Il rapporto tra fonti rinnovabili e Regione Sardegna non è stato mai facile, tanto che sul tema ha persino scomodato dei sociologi.
Tutti i governi della regione hanno mantenuto sempre un approccio difensivo, dissimulato da pareri spesso piuttosto esagerati: il devastante consumo di suolo o del paesaggio, oppure la creazione di nuova forma di colonizzazione, stavolta energetica, con zero ricadute interne.
Ieri, alcune associazioni ecologiste hanno scritto alla neoeletta presidentessa della Regione, Alessandra Todde, invitandola ad avere più coraggio nelle sue scelte sull’energia, dopo che questa aveva dichiarato, subito dopo la vittoria alle elezioni, di voler presentare una moratoria su tutti i nuovi impianti eolici presenti nell’isola, in attesa di approvare una carta delle aree idonee (la lettera è pubblicata in basso).
Va anche considerato che al momento la Regione Sardegna, nell’ambito della Conferenza delle Regioni, ha l’importante ruolo di coordinamento sulla questione delle aree idonee per gli impianti a fonti rinnovabili.
Ricordiamo poi che moratorie regionali sulle Fer sono state finora sempre considerate illegittime a livello costituzionale.
Una moratoria all’eolico (forse arriverà anche per il fotovoltaico) è stata richiesta alla nuova giunta anche da alcuni comitati locali che parlano esclusivamente di speculazione da parte degli operatori eolici, mentre altri comitati richiedono, più correttamente, di realizzare una transizione energetica che possa coinvolgere maggiormente i territori.
Ma va ricordato che ad agosto la moratoria la chiesero anche i comuni sardi. Anci Sardegna fece ufficialmente richiesta al precedente Consiglio regionale per una moratoria sui progetti di “mega-impianti” Fer presentati nell’isola, per poter prima “ricontrattare, in termini equi, le quote di rinnovabili da installare anche nella regione, in particolare quelli da fonte eolica”.
La Sardegna oggi è la quinta regione italiana per potenza eolica installata (1.186 MW a fine 2023) e al settimo posto per kW eolico per kmq (49 kW/kmq, la media italiana è 41). Ha 618 impianti, ma poco più di una trentina sono quelli di grande taglia, sopra al MW. Insomma, finora l’eolico non ha affatto “tappezzato” la regione.
Va però detto che a fine dicembre 2023 erano state accettate da Terna richieste di connessione, per i soli nuovi impianti eolici onshore, per circa 8 GW, anche se sicuramente gran parte di questi progetti non verranno mai realizzati.
Il punto è che la Regione, temendo il phase out del carbone, guarda ancora molto al gas, sul quale la stessa Todde vorrebbe investire anche con nuove piccole centrali termoelettriche. Il metano è “necessario solo come fonte di transizione”, si legge nel programma della Todde, anche se verrà abbandonato attorno al 2040. Grosso modo come approvato nel piano energetico regionale del 2015, cioè quasi un decennio fa.
Anche in un webinar di 3 anni or sono la attuale governatrice non sembrava avere un approccio particolarmente chiaro, né tanto meno innovativo sulla decarbonizzazione della regione. Parlava della necessità di pianificare le installazioni delle rinnovabili, meglio se in sintonia con il governo centrale. Ma pianificare un obiettivo e poi ostacolarlo o ritardarlo favorendo al contempo un progetto di metanizzazione dell’isola è quanto meno contraddittorio.
Ma questo concetto del gas come fonte di transizione, è vecchio ormai di 30 anni e ampiamente superato soprattutto per un’isola ricca di vento e sole (la regione italiana con la migliore potenzialità per queste fonti), con progetti di interconnessioni con il continente (vedi Tyrrhenian Link) e anche per la sempre più rapida evoluzione tecnologica ed economica di tutte le forme di accumulo.
Vale veramente la pena investire in costose e impattanti infrastrutture per il metano e abbandonarle (anche se non sarà mai così) tra 15 o 20 anni, per un’isola che ha consumi elettrici che non superano da tempo i 9 TWh l’anno?
Vogliamo proprio bruciare gas per fare acqua calda e riscaldare le abitazioni sarde sapendo che finora questa fonte non è stata utilizzata e che invece dobbiamo uscirne nel resto del paese e in Europa almeno entro il 2040?
Legambiente, Wwf, Greenpeace e Kyoto Club avevano rivolto un appello ai candidati sardi perché riconoscessero che “la Sardegna si trova nelle condizioni ideali per costituire un vero e proprio laboratorio per la transizione energetica” e di dare importanza alla creazione di opportunità imprenditoriali e occupazionali direttamente o indirettamente connesse alla filiera delle rinnovabili nei territori interessati, facendo in modo che l’economia indotta rimanga il più possibile sul territorio. Ma, a quanto pare, anche nel centrosinistra sardo il fossile resta protagonista.
Un attento piano energetico che guardi prima di tutto all’impatto ambientale, ai benefici per abitanti e imprese della regione e all’indipendenza dalle fonti fossili, garantendo la sicurezza energetica dell’isola, è fattibile ma va impostato oggi, non tra 15 o 20 anni. La politica e molti nostri concittadini hanno capito che di tempo non ne abbiamo più?
Tuttavia, personalmente ritengo che bisognerebbe procedere per step e con il sostegno economico dello Stato. Il primo passo da fare subito è lavorare per rendere indipendente energeticamente la Sardegna da ogni fonte fossile, partendo dai consumi elettrici.
Considerare la Sardegna solo un hub per la fornitura di elettricità pulita da trasportare nel continente, significa non conoscere la storia dell’isola e non aver capito i sardi.
La lettera alla Presidentessa della Regione Sardegna, Alessandra Todde
Gentile Presidentessa,
intanto voglia ricevere le nostre felicitazioni per la Sua elezione, che segna un cambiamento sempre salutare alla guida delle Istituzioni Democratiche.
Lei ha detto di battersi per un’isola nuova e moderna: noi Le chiediamo di voler anche essere la guida di una Sardegna che non ha paura.
Una Sardegna che assume con coraggio l’idea della transizione energetica rinnovabile e ne fa un punto di forza, senza attardarsi in anacronistiche moratorie, in un Paese che è drammaticamente indietro nel ritmo di installazione di nuove rinnovabili, e che di fatto è già in moratoria permanente.
Una Sardegna che sceglie di andare molto oltre gli obiettivi del Governo nazionale, definiti da tutta la scienza, da tutto l’ecologismo serio, e dalle stesse forze politiche che in Parlamento La sostengono, assolutamente insufficienti: ci vorranno centinaia di nuovi Gigawatt per l’intera decarbonizzazione nazionale, e di conseguenza svariate decine per ogni Regione, non certo i 6 stabiliti per la Sardegna da Pichetto Fratin.
Una Sardegna che sceglie una grande campagna per l’installazione di pompe di calore, per la produzione di biometano da filiere agricole locali, secondo i criteri di sostenibilità Ue, e non si attarda con l’inutile e pericoloso ritorno al gas fossile.
Una Sardegna che sceglie di ascoltare non solo le legittime ma forse esagerate preoccupazioni di comitati e organi di informazione locali, ma anche la voce dei giovani, della scienza, di una stragrande maggioranza silenziosa a favore della svolta rinnovabile, che tutti i sondaggi ci dicono esserci in Italia e che noi non abbiamo dubbi sia presente anche nella Sua Regione.
Siamo convinti che vorrà e saprà ascoltarci, e ci mettiamo fin da adesso a disposizione per una collaborazione fattiva e costruttiva.
Un cordiale saluto.
- Cittadini per L’Italia Rinnovabile
- Energiaperlitalia
- EcoFuturo Festival
- Rinascimento Green
- EcoLobby
- Associazione CETRI-TIRES