Il carbone non sta tornando in grande stile e in modo permanente nei piani energetici europei: alcuni Paesi stanno pianificando nuovi limitati incrementi della produzione elettrica con questa fonte fossile, in risposta alla crisi del gas innescata dalla Russia.
E tali incrementi non comprometteranno gli obiettivi climatici di medio-lungo periodo.
Questo il parere di Ember, think tank indipendente specializzato in analisi sul settore energetico, dopo aver esaminato le misure temporanee di Germania, Francia, Olanda e Austria. I quattro Paesi hanno deciso di riattivare in modalità stand-by 13,5 GW complessivi di centrali a carbone, con cui sopperire alle eventuali mancanze di gas importato da Mosca.
Così la potenza cumulativa installata nel carbone in Europa, oggi pari a 109 GW, aumenterebbe del 12% con questi GW rimessi in esercizio come riserva di emergenza.
La Germania, in particolare, nel maxi pacchetto energia approvato tra il 7-8 luglio, oltre alla forte accelerazione sulle fonti rinnovabili, ha previsto anche la riattivazione in stand-by di 8 GW di carbone.
In Olanda, invece, i 4,5 GW esistenti a carbone potranno, se necessario, funzionare al massimo della loro capacità fino alla fine del 2023, anziché essere limitati al 35% della capacità da gennaio 2022.
Mentre Austria e Francia riapriranno in via temporanea dei loro impianti a carbone (595 MW in Francia e 246 MW in Austria).
Non è detto che tutti questi impianti produrranno effettivamente energia supplementare: dipenderà da come si evolverà il quadro geopolitico, con particolare riguardo al riempimento degli stoccaggi gas in vista del prossimo inverno.
Ma anche nello scenario peggiore ipotizzato da Ember, in cui le centrali riattivate funzioneranno al 65% della loro capacità fino al 2023, queste produrranno 60 TWh addizionali, portando a un incremento complessivo delle emissioni nette di CO2 pari a 30 milioni di tonnellate.
E questa CO2 aggiuntiva, evidenziano gli analisti, sarebbe equivalente al 4% circa delle emissioni Ue del settore elettrico nel 2021 e a una quota ancora più piccola (1,3%) delle emissioni totali Ue dello scorso anno.
In sostanza, afferma Sarah Brown, analista di Ember, “mentre sarebbe preferibile evitare qualsiasi aumento delle emissioni, il temporaneo aumento del carbone non farà deragliare gli obiettivi climatici a lungo termine della Ue”.
Difatti, la crisi energetica attuale ha agito da catalizzatore per una transizione accelerata verso le rinnovabili tramite il piano REPowerEU pubblicato a maggio.
Un punto importante, rimarcato infine da Ember, è che il revival del carbone non ha posto in discussione gli obiettivi dei vari Paesi per uscire da questa risorsa energetica entro il 2030.
Intanto però nel 2021 la crisi del gas ha rimesso in pista il carbone a livello Ue, facendo anche salire le emissioni di CO2, come sottolineato dalla stessa Ember nella sua European Electricity Review 2022 e dalla Iea nella Global Energy Review pubblicata lo scorso marzo.
La situazione insomma resta molto fluida e bisognerà vedere se in Europa gli investimenti nelle rinnovabili cresceranno davvero nella misura prevista, riuscendo a sganciare in tempi rapidi il mix energetico dalla sua eccessiva dipendenza dalle fonti fossili.