Tutti i limiti della cattura della CO2 per fare la “rivoluzione verde”

CATEGORIE:

La seconda parte della replica di Gianni Silvestrini ad articolo apparso sul blog de IlSole24 Ore, dove, tra l'altro, si indicava la Cattura Diretta dall’Atmosfera della CO2 come una soluzione più efficiente ed economica delle fonti rinnovabili.

ADV
image_pdfimage_print

Nel precedente articolo (La rivoluzione verde è “un’enorme fake news”? Ecco perché non è così) ci siamo soffermati sulle criticità delle risorse minerali e idriche per lo sviluppo delle energie rinnovabili nel contrasto alla crisi climatica.

Soffermiamoci ora sulla soluzione “alternativa” alle rinnovabili su cui l’articolo del Sole 24 Ore si concentra di più.

Parliamo della Cattura Diretta dall’Atmosfera della CO2 (DAC). In sostanza, si tratta di separare dall’aria l’anidride carbonica, presente in concentrazione pari allo 0,04%, e poi smaltirla in qualche modo.

Tre società, Carbon Engineering, Climeworks e Global Thermostat sono impegnate nella ricerca di nuove soluzioni tecnologiche in questo ambito, ma come vedremo le criticità economiche, energetiche e di materiali necessari non mancano.

Partiamo dalle risorse energetiche e materiali necessarie, che sono proprio l’oggetto dell’articolo pubblicato sul blog del Sole 24 Ore a firma di Enrico Mariutti.

Utilizzando la tecnologia della svizzera Climeworks, all’avanguardia in questo settore, per rimuovere la CO2 annualmente prodotta dai combustibili fossili, 38 miliardi di tonnellate, si dovrebbe utilizzare metà della produzione mondiale di energia elettrica, oltre ad una quantità di energia termica 4 volte superiore.

Inoltre, la superficie per i macchinari di cattura e per le centrali fotovoltaiche necessarie a fornire l’energia necessaria supererebbe i 70.000 kmq (2.350 kmq solo per le tecnologie di cattura).

Vanno poi considerati i materiali dei collettori, ognuno un cubo di due metri di lato del peso di due tonnellate. Ce ne vorrebbero 4,5 milioni per catturare l’1% della CO2 emessa annualmente. Cioè poco meno di un miliardo di tonnellate per assorbire tutta la CO2 emessa.

Non ci soffermiamo sui costi elevatissimi della rimozione della CO2. Secondo Climeworks entro 5 anni si potrebbe passare dagli attuali 600 $/t a 200 $/t. Per scendere sotto questa soglia occorrerebbero nuovi sviluppi tecnologici. La canadese Carbon Engineering sostiene che l’evoluzione della loro tecnologia potrebbe consentire di raggiungere 94 $/t CO2.

Nel blog del Sole si legge inoltre: «Oltretutto, si pretende che la cattura diretta competa con le rinnovabili senza beneficiare di incentivi pubblici, mentre le rinnovabili vengono generosamente sussidiate. Beh, la cosa curiosa è che le stime attuali sui costi della “rivoluzione verde” si aggirano intorno ai 5.000/6.000 miliardi l’anno, mentre catturare l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera a 94 dollari la tonnellata (ripetiamolo: un costo irragionevolmente gonfiato immaginando un impiego su larga scala) costerebbe ‘solo’ 3.000 miliardi l’anno».

Anche in questo caso, però, non si capisce da dove vengono i dati riportati da Mariutti.

Secondo il rapporto “Global Trends in Renewable Energy Investment 2020”, prodotto da Frankfurt School-Unep Centre/Bnef, gli investimenti globali nelle rinnovabili tra il 2004 e il 2019 sono stati pari a 3.500 miliardi $, raggiungendo 302 miliardi $ nel 2019.

Investimenti che stanno trasformando radicalmente il panorama delle generazione elettrica di molti paesi e che hanno portato ad una riduzione dei prezzi tale da consentire oggi di installare solare ed eolico ad un prezzo inferiore a quello di nuove centrali a gas o a carbone in aree dove vivono due terzi della popolazione mondiale.

Se poi si vuole parlare dei sussidi, secondo la Iea nel 2018 quelli destinati ai fossili sono stati pari a 400 miliardi $/anno, più del doppio di quelli destinati alle rinnovabili.

Tornando alla DAC, c’è poi la variabile dei tempi, decenni, necessari per arrivare a rimuovere una elevata quantità del gas climalterante.

«L’idea di portare la cattura dall’aria fino a 10 miliardi di tonnellate di CO2 entro la metà o la parte successiva del secolo è un compito così erculeo che richiederebbe un aumento di scala industriale come il mondo non ha mai visto», ha detto Stephen Pacala già direttore dell’Environmental Institute dell’Università di Princeton.

Ma, si sa, la risposta alla sfida climatica si gioca nei prossimi 2-4 decenni. Questo non vuol dire che giocare su più tavoli, anche sulla Dac, non sia utile. Bisogna però sapere che il contributo di questa tecnologia sarà limitato, lontano nel tempo e con un notevole uso di suolo, metalli, acqua, energia.

Insomma, non c’è pranzo gratis, né oggi né verosimilmente domani. E, per tornare a quel titolo, la rivoluzione verde non è affatto una fake news.

L’articolo su italialibera.online

ADV
×