L’Italia dei Comuni rinnovabili

CATEGORIE:

Legambiente presenta l'annuale rapporto sulle energie rinnovabili nei Comuni italiani. L'86% ha almeno un impianto a rinnovabili, 825 producono da fonti pulite più elettricità di quanta ne consumano. Dati incoraggianti nonostante ostacoli come una normativa disomogenea e disincentivante e la mancanza di una strategia governativa decisa verso l'obiettivo Ue 2020.

ADV
image_pdfimage_print
“Finalmente un rapporto ottimista”, ha commentato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezzapresentandolo questa mattina. I dati di “Comuni Rinnovabili 2010” – il report annuale redatto dall’associazione ambientalista in collaborazione con GSE e Sorgenia (vedi allegato) – sono infatti confortanti: le rinnovabili si stanno diffondendo sul territorio a pieno ritmo. E questo nonostante gli ostacoli che continuano a incontrare: dall’inadeguatezza della rete a una normativa disomogenea e spesso frenante.

Nel 2000 erano poche centinaia i comuni che ospitavano impianti a fonti pulite. Nel 2008 già 3.190, ora sono piu del doppio: 6.993 cioè l’86% del totale. La fonte più diffusa il fotovoltaico: presente in 6801 comuni , seguono nell’ordine mini-idroelettrico (799), biomasse (788), eolico (297), eolico (297) e gotermia (181). Ma la cosa più significativa è che tra i comuni italiani sono diverse centinaia quelli che producono con le rinnovabili più energia di quanta ne consumino: 825 grazie a una sola fonte rinnovabile producono più energia elettrica di quanta gliene serve. Ventiquattro, invece, grazie a impianti di teleriscaldamento collegati a impianti da biomasse o da geotermia, superano il proprio fabbisogno termico. E 15 sono “rinnovabili al 100%” cioè soddisfano con fonti pulite i fabbisogni sia elettrici che termici dei residenti.

È il caso del Comune vincitore assoluto della classifica di Legambiente, Sluderno (Schluderns), in Val Venosta: 1800 abitanti e 960 mq di pannelli solari termici, 512 kW fotovoltaico, 4 micro impianti idroelettrici per un totale di 232 kW, una turbina eolica da 1,2 MW (realizzata in “comproprietà” con 3 Comuni vicini) e, per riscaldare le case, impianti cogenerativi a biomasse o biogas locale, con una potenza complessiva di 6.200 kW termici.

Diverse le esperienze virtuose e i dati incoraggianti che si trovano sfogliando “Comuni Rinnovabili 2010”: molte realtà locali sono assolutamente pronte per la sfida dell’obiettivo 2020. Ma alla determinazione degli enti locali nelle politiche verdi non sembra corrisponderne altrettanta a livello centrale: sulla scadenza del prossimo giugno, quando l’Italia dovrà comunicare all’UE il piano nazionale per rientrare nell’obiettivo al 2020 del 17% di rinnovabili, ad esempio, denuncia Cogliati Dezza, da parte governativa c’è “un assordante silenzio”.

Ed è significativo che la direttrice generale per l’energia del ministero per lo Sviluppo Economico, Sara Romano, alla tavola rotonda seguita alla presentazione del report non abbia trovato di meglio che mettere le mani avanti spiegando che “non ci sarà niente di male se per raggiungere l’obiettivo del 2020 si importerà energia pulita dai paesi vicini”. Eppure, ha obiettato il senatore Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club proprio dai dati presentati stamattina si vede come si sia raggiunta una percentuale intorno al 10% di energia prodotta da rinnovabili sui consumi finali e dunque quel 17% al 2020 fissato dall’unione europea non sia affatto irraggiungibile”.

Nella tavola rotonda si è poi parlato anche dei molti ostacoli che le rinnovabili trovano sulla strada verso l’obiettivo europeo. Nel suo intervento Gerardo Montanino, responsabile direttivo del GSE, ha fatto notare come l’Italia sia “il paese con meno installazioni in rapporto alla generosità degli incentivi”: cioè, nonostante sia il posto in cui è più redditizio farlo, si installano meno impianti a fonti rinnovabili che altrove. I motivi sono quelli noti: una normativa disomogenea e spesso frenante e una rete inadeguata alle nuove fonti. E la necessità di una normativa unificata  e più semplice  è stata fatta presente anche negli interventi di Massimo Orlandi, ad di Sorgenia e di Simone Togni, dell’Anev.

Quel che c’è da fare per liberare il potenziale delle rinnovabili d’altra parte lo si legge nei dettagli anche nella conclusione del rapporto di Legambiente. “Bisogna far diventare un atto libero e gratuito realizzare un impianto domestico da fonti rinnovabili ed emanare le Linee Guida per l’approvazione dei progetti come previsto dal DL 387/2003, soprattutto per fare chiarezza rispetto all’inserimento degli impianti nel paesaggio. Va inoltre definito uno scenario certo, di progressiva riduzione per gli incentivi alle fonti rinnovabili con un orizzonte da fissare al 2020. Bisogna poi investire sulla rete energetica per adeguarla a una generazione sempre più efficiente e distribuita. Ed è necessario spingere con convinzione l’innovazione energetica degli edifici, con prestazioni minime obbligatorie di efficienza e di uso delle rinnovabili oltre a sostenere una politica per riqualificare e migliorare le prestazioni energetiche del parco immobiliare esistente.”

GM

23 marzo 2010

ADV
×