Un treno a levitazione magnetica in Italia?

Una società di Treviso, IronLev, si propone di rivoluzionare il settore del trasporto ferroviario utilizzando magneti permanenti ad alta potenza. Le potenzialità e le enormi difficoltà pratiche del progetto.

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I treni a levitazione magnetica, come nella versione Hyperloop, sparati a 1000 kmh in tunnel sottovuoto, sono un argomento ricorrente sui media.

Quando si annuncia un progetto nuovo di questo tipo in un qualche paese esotico, seguono articoli entusiasti con frasi tipo: “rivoluzionario”, “andremo da X a Y in pochi minuti”, “tempo pochi anni e tutti i treni saranno così”.

Poi i riflettori si spengono e ci si ritrova a continuare ad andare da X a Y in qualche ora e sui treni che conosciamo.

Treni e ferrovie sono uno dei sistemi di trasporto più refrattari alle “rivoluzioni”, sia perché la minimizzazione dell’attrito consentita dal sistema ruota-binario in acciaio porta già la loro efficienza vicina al massimo teorico, sia perché non è certo uno scherzo inventarsi qualcosa di altrettanto sicuro per portare un convoglio di migliaia di tonnellate di peso e/o centinaia di vite a bordo, che corre a centinaia di chilometri orari, affrontando scambi e curve.

Il tentativo più concreto di rivoluzionare il settore è stato, appunto, la levitazione magnetica, cioè il far correre il treno sospeso in aria grazie a un campo magnetico.

“In teoria è una grande idea, ma in pratica un mezzo fallimento: dopo decenni che se ne parla nel mondo esistono solo sei esempi di ferrovie a levitazione magnetica, la più lunga delle quali, in Cina, è di appena 30 km”, ci spiega l’ingegnere ferroviario Antonio Musso, de La Sapienza di Roma.

“Progetti più ambiziosi, come la Berlino-Amburgo o la Pechino-Shangai, sono stati cancellati per l’impossibilità tecnica e finanziaria di creare tratte lunghe con quel tipo di tecnologia”.

Il primo dei problemi dell’attuale levitazione magnetica ferroviaria, per lo più basata su magneti superconduttori mantenuti con elio liquido a temperature bassissime e montati sul treno o fra i binari, sono in effetti i costi stratosferici di costruzione e di consumi energetici, oltre che di mantenimento, non ripagabili dal brivido di percorrere lunghe distante a 500 kmh.

Il secondo problema è più terra-terra: come si fa a far affrontare curve a un oggetto pesante centinaia di tonnellate e sospeso in aria, senza che voli via di lato? E come si fa a fargli affrontare degli scambi che sono pensati appunto per funzionare con ruote saldamente inserite fra i binari?

Risultato di questi due limiti: i pochi progetti esistenti sono delle costose esibizioni di tecnologia, consistenti in brevi tratti rettilinei e senza diramazioni, su cui i convogli vanno solo avanti e indietro come animali in gabbia.

C’è però in Italia una società di Treviso chiamata IronLev, che si propone di nuovo di rivoluzionare il settore, superando la più basica delle invenzioni umane: la ruota.

“Ragionando sui fallimenti dei treni a levitazione magnetica, io e un gruppo di colleghi nel 2017 abbiamo ideato un sistema che usa solo comuni magneti permanenti ad alta potenza”, ci racconta l’ingegner Adriano Girotto, presidente di IronLev.

“Grazie a una loro precisa disposizione all’interno di un pattino a forma di U rovesciata (promo ufficiale, ndr) – spiega Girotto – questi elementi inducono la formazione di un campo magnetico trasversale al binario d’acciaio, che tende a respingerlo, sollevando la ‘U’ da esso. Questo vuol dire che possiamo usare il nostro sistema su comuni guide d’acciaio, eliminando non solo ruote e attrito, ma anche superconduttori, raffreddamento estremo e consumo di energia per il sollevamento”.

Il loro sistema, in effetti, funziona perfettamente, tanto che lo vendono già molto bene per applicazioni in vari campi, come grandi finestre scorrevoli, carrelli e robot industriali o ascensori.

Ma il bersaglio grosso di IronLev è naturalmente l’assalto alla fortezza del trasporto ferroviario.

“Che il sistema possa funzionare anche in quel campo lo abbiamo dimostrato poche settimane fa, facendo correre un carrello ferroviario a levitazione magnetica per qualche chilometro sui binari della Adria-Mestre. Ha toccato i 70 kmh, ma potevano essere molti di più, non avessimo dovuto autolimitare la velocità per la brevità della corsa”

Secondo Girotto questo esperimento dimostra il principale vantaggio della tecnologia: consente di creare materiale rotabile che usa le linee esistenti, tagliando drasticamente le spese dell’implementazione del sistema.

Il carrello dimostrativo, che pesa una tonnellata, aveva due pattini magnetizzati che lo tenevano un centimetro sopra il binario, oltre a un sistema di magneti laterali, che lo mantenevano centrato sul binario. Due motori elettrici, alimentati da una batteria, azionavano ruote orizzontali tenute premute contro il lato interno dei binari, quando il carrello doveva accelerare o frenare.

Il tratto scelto era però assolutamente rettilineo. E ciò ci riporta ai problemi legati a curve e scambi che affliggono gli attuali treni a levitazione magnetica.

“Il problema delle curve non sussiste: i nostri pattini possono essere frazionati in segmenti più corti snodati in senso orizzontale, così da adattarsi alla curva dei binari, grazie al loro sistema di centratura automatica”, afferma l’ingegnere di IronLev.

Meno lineare la risoluzione del problema degli scambi.

“Pensiamo di usare un metodo ispirato ai carrelli della manutenzione ferroviaria. Alcuni di essi sono dotati di ruote di gomma per muoversi in strada per poi, quando devono correre sui binari, fanno scendere da sotto ruote ferroviarie, con cui spostarsi sulle rotaie. Quindi, in futuro il nostro prototipo rallenterà prima di entrare in uno scambio, farà scendere le ruote ferroviarie, tirerà su i pattini, e affronterà il deviatore come un normale treno. Passato questo, riabbasserà i pattini magnetici, alzerà le ruote, e ricomincerà a muoversi sospeso sul binario”, spiega Girotto.

Il tutto sembra un po’ macchinoso, ma staremo a vedere questa evoluzione.

Piuttosto sorge un dubbio più basico: mentre sono chiari i vantaggi di questa soluzione rispetto agli attuali treni a levitazione magnetica, meno ovvi sono quelli che dovrebbero convincere alla “rivoluzione” il normale trasporto ferroviario.

Forse una drastica riduzione dei consumi energetici?

“C’è anche quella, ma è importante solo a bassa velocità: sopra i 100 kmh a rallentare i treni più che l’attrito delle ruote è quello con l’aria. Il vero, enorme, vantaggio per le ferrovie è la drastica riduzione dell’usura di ruote e binari, che, fra manutenzione e sostituzioni, costituisce circa il 30% dei costi di questo settore”, dice l’ingegnere.

Fa notare presidente di IronLev che un calo nel consumo di materiali energivori come l’acciaio costituisce anch’esso, indirettamente, un grande risparmio energetico. Oltre a ciò, c’è poi una forte riduzione del rumore, aspetto importante nelle tratte urbane.

Ma piccoli carrelli a parte, possono dei semplici magneti permanenti, tenere sollevato un vero vagone ferroviario da 20 metri di lunghezza e 40 tonnellate di peso?

“Noi pensiamo di sì, basta considerare che i nostri pattini sollevano tre tonnellate per ogni loro metro. Il tutto a un prezzo che dovrebbe essere più alto di circa il 30%, un’inezia considerato il risparmio che consentiranno”, aggiunge Girotto.

Secondo i piani della sua azienda, entro due anni avranno un carrello-prototipo in grado di affrontare curve e scambi, ed entro cinque anni un primo vero veicolo ferroviario a levitazione magnetica.

“Ovviamente vorremmo continuare a lavorare in Italia, mantenendo qui anche questa parte della nostra attività; del resto, fra i nostri partner ci sono anche le Ferrovie dello Stato. Però, solo per avere il permesso di testare il carrello su quel tratto di binario è servito un anno di attesa. Le cose da noi, insomma, tendono ad andare un po’ troppo per le lunghe, e siamo già stati contattati anche da realtà estere”, afferma.

Quindi, sembra che i treni a levitazione magnetica, partiti con grandi speranze in Germania, Giappone e Cina, ma finiti presto su un binario morto, potrebbero rinascere a nuova vita in Italia?

“Non posso che sperare che sia così, anche perché la soluzione che hanno ideato questi giovani colleghi è ingegnosa – ci dice Antonio Musso – anche se resto scettico sul fatto che da essa possano veramente derivare veri treni, pesanti centinaia di tonnellate e con centinaia di persone a bordo, che devono viaggiare in totale sicurezza”

“Anche la soluzione proposta per gli scambi mi sembra poco pratica. In fondo sul tema ‘levitazione magnetica’, si sono esercitati per decenni grandi centri di ricerca e università, spendendo milioni senza cavare sostanzialmente un ragno dal buco. Forse questa idea funzionerà per casi particolari, come i people mover che collegano su brevi tratte aree a forte afflusso di passeggeri, tipo stazione-aeroporti, ma tendo a dubitare che un giorno viaggeremo fra Milano e Reggio Calabria su treni a levitazione magnetica passiva Made in Italy”, conclude Musso.

Non ci resta che attendere qualche anno e vedremo chi avrà ragione, fra l’ottimismo della volontà dei giovani ingegneri veneti e il pessimismo della ragione degli ingegneri meno giovani e con più esperienza del comparto ferroviario.

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