Quanto ci costa, e chi paga, il ritardo nell’attuazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili?

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Quali sarebbero le bollette dei cittadini e delle imprese se avessimo già realizzato le Comunità Energetiche e potessimo contare sull’autoconsumo della produzione locale? QualEnergia.it lancia un'indagine sullo stato di attuazione delle CER.

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La crisi politica, umanitaria, energetica ed economica nella quale sono precipitate l’Italia e l’intera Europa ci ha sorpreso nel momento in cui era parso di intravedere la luce in fondo al tunnel della pandemia Covid 19 nella quale siamo stati intrappolati negli ultimi due anni.

I prezzi di gasolio e benzina che aumentano di giorno in giorno, il possibile esaurimento delle scorte di gas nel medio e lungo termine, l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica, a sua volta prodotta in gran misura da gas e carbone, hanno infine accelerato la discussione sulle strategie energetiche nazionali ed europee.

In Italia le ipotesi vanno da una decisa spinta alle rinnovabili al ritorno al carbone, da una nuova primavera del nucleare alla costruzione di nuovi rigassificatori.

Quello che è certo, invece, è che il gas (per ora) pare non volerlo più nessuno: certamente non quello che arriva dalla Russia attraverso i gasdotti a cui nel tempo ci siamo attaccati come a veri e propri cordoni ombelicali che ci hanno alimentato, almeno finché qualcuno non dovesse decidere di tagliarli.

In questo contesto geopolitico, di scala continentale e planetaria, può sembrare fuori luogo parlare di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), in particolare se consideriamo la poca strada che abbiamo percorso dal recepimento provvisorio della direttiva europea che le ha introdotte e gli scarsi risultati sin qui raggiunti sia in termini di nuove costituzioni sia di vantaggi energetici ed economici conseguiti.

Tuttavia, l’ipotesi di lavorare per aumentare l’autonomia energetica dei territori continua ad essere la ricetta migliore per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, a prezzi controllati, con fonti rinnovabili. Come in una rete, infatti, la maggiore densità dei nodi in cui avviene la produzione garantisce la riduzione del danno qualora dovesse determinarsi una qualsiasi perturbazione.

La domanda che attraversa l’intero dibattito, infatti, è la seguente: quale sarebbe la situazione oggi se potessimo contare su una maggiore diffusione dell’autoconsumo da fonte rinnovabile? Per le bollette dei cittadini e delle imprese, per l’economia e la stabilità dell’intera nazione?

È a partire da questa riflessione che continuiamo a occuparci del processo di implementazione della direttiva sulle Comunità Energetiche Rinnovabili riflettendo, tuttavia, a due anni di distanza dal suo recepimento provvisorio e in attesa dei decreti attuativi della l. 199/2021 che ha recepito in via definitiva la direttiva, sulle ragioni che ne hanno rallentato la diffusione.

Aspetti normativi, regolatori ed economico finanziari

Annunciato come un grande risultato dell’Italia, il recepimento provvisorio della direttiva ha consentito una sperimentazione molto limitata, per lo più messa in campo con poche risorse: molta comunicazione, poca sostanza, nessuna soluzione ai problemi immediatamente sollevati dagli sviluppatori, che permangono.

Non passa giorno senza che venga annunciata la costituzione di una nuova Comunità Energetica Rinnovabile ma, spesso, la giornalista che vuole documentare il nuovo caso trova solo idee, intenzioni, poca competenza: la stampa allora rinuncia a scrivere l’articolo, altri, fidandosi delle parole dell’intervistato di turno, scrivono cose che non stanno né in cielo né in terra.

Il GSE, che potrebbe, e anzi dovrebbe, dare visibilità delle CER effettivamente costituite e del loro livello di implementazione, è impermeabile a qualsiasi richiesta.

Al punto che persino le 26 comunità energetiche italiane dichiarate nell’Orange book pubblicato a cura di RSE sono sovrastimate posto che nell’elenco figurano CER del tutto inesistenti o per le quali è stato solo costituito il soggetto giuridico che le dovrà poi gestire.

Non è chiaro perché il GSE non pubblichi un elenco delle CER per le quali ha ricevuto richiesta di attivazione con evidenza del livello di oggettività raggiunto: data di attivazione, potenza installata, altre informazioni che in questa fase potrebbero essere di pubblica utilità.

La trasparenza pare essere diventata un optional, pur in un paese democratico e nell’ambito di un provvedimento che dovrebbe invece democratizzare l’energia.

Last but not least, restii a condividere le informazioni in loro possesso, ci sono poi i distributori (DSO) che, giustificati da ARERA, hanno rimandato l’implementazione di strumenti automatici per l’accesso ai dati della corrispondenza POD/cabine secondarie. Con le motivazioni più varie, alcuni di essi, ancora oggi non evadono entro il termine di 10 giorni le richieste inviate via pec. Se, come previsto e promesso, tale situazione viene monitorata, nulla è dato sapere sugli esiti.

Per non dire dell’accesso ai dati di consumo: anche dove presenti i cosiddetti contatori intelligenti, non vengono resi disponibili i dati in tempo reale. Così si rende impossibile la puntuale attribuzione ai membri delle CER delle quote di energia condivisa e dei relativi incentivi.

Le alternative?

  • Accontentarsi delle stime del GSE, a consuntivo, però depotenziando la finalità stessa dell’incentivo, che è quella di stimolare l’autoconsumo nella medesima fascia oraria di produzione con l’obiettivo di disimpegnare la rete di distribuzione nazionale.
  • Dotare i consumer della CER di smart meters accollandosi i relativi costi, per i consumi domestici spesso superiori ai benefici.

Mentre nulla osta alla duplicazione dei contatori, ARERA esclude la realizzazione di nuove reti di distribuzione, sebbene la Direttiva europea preveda “la possibilità per gli Stati Membri di accordare alle CER il diritto di gestire la rete di distribuzione locale e di conseguenza, la “fisicità” o la “virtualità” del modello da adottare”.

Neppure nei condomìni, che potendo disporre di una rete interna potrebbero collegarsi alla rete di distribuzione locale con un unico contatore conseguendo in tal modo considerevoli risparmi in bolletta oltre a un’indiscussa efficienza nell’utilizzo dell’energia autoprodotta, come testimoniato da operatori del settore (qui e qui).

È questa la rivoluzione energetica annunciata, che dovrebbe restituire il controllo delle risorse naturali ai cittadini? Se sì, è partita con il freno a mano tirato e pare voler a tutti i costi mantenere lo status quo.

Un esempio? Lo scorporo degli incentivi in bolletta.

È previsto che la Comunità energetica abbia il controllo dell’intero processo, compresa la regolamentazione della distribuzione degli incentivi.

Come si concilia questa supposta autonomia nel definire e ridefinire tali regole con lo scorporo in bolletta? Chi e come comunica i criteri adottati dalla CER ai molteplici e variabili fornitori di energia elettrica?

E ancora, su quale base il fornitore distribuisce gli incentivi? Sulla base delle misurazioni effettuate con i contatori installati dalla CER o di quelle stimate dai DSO e dal GSE?


INDAGINE SULLE COMUNITÀ ENERGETICHE

QualEnergia.it propone per un’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle CER e la sua evoluzione

QualEnergia.it intende avviare una indagine tra gli stakeholder che, nei rispettivi ruoli, hanno partecipato o avrebbero voluto partecipare alla realizzazione di una Comunità Energetica Rinnovabile o Gruppo di Autoconsumo Collettivo.

A partire dagli spunti di riflessione che abbiamo qui proposto, che riguardano per lo più la sola fase di avvio delle Comunità Energetiche, visti gli ostacoli incontrati, e in attesa dell’emanazione dei decreti attutativi e delle regole per la distribuzione degli incentivi da parte di ARERA e del GSE, che probabilmente non arriveranno prima dell’estate, a cittadini, sviluppatori, ricercatori, Enti Locali, PMI, enti del terzo settore, utilities, enti di ricerca e di regolazione, chiediamo di inviarci commenti, osservazioni e proposte, con riferimento:

  1. alla vostra esperienza diretta rispetto agli ostacoli incontrati;
  2. al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199: quali sono le questioni che rimangono irrisolte e che rischiano di depotenziare le finalità della direttiva Ue sulle Comunità energetiche rinnovabili?

Scrivere a: [email protected] (oggetto: Comunità energetiche)

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