L’idrogeno verde in Tunisia, i biocarburanti in Kenya, la formazione sulle rinnovabili in Marocco.
Sono diversi i progetti energetici previsti dalla relazione sul cosiddetto “Piano Mattei per l’Africa” (link in basso), discusso dai deputati martedì 20 novembre in Commissione Affari esteri.
Si tratta del progetto strategico di diplomazia, cooperazione allo sviluppo e investimento dell’Italia per rafforzare e rinnovare i legami con il continente, che rischia di realizzarsi in maniera non paritaria e senza mutui benefici per le due parti.
Lo stato di attuazione del piano, aggiornato al 10 ottobre, quando si è tenuta la terza riunione della cabina di regia, si poggia su vari strumenti finanziari a disposizione, come quelli attivati con la Banca africana di sviluppo, quelli in collaborazione con Cdp e Simest, oppure il Fondo Italiano per il Clima.
Tra i progetti dedicati all’energia c’è quello di Eni in Kenya sui biocarburanti, finanziato tramite la multinazionale del cane a sei zampe con 75 milioni di dollari che vanno ad ampliare “un finanziamento di 135 milioni della Banca mondiale, per un pacchetto complessivo di 210 milioni”.
L’iniziativa sostiene lo sviluppo della filiera dei biocarburanti basato sulla produzione di olio vegetale a partire da materie prime coltivate su terreni degradati, inquinati o abbandonati, da colture di secondo raccolto, non in competizione con la filiera alimentare.
L’obiettivo del progetto è sostenere fino a 200mila piccoli agricoltori ai quali è demandata la produzione dei semi, “contribuendo al recupero di terreni marginali e degradati”. Gli oli vegetali prodotti saranno utilizzati per la produzione di biocarburanti avanzati.
C’è poi il progetto per la produzione di idrogeno verde in Tunisia con la collaborazione di Enel, Eni e Acea. Ad agosto 2024 è stato creato un tavolo tecnico con le imprese italiane coinvolte e con le istituzioni italiane e tunisine.
La Tunisia ricade, insieme a Egitto e Algeria, nella mappatura delle infrastrutture di interconnessione esistenti o in progettazione, i cui risultati sono attesi per settembre 2025.
A Tunisi dovrebbe inoltre sorgere il “Terna Innovation Zone”, un centro di trasferimento di competenze e innovazione tra le industrie energetiche italiane e del Paese nordafricano. Sarà un polo di supporto alle start-up che sfrutterà anche le opportunità che arriveranno dall’avvio del progetto di interconnessione elettrica ELMED.
RES4Africa, Enel e Università Politecnica Mohammed VI si faranno poi carico di istituire un “centro di eccellenza per la formazione” sulle rinnovabili in Marocco. Una struttura che sarà basata su tre pilastri: formazione, accelerazione per start-up africane, produzione e diffusione di conoscenze.
Al pieno della sua operatività, il centro prevede di formare 100 professionisti del settore energetico in Africa, 200 studenti, tecnici, operatori del settore delle rinnovabili, oltre a sostenere 5 start-up di giovani imprenditori nel settore della transizione energetica.
Incluso nella relazione anche il cosiddetto “Corridoio di Lobito”, l’infrastruttura ferroviaria che collegherà l’Angola allo Zambia da realizzare, fra gli altri, insieme a Usa e Ue. Il contributo italiano nell’iniziativa “potrà ammontare fino a 320 milioni di dollari”. L’avvio dei lavori è previsto per la prima metà del 2026.
La nuova linea sarà di circa 800 km e collegherà i centri di Luacano (Angola) alla città di Chingola (Zambia). Grazie all’iniziativa, il trasporto di minerali e prodotti agricoli dalle regioni interne avverrà “con una significativa riduzione dei costi e dell’impatto climatico”.
Dalla riunione in Commissione Affari esteri è emerso che il Dpcm di adozione del Piano Mattei “è stato registrato presso la Corte dei conti”, come spiegato dal presidente Giulio Tremonti (FdI).
Vincenzo Amendola, deputato del Pd, ha firmato un’interrogazione rivolta alla presidente del Consiglio dei ministri e al ministro degli Esteri in cui si pone l’accento sui ritardi nell’emanazione del Dpcm, che riporterà l’orientamento strategico e le priorità di investimento del Fondo italiano per il Clima.
Nell’interrogazione, sottoscritta anche da altri quattro deputati dem, l’opposizione contesta anche che nella relazione non sono state riportate “adeguate indicazioni riguardo i canali di finanziamento dei singoli progetti proposti nelle rispettive schede”. Progetti che tuttavia meriterebbe un più attento esame sul loro reale impatto ambientale ed economico.
- La relazione (pdf)
- Interrogazione Amendola (pdf)