Perché con il nucleare la bolletta sarà più cara

Oggi in Italia manca un'analisi trasparente dei costi dell'elettricità prodotta con nuove centrali nucleari. Secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile l'energia elettrica da nucleare già oggi costa in media il 16% in più di quella prodotta da centrali a gas e il 21% in più di quella da centrali a carbone. Un dato che è ancora più valido per l'Italia dove bisognerà partire da zero.

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L’elettricità prodotta da centrali nucleari costa il 16% in più di quella prodotta da centrali a gas e il 21% in più di quella da centrali a carbone. E’ questo il contenuto di una nota (pdf) della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presieduta da Edo Ronchi, che sulla base di diversi studi internazionali di recente pubblicazione fa un confronto dei costi dell’elettricità prodotta da nuove centrali nucleari con quella prodotta da nuove centrali a gas e a carbone. Risulterebbe che il costo dell’elettricità da centrali nucleari è in media di 72,8 € per MWh, più elevato rispetto ai 61 €/MWh delle centrali a gas (16%) e ai 57,5 €/MWh delle centrali a carbone (21%).

Il confronto si basa sull’analisi di 8 studi pubblicati fra il 2008 e il 2010 ( a cura dell’Agenzia Nucleare dell’Ocse, Ufficio del Budget del Congresso USA, Dipartimento dell’Energia Usa, Massachusetts Institute of Technology, Commissione Europea, Camera dei Lords, Electric Power Research Institute e Moody’s) e tutti portano ad una simile conclusione: l’elettricità da nucleare sarà più cara di quella prodotta con nuove centrali a gas o a carbone.

La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile intende così sottolineare che questi argomenti dovrebbero essere tenuti in alta considerazione soprattutto per il caso Italia, dove il nucleare sarebbe ancora più caro rispetto ai Paesi in cui esiste da tempo. Da noi, infatti, si deve ripartire da zero, importare reattori che non produciamo, tener conto delle caratteristiche del nostro territorio, affrontare le forti opposizioni locali, considerare i tempi prevedibilmente più lunghi di realizzazione delle centrali.

Per l’associazione di Ronchi il programma nucleare italiano, inoltre, con i 13.000 MW di nuove centrali da realizzare entro il 2030, per una produzione di circa 100 TWh non potrà essere aggiunto al parco elettrico senza gravi ripercussioni sul costo del suo chilowattora, perché esiste già un piano di sviluppo delle fonti rinnovabili con obiettivi vincolanti al 2020 (circa 100 TWh da fonti pulite) e progetti in costruzione o in fase avanzata di autorizzazione per nuove centrali a gas per almeno altri 10.000 MW sempre entro il 2020, il tutto in un quadro di crescita moderata dei consumi elettrici a causa della crisi economica e delle inevitabili politiche di risparmio e di efficienza energetica.
Pertanto, si afferma, i costi del nucleare cresceranno ancora di più se l’elettricità nucleare sarà eccedente rispetto al fabbisogno.

L’associazione spiega nella sua nota che anche dopo il 2020 sarà prioritario e meno costoso puntare sul risparmio e sull’efficienza energetica e che fin dal prossimo decennio molte fonti rinnovabili potrebbero essere meno costose del nucleare.

Sempre sul fronte delle critiche al nucleare una notizia ci porta però oltre i nostri confini. In questi giorni i volontari di Greenpeace, inclusi quelli italiani, hanno manifestato in diversi paesi per chiedere al gruppo bancario BNP Paribas (in Italia il gruppo controlla BNL) di fermare i suoi investimenti nell’atomo e, in particolare, il finanziamento della centrale nucleare di Angra3 in Brasile, considerata obsoleta e pericolosa (Qualenergia.it, Chi finanzia il nucleare?). Il Gruppo bancario francese, infatti, oltre ad essere il principale finanziatore di progetti nel settore nucleare a livello mondiale, sta decidendo di finanziare, assieme ad altre banche francesi, la costruzione del controverso reattore Angra3, situato a soli 150 km da Rio de Janeiro, per un valore complessivo 1,1 miliardi di euro.

Secondo molti osservatori “Angra 3” usa tecnologie così vecchie, addirittura precedenti al disastro nucleare di Cernobyl del 1986, che non potrebbe essere costruito in Europa perché non a norma. La costruzione di Angra 3 è iniziata nel 1984 per fermarsi poi nel 1986 dopo il disastro di Cernobyl, quando le banche rinunciarono al suo finanziamento. Circa il 70% della tecnologia presente sul sito risale a quella data e chiaramente non risponde ai criteri di sicurezza attuali.
Ogni tentativo di adattare l’impianto di Angra3 ai criteri di sicurezza attuali non solo sarebbe molto costoso ma non darebbe neanche la certezza di raggiungere l’obiettivo. Ad oggi nessuna analisi dei rischi è stata condotta dai proprietari dell’impianto ed esiste una sola strada di collegamento peraltro soggetta frequentemente a frane.

La campagna di Greenpeace è partita in Europa il 16 ottobre scorso. I volontari in hanno attaccato adesivi davanti alle filiali del gruppo BNP con un messaggio per i clienti della banca: “sapete cosa fa la vostra banca con il vostro denaro?”.

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