Via dal carbone con il solare in Sardegna e nei paesi Ue: è fattibile?

Uno studio del Joint Research Centre della Commissione europea ha identificato il potenziale tecnico del fotovoltaico nelle regioni carbonifere europee: centinaia di GW che potrebbero sostenere la transizione energetica.

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Altro che gas! Si può rimpiazzare il carbone con centinaia di GW di nuovi impianti fotovoltaici, se abbinati a storage.

Secondo un recente studio del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, Solar Photovoltaic Electricity Generation: A Lifeline for the European Coal Regions in Transition (allegato in basso), per eliminare il combustibile fossile più inquinante si può investire massicciamente sul solare, facilitando così la transizione energetica delle regioni carbonifere verso le fonti rinnovabili.

Sono solo calcoli teorici, ma aiutano a capire meglio il dibattito in corso, in Italia e in altri paesi europei, tra cui soprattutto la Germania, su come uscire dal carbone conservando la piena “adeguatezza” del sistema elettrico, in termini di potenza installata e capacità di rispondere alle esigenze della rete (copertura dei picchi di consumo, bilanciamento della domanda e così via).

Lo studio ha indagato il potenziale fotovoltaico nelle “Coal Regions in Transition” (CRiT), territori in dodici Stati membri Ue che intendono sviluppare progetti per trasformare le loro economie basate essenzialmente sulle attività minerarie e sulla produzione di elettricità con carbone/lignite.

E nella lista delle regioni in transizione c’è anche l’Italia con la Sardegna per la quale si stima una produzione media annua di energia da fotovoltaico pari a 1.510 kWh per kW installato, uno dei valori più alti tra tutte le aree geografiche incluse nel documento del JRC.

Nel complesso, gli autori della ricerca hanno calcolato che in Sardegna si potrebbero installare 16,3 GW di fotovoltaico nelle zone carbonifere, considerando tre segmenti: impianti a terra sui terreni degradati che circondano le zone in cui si estrae il carbone, impianti a terra nelle ex miniere a cielo aperto, sistemi su tetto.

La prima categoria, quella dei parchi FV sui terreni degradati, vanta il potenziale maggiore: 133 kmq di superficie disponibile, dove realizzare 13 GW di fotovoltaico per una generazione annua stimata di elettricità di quasi 20 TWh.

Mentre i vecchi siti minerari potrebbero essere “coperti” con un centinaio di MW di solare FV (qui la superficie a disposizione è di circa 1 kmq); il potenziale delle installazioni su tetto, invece, ammonta a circa 3 GW per 4,7 TWh/anno di output stimato.

In totale, si legge nello studio, l’intero potenziale tecnico identificato dal JRC nelle varie regioni carbonifere europee in transizione, arriva a ben 730 GW.

Tale capacità installata nel solare potrebbe fornire 874 TWh ogni anno, più di quanto riescano a produrre tutte le centrali a carbone esistenti in Europa, a patto però, precisano gli autori, che il fotovoltaico sia abbinato a una sufficiente capacità di accumulo energetico.

La mappa seguente, tratta dallo studio del JRC, confronta la generazione elettrica delle centrali a carbone nelle regioni considerate dalla ricerca, con il potenziale tecnico del fotovoltaico nelle medesime regioni.

E si vede che il solare andrebbe a vincere quasi sempre, in particolar modo in Spagna e Sardegna.

Sviluppare così tanto fotovoltaico sarebbe “rivoluzionario” per l’Europa, perché si parla di sestuplicare la capacità cumulativa FV esistente alla fine del 2018 (117 GW).

Tuttavia, la ricerca non approfondisce il tema degli accumuli: quante batterie dovrebbero essere installate per mantenere in equilibrio il sistema elettrico? Quali altre tecnologie dovrebbero accompagnare il solare per garantire la sicurezza delle forniture energetiche? E quanto costerebbe il nuovo mix di generazione?

Nel documento si legge poi che quasi metà della potenza FV da realizzare nelle regioni carbonifere, potrebbe generare elettricità a un costo inferiore rispetto agli attuali prezzi di vendita sul mercato retail.

E tra i vantaggi economici del solare al posto del carbone si citano infine alcuni numeri sull’occupazione: ad esempio, 135.000 nuovi posti di lavoro ogni anno per costruire le centinaia di GW previsti dal JRC, più gli occupati per le successive attività di assistenza/manutenzione.

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