L’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano è già in atto: nel 2023 oltre il 40% degli immobili ristrutturati sono stati portati alla classe A, mentre le nuove costruzioni sono già per oltre il 90% nella classe più alta.
A seconda di come evolverà il quadro in tema di incentivi e andamento dell’economia, gli edifici in classe A potranno arrivare fino al 14% nel 2030 e al 37% nel 2050 sul totale degli immobili.
In questo le banche possono svolgere un ruolo cruciale e cogliere un’opportunità importante, ricucendo il rischio del proprio portafoglio grazie alla rivalutazione del valore degli immobili riqualificati.
Questo in estrema sintesi il messaggio che arriva dalla società di consulenza specializzata in merito creditizio Crif, nel suo nuovo ESG Outlook (link in fondo).
Lo studio ha esaminato i primi risultati pubblicati dalle maggiori banche italiane relativi al Green Asset Ratio (GAR), cioè l’indicatore chiave che misura l’allineamento delle attività bancarie con la Tassonomia Europea per la finanza sostenibile.
Dall’analisi emerge come i prestiti garantiti da immobili residenziali rappresentino circa il 90% del totale che le banche possono utilizzare nell’elaborazione del GAR e sono per la maggior parte (66%) già in linea con le regole europee per la finanza verde.
Il dato dimostra come i mutui per le case costituiscano la principale attività “sostenibile” per le banche e rappresenta una buona base su cui innestare incentivi statali al fine di allinearsi agli obiettivi della direttiva “Case Green” dell’Ue.
La premessa sono i target fissati dalla direttiva europea EPBD, nota appunto come “direttiva Case Green” (pubblicata in Gazzetta ufficiale a maggio e da recepire nei prossimi due anni): dal 2030 tutti gli immobili (residenziali e non) di nuova costruzione a emissioni zero; per i residenziali esistenti riduzione del consumo medio di energia del 16% entro il 2030 e una riduzione del 20-22% entro il 2035 e per i non residenziali esistenti, -16% entro il 2030 e -26% entro il 2033.
Come accennato, secondo i dati SIAPE e Crif, attualmente solo il 4% degli immobili residenziali italiani è in classe energetica A. Tuttavia, oltre il 40% degli immobili ristrutturati nel 2023 sono stati portati alla classe A, mentre le nuove costruzioni sempre in questa classe superano il 90%.
Questo percorso verso l’efficienza energetica oltre al supporto degli incentivi governativi non può prescindere dalle misure di politica monetaria dettate dal contesto macroeconomico.
Elementi che sono stati considerati da Crif nella sua elaborazione, attraverso modelli statistici proprietari, con tre scenari distinti che considerano l’evoluzione delle classi energetiche degli immobili residenziali in Italia entro il 2050, tenendo conto in particolare di due fattori chiave, cioè l’impegno del governo italiano e dell’Ue nel promuovere l’efficienza energetica e l’andamento macroeconomico.
Le proiezioni, sottolinea Crif, possono rappresentare una guida utile soprattutto per gli istituti bancari per adattare le proprie politiche di finanziamento e ottimizzare il Green Asset Ratio in funzione dei diversi contesti economici e normativi.
Questa la distribuzione degli immobili residenziali per classe energetica nei tre scenari di analisi Crif:
Nello scenario più avverso, la riduzione di immobili in classe G sarà limitata – nel 2030 rappresenteranno il 34% e nel 2050 il 29% del totale degli immobili – mentre la quota della classe energetica A migliorerà lentamente, passando al 6% nel 2030 e al 14% nel 2050.
Lo scenario intermedio contempla moderati sforzi per migliorare l’efficienza energetica, in linea con le tendenze in atto e supportati da incentivi paragonabili a quelli già in vigore che porterà a un graduale miglioramento delle classi energetiche degli immobili, con la riduzione degli immobili di classe G al 13% e con immobili di classe A che coprono il 31% nel 2050 del totale degli immobili. Tuttavia, resterebbe una significativa quota di edifici appartenenti alle classi meno efficienti.
Considerando, invece, lo scenario ottimistico, si riscontrano miglioramenti più netti, con una riduzione degli immobili in classe G al 26% entro il 2030 e al 7% entro il 2050, e un aumento significativo degli immobili in classe A che toccano il 14% nel 2030 e il 37% nel 2050 sul totale degli immobili.
In particolare, in uno scenario ottimistico, caratterizzato da un forte impegno governativo, significativi incentivi fiscali e un positivo andamento macroeconomico, la finanza verde vedrà un ruolo crescente, osservano gli analisti. Gli istituti di credito, in questo contesto, avranno così un ruolo determinante nel promuovere prodotti finanziari sostenibili.
I mutui green potrebbero arrivare a rappresentare dal 24% al 30% del mercato nel 2030 e oltre 50% nel 2050. Parallelamente, i finanziamenti per la ristrutturazione green, per l’efficientamento energetico delle abitazioni, potrebbero aumentare fino a costituire dal 30% al 40% del totale nel 2030 e circa il 70% nel 2050.
“Le banche possono svolgere un ruolo chiave in questo processo di transizione, riprogettando le proprie strategie per aumentare l’erogazione di mutui green e di prodotti finanziari per la riqualificazione energetica”, commenta Marco Macellari, Director & Head of Risk Management di Crif.
“In questo modo – prosegue – possono allinearsi agli obiettivi di sostenibilità dell’Ue e, al contempo, ridurre i requisiti di capitale grazie a un minor rischio del proprio portafoglio e anche grazie alla rivalutazione del valore degli immobili su cui è stata fatta un’azione di riqualificazione della classe energetica. La transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio deve proseguire senza sosta ed essere obiettivo comune di tutte le parti coinvolte, poiché non solo è una necessità ambientale, ma anche un’opportunità strategica di innovazione per il settore finanziario, migliorando la fiducia di clienti e investitori”.
- Il report Crif (scaricabile con registrazione)
- Direttiva EPBD in Gazzetta (pdf)