nuove centrali nucleari e il senso esplicito di questa riforma è appunto quello di far sì che si investa in nuova potenza. Nei prossimi 10 anni circa un quinto del parco elettrico britannico infatti dovrà essere pensionato e secondo il Governo per rimpiazzarlo servirebbero investimenti per 110 miliardi di sterline da qui al 2020. Investimenti che non stanno arrivando: da qui gli aiuti in questione, come l’incentivo all’atomo e il capacity payment.

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