Qual è il futuro dell’idrogeno “verde”?
Se lo sono chiesti gli analisti di Wood Mackenzie in un rapporto dedicato al potenziale su scala globale di questo vettore energetico (in basso il link per il download di una sintesi), con un approfondimento sull’idrogeno green, cioè prodotto al 100% da fonti rinnovabili.
Il “colore” infatti non è cosa di poco conto: la produzione attuale dell’idrogeno è quasi totalmente basata (99%) sulle fonti fossili tramite la gasificazione di carbone/lignite (brown hydrogen) o tramite il processo di steam reforming del gas naturale (qui si parla di grey hydrogen, cioè “idrogeno grigio”); quest’ultimo, se abbinato alle tecnologie per catturare le emissioni di CO2 (CCS, Carbon Capture and Storage), cambia ancora “pelle” diventando idrogeno “blu” (blue hydrogen).
Così la produzione dell’idrogeno da fonti fossili è responsabile di una quantità notevole di emissioni: circa 830 milioni di tonnellate/anno di CO2 secondo le stime riportate da Wood Mackenzie, più di tutta l’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera da un paese come la Germania in un anno.
Ma il quadro potrebbe cambiare se si riuscisse a ricavare idrogeno a costi competitivi con l’elettrolisi sfruttando unicamente l’elettricità da fonte eolica e solare, quindi a zero emissioni; idrogeno “verde”, per l’appunto, che potrebbe diventare un alleato prezioso per de-carbonizzare il mix energetico.
Difatti, si può stoccare l’idrogeno in serbatoi per poi impiegarlo su auto, camion e treni alimentati da celle a combustibile, oppure miscelarlo in percentuali variabili nelle reti esistenti del gas per molteplici utilizzi (riscaldamento degli edifici, processi industriali).
Un altro vantaggio è che per produrlo si può sfruttare l’energia elettrica generata in eccesso dalle fonti rinnovabili grazie anche alle caratteristiche degli elettrolizzatori, che richiedono pochi secondi per funzionare alla loro piena capacità.
E poi l’idrogeno, una volta stoccato in serbatoi a pressione, può essere una soluzione per l’accumulo energetico e il bilanciamento della rete, poiché si può riconvertire in ogni momento l’idrogeno in elettricità con celle a combustibile o turbine a gas.
Secondo Wood Mackenzie, tra il 2000 e la fine del 2019 in tutto il mondo si saranno realizzati circa 253 MW di elettrolizzatori per produrre idrogeno verde ma il mercato è destinato a crescere molto, con più di 3.200 MW di progetti che dovrebbero vedere la luce entro il 2025, come riassume il grafico sotto.
Per quanto riguarda i costi, gli analisti ritengono che nel 2030, in alcuni paesi, l’idrogeno green potrà diventare conveniente rispetto a quello ottenuto con processi tradizionali da risorse fossili.
Ad esempio in Australia, Germania e Giappone, si legge nella sintesi del rapporto, grazie ai costi sempre più bassi dell’elettricità generata con le rinnovabili, Wood Mackenzie stima che ci sarà convenienza con prezzi dell’energia elettrica sotto 30 dollari per MWh.
Anche l’Agenzia internazionale delle energie rinnovabili, l’IRENA (International Renewable Energy Agency) di recente ha pubblicato un rapporto sulle potenzialità dell’idrogeno verde per lo stoccaggio energetico di lunga durata e per la graduale eliminazione dei carburanti fossili nei settori più difficili da de-carbonizzare, come i trasporti e le attività industriali “pesanti”.
I costi per produrre idrogeno da rinnovabili stanno calando ma l’IRENA avverte che è necessario favorire, anche con norme e incentivi specifici, gli investimenti in impianti di grandi dimensioni per fare economie di scala e gli investimenti nelle infrastrutture di trasporto e distribuzione.
Le reti esistenti del gas, infatti, sono in grado di accogliere percentuali limitate di green hydrogen; inoltre, bisogna rendere più efficiente l’intera catena di fornitura per ridurre le perdite di energia nei vari processi, ad esempio nelle conversioni da elettricità a idrogeno e viceversa.
In questo momento, come ha spiegato a QualEnergia.it Giuseppe Nigliaccio del dipartimento Tecnologie Energetiche dell’Enea, ci sono limiti tecnologici e colli di bottiglia nelle infrastrutture che rallentano l’uso dell’idrogeno nei consumi finali.
Ecco perché si stanno esplorando anche strade differenti, tra cui la metanazione biologica per trasformare l’idrogeno in metano.