Venti di guerra per una piccola bolla di gas nel Mediterraneo orientale

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Tensioni fra Cipro e Turchia per piccoli giacimenti di gas naturale che esisterebbero in questo tratto di mare. Un'altra crisi a causa delle fonti enegretiche fossili?

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Volete essere trasportati magicamente in un mondo parallelo? Provate semplicemente a leggere qualche resoconto sulle mirabolanti scoperte di gas nell’est del Mediterraneo, e i relativi venti di guerra che si stanno alzando fra Grecia, Cipro e Turchia.

In quel luogo “fantastico”, articolisti entusiasti, con le pupille a forma di dollaro, vi illustreranno le mirabolanti scoperte di enormi riserve di gas naturale dai nomi esotici, nelle acque di questa o quella nazione, parlandone come se fosse già pronto ad arrivare nelle nostre caldaie.

E non troverete nessuna menzione di quel problemuccio del cambiamento climatico, né di noiosi trattati come quello di Parigi (firmato nel 2015 da tutte le nazioni), che imporrebbe di lasciare nel sottosuolo tutte quelle risorse per non sforare i livelli di emissioni di CO2 promessi: nel magico mondo della bolla del gas mediterraneo siamo ancora agli anni ’60, quando gli idrocarburi erano una manna, non una minaccia, anche se potevano scatenare guerre, allora come adesso.

Allora facciamo un rapido excursus sui conflitti in corso nel mondo per cause energetiche (e caliamo un velo su quelli passati…).

In Mali la Francia costruisce fortezze a difesa dei giacimenti di uranio dai fondamentalisti islamici; in Siria gli ultimi soldati americani presidiano i (pochi) pozzi di petrolio locali, i ribelli yemeniti Hutu filo siriani attaccano le raffinerie saudite; gli iraniani minacciano di chiudere lo stretto di Hormuz dove passano le petroliere, i Russi pretendono i fondali artici per estrarne gas e petrolio; Cina e Giappone sono ai ferri corti per delle isolette situate sopra a riserve di idrocarburi, l’Isis cerca di estendersi nel nord del Mozambico dove sono state scoperti giacimenti di gas; in Libia ci si scanna per controllare oleodotti e pozzi (a proposito, ma qui l’Eni a chi paga le royalties per lavorare tranquillo?); in Venezuela l’enorme ricchezza petrolifera ha finito per rendere il paese un paria politico e un disastro economico.

E si potrebbe continuare: gli idrocarburi non sono solo la maggiore fonte di energia al mondo, ma anche la più importante fonte di discordia globale.

Ora, alla già lunga lista dei conflitti per idrocarburi e uranio si aggiungono quelli, particolarmente grotteschi nel Mediterraneo, per dimensioni e per essere ormai “fuori tempo massimo”.

Di cosa si tratta? Dei presunti giacimenti di gas naturale che esisterebbero nel tratto di mare fra Cipro e Turchia.

Cipro è divisa a metà da 60 anni, con la parte nord, la cui indipendenza è riconosciuta solo dalla Turchia; questa ha assegnato licenze di ricerca per idrocarburi in aree di mare che la Repubblica di Cipro, quella nella UE, considera invece sotto la sua sovranità.

In queste zone la Turchia si è messa a flettere i muscoli, scacciando le navi di esplorazione che non gradisce e facendo scortare le sue con la propria flotta.

Scontri, minacce, denunce, ripicche e atti vari di bullismo, si ripetono in quelle zone da anni; quest’estate si è arrivati quasi allo scontro armato fra navi turche, francesi e greche; da notare, tutti paesi, che sarebbero alleati nella Nato.

Ma qual è il favoloso tesoro per cui si accapigliano?

La speranza è fare il bis, anzi il tris, di quanto scoperto al largo di Israele ed Egitto. Nel primo caso i 620 miliardi di metri cubi di gas individuati nel 1999 nel giacimento Leviathan; nel secondo caso gli 850 miliardi individuati nel 2016 dall’Eni nel giacimento Zohr, e già in via di sfruttamento.

Per adesso non si sa quanto possa essere il gas intorno a Cipro, ma il primo giacimento individuato nel 2011, Aphrodite, da 200 miliardi di mc di metano, non è ancora stato sviluppato, anche perché non si sa bene come portare via da lì il gas (vedi mappa).

Quanto metano! verrebbe da dire. Me se si vedono i numeri in prospettiva ci si rende conto che sono briciole: per esempio, la sola Europa consuma in un anno 550 miliardi di mc di gas; in pratica in un paio di anni si fumerebbe tutti questi giacimenti; oer fare un confronto, il piccolo Qatar, da solo, ha 24.000 miliardi di metri cubi di riserve di metano.

Persino la stessa Turchia si è vantata di aver scoperto nel Mar Nero riserve superiori a tutte quelle del Mediterraneo orientale sommate insieme. In effetti si stima che i fondali fra Turchia ed Egitto al massimo dovrebbe contenere solo il 2% circa delle riserve mondiali di gas, gran parte delle quali ancora da scoprire e sviluppare.

E considerato che oggi il metano costa circa 3 dollari ogni 25 mc, si scopre che quelle riserve valgono in tutto qualche decina di miliardi di euro, a cui sottrarre, i certo non bassi, costi di sviluppo, produzione e trasporto: solo per far arrivare il gas dei giacimenti israeliani ed egiziani in Europa, si sta progettando il gasdotto Estmed, 1.900 km di tubi posti sui profondissimi fondali dell’area (fino a 3 km), al costo di 6 mld di euro, che dovrebbe, molto ottimisticamente, entrare in funzione nel 2025. E sembrerebbe che anche questo tubo potrebbe finire in Puglia! Una sorta di Tap bis….

Scampoli di idrocarburi, che non giustificano né i toni enfatici che accompagnano queste scoperte (magari importanti per Israele o Egitto, ma non certo decisive per le sorti del mondo), né i toni bellicosi dei turchi, che sembrano disposti a una nuova battaglia di Lepanto pur di accaparrarsi questi giacimenti virtuali, nonostante dicano di averne di molto migliori nell’altro loro mare.

Il tutto poi diventa paradossale, come si diceva all’inizio, da ciò che sta avvenendo nel resto del mondo dell’energia: secondo i piani europei al 2050 il nostro continente dovrebbe aver chiuso con i combustibili fossili; è già nei prossimi anni, si farà di tutto per ridurre sia i consumi di carbone che quelli di metano, arrivando al 2030 già a circa un -55% di emissioni rispetto al 1990, ottenuto sostituendo il gas naturale con sempre più idrogeno prodotto con le fonti rinnovabili.

Il metano di cui avremo bisogno, in misura sempre minore, potrà benissimo continuare a fluire dai tanti gasdotti e terminali di rigassificazione già esistenti, e in gran parte sottoutilizzati, che permettono di differenziare i fornitori.

Che ce ne dovremmo quindi fare noi europei di quel po’ di gas in più? Tanto più se per averlo bisogna ogni volta rischiare una stupida guerra con i nuovi autocrati che, probabilmente, usano il loro “diritto a trivellare dove ci pare”, come pretesto per avere un nemico da sbandierare e così giustificare i propri fallimenti interni.

Le energie solari ed eoliche, in effetti, non piacciono a dittatori, semidittatori e autocrati vari: non sono adatte a distribuire le royalties fra gli amici, a giustificare pose da macho, a illudere le popolazioni con sogni irrealistici di ricchezza e potenza o a giustificare enormi spese militari.

Meglio lasciare sotto la terra o sotto il mare quel gas, per puntare ad una rapida transizione energetica, che non solo ripulirà l’aria, ci salverà (forse) da un disastro climatico e ci permetterà di impattare meno sull’ambiente, ma ci consentirà anche di farla finita una volta per tutte con le stupide e tragiche guerre scatenate per assicurarsi pozzi, giacimenti di gas o petrolio, miniere di uranio, gasdotti e oleodotti.

Le energie rinnovabili sono ovunque e disponibili a tutti. Ed è questo, secondo alcuni, il loro peggiore difetto.

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