Le fonti fossili continuano a trovare un forte sostegno nei finanziamenti pubblici nazionali.
Secondo quanto denuncia Legambiente con la XIII edizione del report “Stop sussidi ambientalmente dannosi” (link in basso), nel 2023 il Paese ha speso 78,7 miliardi di euro in sussidi ambientalmente dannosi (Sad) destinati ad attività, opere e progetti connessi direttamente o indirettamente ai combustibili fossili.
Si tratta di una somma pari al 3,8% del Pil nazionale, per una spesa che negli ultimi 13 anni ci è costata 383,4 miliardi di euro.
Il settore energetico è quello più interessato. A preoccupare di più sono i sussidi pubblici di Sace e Cdp che, solo nel 2023, hanno messo a disposizione di infrastrutture a fonti fossili 6,4 miliardi di euro. Seguono i trasporti, in cui una delle voci più ingenti riguarda le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, che pesano per 1,2 miliardi.
L’ossessione per le caldaie a gas
Per quanto riguarda l’edilizia (18 miliardi di euro di Sad nel 2023, un aumento di un miliardo rispetto al 2022), Legambiente definisce “incomprensibile” l’ostinazione nel voler proseguire nel finanziamento delle caldaie a gas andando contro la direttiva europea EPBD, anche nota come direttiva “Case green”, che tra le altre cose vieta di incentivare dal 2025 l’acquisto di caldaie a gas e ne dispone il bando definitivo dal 2040.
Con il disegno di legge di Bilancio 2025 (in particolare l’articolo 8, comma 2), all’esame della Commissione Bilancio della Camera, il governo conferma però il rinnovo degli incentivi per le caldaie a gas, esponendo l’Italia al rischio di incorrere in una procedura di infrazione.
Dovesse passare la legge così com’è, Ecobonus e Bonus Casa consentiranno ancora di accedere ad agevolazioni su questi dispositivi.
Per questo motivo Legambiente insieme a ARSE, Coordinamento Free, Greenpeace, Kyoto Club e WWF Italia, ha inviato una lettera a diversi ministeri, tra cui il Mase e il Mef, chiedendo che questi sussidi vengano rimossi dalla prossima Manovra.
Nel 2023, gli edifici hanno rappresentato circa il 44% dei consumi finali di energia a livello nazionale, e l’Italia si è posizionata al secondo posto tra i Paesi dell’Ue per l’uso di metano nel settore residenziale.
Sussidi emergenziali e Capacity Market
Tornando ai sussidi, determinanti sono stati quelli emessi in via emergenziale. Nel 2023 sono stati elargiti 33 miliardi per il settore energetico (per complessivi 50 interventi) e 374 milioni per il settore dei trasporti, per un totale di 84 miliardi in due anni.
Una cifra che se investita per solo un quarto in rinnovabili, avrebbe portato a circa 13,3 GW di nuova potenza installata e una produzione di 30 TWh di energia pulita, pari alla metà del fabbisogno elettrico domestico italiano, con un risparmio annuo di 4 miliardi di metri cubi di gas.
L’Italia è anche il quinto Paese del G20 che finanzia di più i combustibili fossili con soldi pubblici, davanti perfino a Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita, con oltre 2 miliardi di dollari come media annua nel periodo 2020-2022, secondo ReCommon (grafico sotto).
Nello stesso intervallo di tempo, le istituzioni finanziarie pubbliche dei Paesi del G20 e le banche multilaterali di sviluppo hanno concesso al settore fossile sussidi per 142 miliardi di dollari.
Analizzando 119 voci di sussidi, Legambiente stima che 25,9 miliardi di euro dei 78,7 spesi nel 2023 possono essere eliminati e rimodulati entro il 2030. Per l’associazione ambientalista, il governo dovrebbe tagliare, ad esempio, le risorse per le centrali a gas nell’ambito del Capacity Market.
Introdotto nel 2019, il capacity market, aveva l’obiettivo di garantire maggiore flessibilità e sicurezza della rete elettrica sostenendo economicamente impianti in grado di entrare in funzione nei momenti di maggior consumo; ma oggi troppo sbilanciato a favore degli impianti alimentati a fonti fossili.
In particolare, con le aste dal 2022 al 2024, ben 63 progetti hanno ottenuto un sussidio per l’installazione di nuova potenza a gas naturale, dei quali 22 ripotenziamenti e 41 nuovi impianti. Un totale di 8,3 GW di nuova capacità sussidiata dallo Stato per un costo stimato in tre anni di 570,1 milioni di euro.
Le richieste al governo
“In piena Cop 29 e durante la discussione parlamentare della Legge di Bilancio 2025, il governo Meloni imbocchi la strada giusta, smettendo di finanziare un modello energetico sbagliato, basato su gas, carbone e petrolio e di puntare su rigassificatori, cattura e stoccaggio del carbonio e nucleare, facendo gli interessi delle lobby del fossile”, ha dichiarato in una nota Stefano Ciafani, presidente di Legambiente.
“Non è vero – ha aggiunto – come ha detto la premier, che non c’è alternativa. Dirotti al più presto risorse nella direzione dell’innovazione, dell’efficienza energetica e sulle reti e sugli accumuli e rinnovabili, semplificando i processi autorizzativi”.
Legambiente chiede anche l’aggiornamento del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad) e favorevoli (Saf), che per obbligo di legge dovrebbe aggiornare ogni anno, ma è fermo da almeno due anni, con dati riferiti al 2021.
Nel mirino dell’associazione anche gli oneri di sistema, che aggravano di ulteriori 9,5 miliardi il peso delle spese energetiche sulle famiglie e che necessitano di una riforma che elimini i sussidi diretti e li sposti sulla fiscalità generale.
Altre richieste riguardano, in particolare, la riforma delle accise e delle tasse sui diversi combustibili fossili, in modo che il costo finale medio annuale sia progressivamente proporzionale alle emissioni di gas serra generate.