I Paesi membri dell’Ue sono in disaccordo sul trattamento fiscale più o meno favorevole da riservare ai carburanti per l’aviazione e il trasporto marittimo.
Un compromesso sulla questione, promosso dalla presidenza ungherese e consistente in un prolungamento delle esenzioni fiscali per i carburanti usati da navi e aerei, non è stato sufficiente a far avanzare la proposta di revisione del regime fiscale sull’energia.
Importanti divisioni dunque ancora bloccano il disegno di legge, noto come Direttiva sulla tassazione dell’energia (ETD).
Le esenzioni fiscali per i carburanti avio e marittimi sono dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad). I ministri delle Finanze di Francia, Belgio e Paesi Bassi hanno lamentato l’annacquamento del progetto di legge, con le perduranti esenzioni a favore di questi carburanti.
Paesi come l’Italia, la Grecia e Cipro sono invece preoccupati per l’impatto sulla competitività di un eventuale aumento delle tasse sui carburanti fossili da parte dell’Ue.
Le proposte per riformare la tassazione sull’energia a favore di opzioni più ecologiche rimangono dunque nel limbo.
Con tutti i 27 Stati membri che godono di un diritto di veto sulle modifiche alla politica fiscale europea, la proposta è ora l’unica parte non completata del pacchetto legislativo verde Fit-for-55, progettato per ridurre del 55% le emissioni di CO2 al 2030, rispetto ai livelli del 1990.
Ricordiamo che la ETD (Direttiva 2003/96/CE) stabilisce le aliquote minime di accisa a livello europeo sui carburanti per motori, riscaldamento ed elettricità. Gli Stati membri sono liberi di stabilire le proprie aliquote fiscali, purché vengano rispettate le aliquote minime della direttiva.
Posizione italiana
Nei giorni scorsi, prima dell’Ecofin di Bruxelles, il governo italiano aveva deciso di non intervenire sui Sad nell’ambito del Dl Accise attualmente in discussione al Parlamento, indicando che la materia era al centro della riforma della direttiva Ue sulla tassazione dell’energia.
Poiché la normativa Ue è sovraordinata, la decisione dell’Italia di non mettere direttamente mano ai Sad può essere interpretata come una precauzione, per non creare una inutile sovrapposizione e potenziale contrasto fra norma italiana e norma Ue, in attesa appunto della nuova direttiva.
Ieri a Bruxelles, a proposito del negoziato sulla revisione della tassazione dei prodotti energetici, il ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha affermato che i negoziati vanno “nella giusta direzione”.
“Apprezziamo il fatto che l’ultimo testo di compromesso mantiene l’attuale regime di esenzione per i carburanti utilizzati nel trasporto marittimo e aereo. Tali settori sono già impegnati verso la transizione verde attraverso l’applicazione di altre misure, come l’Emission trading system (Ets). Per tali settori, la tassazione avrebbe a breve termine ripercussioni sulla competitività”, ha aggiunto.
Un’idea “assurda”
L’idea della presidenza ungherese di mantenere le esenzioni per i carburanti avio e marini è stata condannata come “assurda” dai gruppi ambientalisti.
Anche il commissario dell’Ue ora responsabile della politica fiscale e climatica, l’olandese Wopke Hoekstra, ha sottolineato l’incoerenza dell’imposizione di circa il 50% di tasse sulla benzina per le auto e di nessuna invece sul cherosene per gli aerei.
La legge esistente, immutata dal 2003, è “chiaramente obsoleta”, ha detto Hoekstra ai ministri, lamentando l’attuale esenzione fiscale per l’aviazione. “Se un settore fa meno, altri settori devono fare di più; c’è un elemento di equità qui”, ha detto.
Il trasporto internazionale è esentato dall’imposta sul carburante in base a trattati globali di lunga data, ma l’Ue sperava di aumentare le tasse almeno per i viaggi all’interno dell’Unione. Il settore dell’aviazione, da parte sua, sostiene di pagare già per l’inquinamento attraverso il sistema di scambio di emissioni Ets di Bruxelles, come sostenuto appunto dal ministro delle Finanze italiano.
“Gli obiettivi climatici sono una priorità, tuttavia le misure necessarie per il raggiungimento vanno valutate tenendo conto anche dell’impatto economico e delle situazioni specifiche degli Stati membri”, ha rimarcato Giorgetti.
Occorre “essere realistici e verificare la sostenibilità economica per i singoli settori industriali”, ed è importante mantenere un “compromesso tra il perseguimento degli obiettivi climatici e l’assicurare la competitività e la sostenibilità per le famiglie, in un difficile contesto economico e geopolitico”, ha aggiunto il ministro.
“La proposta specifica potrebbe causare problemi al turismo attraverso l’aumento dei costi dell’aviazione e della navigazione”, ha poi dichiarato il ministro delle Finanze greco, Kostis Hatzidakis, sottolineando che le regole non si applicherebbero a destinazioni rivali, non appartenenti all’Ue, come la Turchia o il Nord Africa.
Sussidi ambientalmente dannosi
L’Italia, da parte sua, ha finanziato le fonti fossili con 78,7 miliardi di euro in sussidi ambientalmente dannosi nel 2023, secondo Legambiente.
“L’Italia continua a rispondere alla crisi climatica ed energetica finanziando le fonti fossili, definite dalla premier Meloni, in piena COP 29 a Baku, come un’opzione di cui non si può fare a meno”, ha commentato l’organizzazione ambientalista.
I 78,7 miliardi di euro spesi dall’Italia in Sad destinati ad attività, opere e progetti connessi, direttamente e indirettamente, alle fossili, rappresentano il 3,8% del Pil nazionale. Una spesa, negli ultimi 13 anni, costata all’Italia 383,4 miliardi di euro, ha indicato Legambiente nel suo ultimo rapporto in materia.
Analizzando 119 diverse voci di sussidi pubblici dannosi per l’ambiente, la maggiore organizzazione ambientalista italiana ha stimato che 25,9 miliardi di euro dei 78,7 spesi nel 2023, pari a un terzo dell’intera cifra, “possono essere eliminati e rimodulati entro il 2030”.