L’idea di rimpiazzare le centrali a carbone con il gas torna a far discutere la scena politica italiana, dopo le recenti prese di posizione delle associazioni ambientaliste – Greenpeace, Legambiente, WWF – che in una lettera inviata al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, hanno evidenziato il rischio di una “proliferazione” di nuovi impianti a fonti fossili.
Protagonista delle critiche ai progetti nel gas è il Movimento 5 Stelle, con un’interrogazione presentata in questi giorni in Senato.
Nel testo si parla dei progetti di Enel e A2A per le riconversioni delle centrali a carbone di Brindisi, che andranno chiuse nei prossimi anni.
E in una regione, la Puglia, che oggi esporta il 50% della sua produzione elettrica, “è incredibile che si propongano impianti termoelettrici alimentati a metano mentre nel contempo in Italia si chiudono 11.000 MW con alimentazione similare”, scrivono i senatori Romano, Mininno, Turco, Ortis e Donno nell’interrogazione (neretti nostri in tutte le citazioni).
Così gli onorevoli M5S chiedono ai ministri competenti – Sergio Costa per l’Ambiente e Luigi Di Maio per lo Sviluppo economico – se ritengano necessario smantellare le unità dismesse nel 2012 della centrale A2A di Brindisi nord “con la conseguente bonifica di tutte le matrici ambientali, ivi incluse le acque di falde”.
Mentre per l’impianto Enel di Brindisi sud, gli stessi senatori chiedono ai due ministri “se ritengano necessario intervenire in ordine a quella che viene impropriamente definita soluzione transitoria, atteso che il turbogas perpetuerebbe la combustione di fossili e il conseguente inquinamento fino al 2040-2045”.
Le alternative da considerare, si legge nell’interrogazione, sarebbero date non solo dalla bonifica/riqualificazione del territorio di cui Enel dovrebbe farsi carico, ma anche negli investimenti per le fonti rinnovabili e il “solare diffuso”.
Enel, ricordiamo, è pronta a realizzare complessivamente più di 3 GW di unità a gas in Italia per sostituire in parte il carbone da dismettere entro il 2025 (vedi qui).
Poi nel mirino dei Cinque Stelle è finito anche il progetto Enel Futur-E per Termini Imerese, che prevede di riconvertire una parte della centrale termoelettrica in un polo industriale dei biocarburanti attraverso un accordo con Cancascì Petroli.
In un’interrogazione al Senato, Loredana Russo (M5S) ha chiesto di sapere “quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di prevenire i danni di carattere ambientale connessi alla cessione di Enel del parco serbatoi e del pontile della centrale ‘Ettore Majorana’ di Termini Imerese alla Cancascì Petroli, garantendo il diritto a un ambiente salubre alle popolazioni di Termini Imerese e dell’intero comprensorio, e affinché sia verificata la legittimità della cessione stessa”.
Nella sua risposta, il sottosegretario al ministero dei Trasporti, Michele Dell’Orco, ha dichiarato infine che “tutti gli aspetti amministrativi, anche di natura urbanistica e ambientale, potranno avere adeguata valutazione nell’ambito del procedimento amministrativo di competenza della Regione Siciliana, che sarà attivato quando il progetto di riconversione della limitata area del sito sarà formalmente presentato”.
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