Rinnovabili elettriche in Italia: il peggiore primo semestre

Nel primo semestre 2022 registriamo un arretramento del peso complessivo delle fonti pulite sia in termini assoluti che percentuali sulla domanda nazionale. Un allarme che non possiamo più trascurare.

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Rinnovabili elettriche a passo di gambero in Italia. I dati Terna per il primo semestre confermano il trend di un arretramento del peso complessivo delle fonti pulite sia in termini assoluti che percentuali sulla domanda.

Proprio quando dovremmo accelerare verso gli ambiziosi obiettivi al 2030, e stanno ripartendo molte installazioni, soprattutto fotovoltaiche ed eoliche, si viaggia controcorrente e la risalita sarà dura alla luce dell’attuale situazione politico-istituzionale.

Oltre all’insipienza (volontaria) della politica nazionale e locale e di tutti i governi degli ultimi dieci anni, assistiamo ad un impressionante calo della storica fonte rinnovabile del nostro paese, l’idroelettrico, senza che la crescita di FV ed eolico riesca a compensare questo mancato apporto.

A giugno abbiamo avuto dalle rinnovabili appena 9,9 TWh (senza considerare l’apporto dei pompaggi), il dato più basso dal 2014, con l’idroelettrico in caduta libera (-37,4% sul giugno 2021), come si può leggere nella tabella pubblicata nel report mensile di Terna (allegato in basso).

Dati per il periodo gennaio-giugno 2022

Il dato più sconfortante per il primo semestre è quello del contributo delle rinnovabili elettriche sulla domanda: circa il 33% (era al 38,8% nel 2021). Ma ancora peggio è la quantità di elettricità fornita dalle energie pulite: 52,3 TWh, cioè -7,4 TWh rispetto all’anno prima.

La domanda di energia elettrica è cresciuta, ma non di molto, pari al 2,7% rispetto allo stesso periodo 2021. I due grafici successivi ci dicono come il dato del primo semestre 2022 sia il peggiore di sempre.

Al contempo nel gennaio-giugno 2022 la produzione da termoelettrico ha avuto un incremento del 16,4% sul primo semestre 2021.

In termini di produzione nazionale di energia elettrica le rinnovabili hanno contribuito nei primi sei mesi dell’anno per il 37,9% (senza considerare apporto pompaggi), contro il 44,8% del gennaio-giugno 2021.

Nel grafico successivo l’andamento della domanda di energia elettrica e della generazione di rinnovabili nei primi semestri, dal 2014 al 2022.

Nel 2022 l’elettricità prodotta dall’idroelettrico è stata di ben 9,4 TWh inferiore all’anno prima, a causa di una siccità che incombe sul paese da questo inverno. L’energia idraulica ha coperto finora solo l’8,7% della richiesta, quando lo scorso anno aveva soddisfatto quasi il 15%.

Come detto detto c’è un leggero incremento nel 2022 della generazione di fotovoltaico (+9,9%) e dell’eolico (+9%).

Insieme le due fonti hanno prodotto 26,1 TWh (+2,3 TWh sul 2021), come illustra il grafico in basso. Il dato più elevato da sempre, ma ancora veramente troppo basso per i fabbisogni del paese.

Il fotovoltaico ha finora coperto il 9,2% della domanda e l’eolico il 7,3% (contro rispettivamente l’8,6 e il 6,9% del primo semestre 2021); le due fonti hanno entrambe contribuito, ed è questo particolarmente anomalo, per quasi il doppio dell’idroelettrico (16,5% contro l’8,7%).

Per quanto concerne le altre fonti, la generazione da bioenergie è diminuita del 2,9% e la geotermia dell0 0,4%.

Un altro dato che illustra bene questa situazione molto critica è il peso delle diverse rinnovabili tra loro: a fine giugno, eolico e fotovoltaico insieme hanno rappresentato quasi il 50% di tutte le fonti rinnovabili, mentre l’idroelettrico è al 27,9%.

Questi dati dovrebbero far scattare un severo allarme alla luce del contesto nazionale e internazionale, oltre che per i ripetuti e sempre più gravi effetti sul clima e sull’economia.

Ma le recenti dichiarazioni di quasi tutti i partiti dell’arco costituzionale che si presenteranno alle prossime elezioni continuano a parlare di gas, rigassificatori, carbone, inceneritori e nucleare “pulito” e lasciano poche speranze ad un cambio di rotta.

Esperti energetici, climatologi, associazioni di categorie delle rinnovabili, ambientalisti, società civile, media del settore non hanno più scelta: devono uscire dalla loro zona di comfort ed esporsi pubblicamente incalzando duramente queste posizioni retrograde, parlando ai cittadini ed evitando di fare piccoli patti con tutta questa politica, perché tempo non ne abbiamo più.

Servono tanti watch dog ambientalisti e rinnovabilisti che facciano pressione su partiti, decisori pubblici e istituzioni energetiche, un approccio che si è visto ben poco anche di recente con il governo Draghi e con l’inadeguato ministro Cingolani.

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