Transizione energetica al bivio

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L’Italia sarà tra i paesi di punta della transizione energetica o vivacchierà perdendo un’opportunità storica d’innovazione?

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La caduta del governo Draghi ha rappresentato un momento drammatico per il Paese; vedremo i nuovi equilibri che si definiranno nel prossimo esecutivo, i problemi sono tanti.

Sulle rinnovabili, per esempio, vengono rimandati molti provvedimenti necessari per il loro rilancio. Riguardo l’emergenza climatica ogni giorno si evidenziano segnali preoccupanti. Si stima che, senza inversioni di tendenza, entro una decina di anni si raggiungerà l’incremento di 1,5 °C, ma l’attualità ci mostra la possibile interruzione delle importazioni di gas dalla Russia.

Le risposte sono diverse. I processi di decarbonizzazione potrebbero, temporaneamente essere rallentati o subire un’accelerazione.

Vediamo un parallelo con il passato. Come risposta alla crisi del petrolio del 1973-74, dopo l’embargo dei paesi Opec, vennero avviate misure per limitare il consumo di greggio. In Italia si vietò l’uso delle auto la domenica, a spegnere le pubblicità nei negozi, a chiudere i programmi televisivi alle 23. Negli USA, oltre alle code ai distributori di benzina, con Carter si tentò un decollo delle rinnovabili, presto abortito.

La crisi del metano in alcuni paesi europei, a partire dalla Germania, potrebbe avere conseguenze molto più gravi. Nel weekend del 17-18 luglio le forniture di gas russo all’Italia sono scese del 90% rispetto al periodo pre-crisi e le condizioni potrebbero aggravarsi il prossimo inverno.

Dipendenza folle

Come è stato possibile per l’Europa dipendere in maniera così massiccia da Putin? La Russia possiede le più grandi riserve mondiali di gas naturale e ha iniziato ad esportare prima verso i paesi dell’Est, per poi proseguire con una parte di Europa.

A metà degli anni ’90 raggiungevano la Germania 26 i miliardi di m3 l’anno di gas russo; nel 2020 erano 43 miliardi. Un’intesa basata sulla Ostpolitik pensata in funzione del mantenimento della pace tra il blocco occidentale e quello sovietico. Neanche l’annessione della Crimea nel 2014 è servita. Le importazioni europee di metano dalla Russia sono cresciute, da 115 miliardi di m3 nel 2014 a 169 mld di m3 nel 2019. Scelta facilitata da prezzi relativamente bassi che favorivano l’economia europea; Mosca si garantiva enormi entrate con un bilancio drogato dai fossili che non sollecitava la diversificazione delle entrate.

In un documento strategico del Cremlino del 2003, si leggeva «petrolio e metano sono i principali strumenti della politica interna e internazionale della Russia».

Cambio di rotta

L’aggressione all’Ucraina ha cambiato completamente gli scenari. L’Europa si staccherà dalle importazioni russe, mentre Mosca cerca altri mercati, ma con tempi più lunghi; costruisce nuovi gasdotti verso la Cina e vende il petrolio con sconti elevati. La Russia, che si sta impoverendo con la guerra, vedrà una riduzione dei propri introiti con una possibile destabilizzazione interna.

Torniamo all’Europa per capire come si sia legata alle rischiose importazioni fossili dalla Russia.

Un’interpretazione viene dalle scelte ambientali della Ue, dalla definizione degli obiettivi climatici al 2030. Quanto più si definiva un’ambiziosa politica, tanto meno il continente doveva dipendere dalle importazioni di combustibili fossili. Ovviamente, diversi paesi e imprese cercarono di condizionarne le strategie. Tra questi spiccavano le multinazionali Oil&Gas impegnate a stemperare gli impegni.

La Shell affermava che nella transizione verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio un piano di espansione del gas avrebbe fatto risparmiare all’Europa 500 miliardi di euro rispetto a un approccio centrato sulle energie rinnovabili. «Il gas fa bene all’Europa, e l’Europa fa bene al gas», questa la sua posizione in una lettera inviata al presidente della Commissione Barroso. Proprio l’attenzione focalizzata sul gas spiega le incertezze europee nelle scelte energetiche e climatiche sugli impegni da definire per il 2030.

Ci fu inizialmente pressione affinché si puntasse a un solo obiettivo legato alle emissioni, eliminando quelli sulle rinnovabili e sull’efficienza (ricorda l’attuale spinta verso la neutralità tecnologica), mentre le associazioni ambientaliste puntavano su target ambiziosi chiedendo una quota del 45% di rinnovabili e del 40% sull’efficienza.

Nel 2014 la scelta della UE fu di basso profilo, con una quota del 27% per le rinnovabili, una riduzione dei consumi rispetto allo scenario tendenziale del 27% e un taglio delle emissioni del 40% rispetto al 1990.

È interessante notare come, secondo la stessa valutazione d’impatto elaborata dalla Commissione, un aumento dell’obiettivo di risparmio energetico al 40% avrebbe portato a un calo del 40% delle importazioni di gas al 2030. Le posizioni si sono evolute nel tempo fino a portare, dopo l’aggressione dell’Ucraina, alle ultime proposte UE decisamente più incisive.

La riduzione delle emissioni climalteranti alla fine del decennio rispetto al 1990 è salita al 55% e la quota delle rinnovabili è passata al 45% che sul versante elettrico è una quota di elettricità verde del 70-80%.

L’obiettivo dell’efficienza energetica portato a una riduzione del 13% (calcolata sui valori di riferimento 2020 e non del 2007 come in passato), più incisiva rispetto al 9% inizialmente proposto. È significativo che, di fronte alla minaccia di un taglio totale delle importazioni di gas russe, il Parlamento europeo abbia deciso di alzare il tiro. I quattro maggiori gruppi politici hanno proposto di alzare l’obiettivo sull’efficienza energetica al 14,5% entro il 2030.

Per capire le implicazioni di ciò, ricordiamo che mentre la Direttiva sull’efficienza del 2018 prevedeva di contenere i consumi di energia primaria al 2030 fino a un massimo di 1.273 Mtep, l’ultima proposta del Parlamento europeo porterebbe fino a un massimo di 960 Mtep, un taglio di quasi un quarto dei consumi di petrolio, gas e carbone.

Cosa fanno i singoli Stati?

La Germania ha le maggiori difficoltà nei confronti dei tagli russi. Si sta freneticamente attivando in diverse direzioni. Ha affittato quattro rigassificatori galleggianti e a Wilhelmshaven realizzerà il primo hub per la gestione del GNL e poi dell’idrogeno pulito.

Sta accelerando molto sulle rinnovabili e sull’efficienza. Nei primi cinque mesi del 2022 sono stati infatti installati 2,65 GW fotovoltaici è l’avvio di una corsa che dovrebbe più che triplicare entro il 2030 l’attuale potenza solare, passando da 59 GW nel 2021 a 215 GW.

Un analogo sforzo riguarderà l’eolico per garantire che l’80% dei consumi elettrici tedeschi sia soddisfatto dalle rinnovabili nel 2030 e puntare al 100% di rinnovabili nel 2035. Punta a più di mezzo milione di pompe di calore installate ogni anno fino al 2024 e 800mila l’anno seguente, quando diventeranno obbligatorie, scelta adottata anche altri paesi.

Berlino ha ridotto la quota del gas naturale fornito dalla Russia dal 55 al 35%, grazie all’aumento delle consegne da paesi come Norvegia e Paesi Bassi. Inoltre, sta completando un gigantesco sistema di accumulo termico, un “thermos” alto 45 metri, che contiene 56 milioni di litri di acqua scaldati fino a 98 °C usando il surplus di energia elettrica da solare ed eolico, calore che sarà utilizzato d’estate e d’inverno garantirà il 10% dell’acqua calda nella rete di teleriscaldamento.

In Austria saranno obbligatorie nei nuovi edifici dal 2023 e in Olanda dal 2026.

Ripartono le rinnovabili in Italia

Dopo il blocco dal 2014 al 38% della quota di elettricità verde, nel 2022 le rinnovabili hanno iniziato a rialzare la testa. Il fotovoltaico è ripartito (1 GW nei primi sei mesi del 2022, ndr), con un peso determinante del comparto residenziale. Gli impianti utility scale hanno almeno 6 GW di progetti autorizzati da realizzare.

Sono una quarantina, le proposte di parchi eolici offshore, soluzione dove molti si sono riversati viste le difficoltà di concretizzare gli impianti a terra. In realtà, i progetti che verranno realizzati nella seconda parte del decennio e negli anni successivi saranno tra cinque e dieci. Ci sono margini per forti riduzioni dei costi ma serve innovazione, perché le caratteristiche del Mediterraneo sono diverse di quelle di altri mari.

Sul fronte del biometano le prospettive sono interessanti con la possibilità di produrre al 2030 fino a 6,5 miliardi di m3 di gas verde, pari al 10% del fabbisogno nazionale, grazie allo sviluppo del biometano agricolo.

Secondo Elettricità Futura, con il piano europeo REPowerEU in Italia si potrebbero installare 85 GW di rinnovabili facendo salire la quota di elettricità verde all’84% nel 2030 e attivando investimenti per 309 miliardi di euro.

Va sottolineato come, più in generale, nei prossimi anni il prezzo del metano, pur calando dai picchi di oggi, si manterrà su valori più elevati del passato e favorirà gli interventi di efficienza e delle rinnovabili.

Sulla costruzione degli impianti fotovoltaici, oltre alla fabbrica dell’Enel di Catania che passerà da una capacità produttiva di 200 MW 3.000 MW/anno, in Italia ci sono altri investimenti; piccoli segnali interessante, in controtendenza rispetto alla valanga degli ultimi anni di nuova capacità produttiva asiatica.

L’Europa torna in pista per gestire i tagli di gas russo

Per tagliare i consumi sul gas russo la Commissione Europea ha indicato che si sta già aumentando la fornitura alla Ue di gas naturale a zero, passata da 8,1 miliardi di m3 del 2021 ai 12 miliardi di m3 previsti nel 2022. Bruxelles ha segnalato che l’Azerbaigian ha aumentato la fornitura di gas naturale alla Ue: 4 miliardi di m3 di gas in più quest’anno e entro il 2027 i volumi dovrebbero più che raddoppiare.

Oltre a muoversi sul fronte internazionale, l’Europa si è mossa anche per limitare i consumi di gas. Il 20 luglio la Commissione ha proposto che tra agosto 2022 e marzo 2023 vi sia una riduzione volontaria del consumo del 15%, al di sotto della media per quel periodo negli ultimi cinque anni. Il suo piano per l’inverno si basa sulla «sobrieté», l’austerità energetica.

Vuole metterlo a segno senza coinvolgere l’Europarlamento, ma serve un ok dei governi; quello spagnolo è già insorto: «Non ci stiamo a imporre questi sacrifici ai nostri cittadini» e sulla stessa linea è quello portoghese.

Italia al bivio

Siamo in tempo di elezioni, dopo l’incredibile e insensata messa fuorigioco di Draghi. I prossimi cinque anni saranno decisivi sul fronte dell’emergenza climatica. Ci aspettano rivoluzioni sul fronte della generazione elettrica, con le rinnovabili pronte a un balzo in avanti e su quello della mobilità con l’irruzione dei veicoli elettrici. Evoluzione non scontata.

L’Italia sarà tra i paesi di punta della transizione energetica o vivacchierà perdendo un’opportunità storica di innovazione e di forti ricadute occupazionali? Avremo la risposta dal Governo che si formerà dopo le elezioni.

L’articolo è stato pubblicato sul n.3/2022 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Sobrietà energetica”

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