Il piano “verde” di Enel all’esame degli ambientalisti

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L'accelerazione verso lo stop a gas e carbone è apprezzata, ma non mancano le critiche sulla mancanza di dettagli e sui nuovi impianti per il capacity market.

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Il nuovo piano strategico di Enel 2022-2024, con un’accelerata verso la transizione energetica sembra piacere agli ambientalisti, anche se non manca chi critica alcune scelte della società, in primis quella di voler costruire altri impianti a gas nell’ambito del mercato della capacità.

Enel, ricordiamo, ha annunciato che smetterà di produrre elettricità con il carbone entro il 2027 e con il gas entro il 2040, sostituendo le centrali fossili con fonti rinnovabili e sistemi di accumulo energetico.

Inoltre, la compagnia prevede di vendere esclusivamente elettricittà prodotta da fonti rinnovabili entro il 2040 e di uscire, entro la stessa data, anche dalle attività di vendita retail di gas.

Tanto che Enel intende anticipare di dieci anni, dal 2050 al 2040, il suo obiettivo net-zero per azzerare le emissioni nette di CO2.

Obiettivo che sarà raggiunto, precisa una nota della società, senza ricorrere a misure di compensazione, come le tecnologie per rimuovere la CO2 o le soluzioni cosiddette “nature based” come la riforestazione e il ripristino di ecosistemi naturali (al contrario di Eni).

Se la maggior parte delle associazioni ambientaliste preferiscono rilevare la portata del cambiamento annunciato da Enel, soprattutto quell’impegno a uscire dalle fonti fossili dieci anni prima del previsto, chiedono però maggiore chiarezza sugli obiettivi nel breve termine. E c’è anche chi mette in evidenza le debolezze del nuovo piano.

 “Il diavolo è nei dettagli”, afferma ad esempio ReCommon, associazione in prima linea contro le fossili, perché Enel “vuole costruire ben 6 nuove centrali a gas, di cui quattro proprio dove chiuderà i suoi impianti a carbone, e aspetta i sussidi pubblici del capacity payment per farlo”.

Poi nella presentazione agli investitori non è chiaro “come avverrà questa uscita entro il 2040, ossia mancano le date di chiusura di ciascun singolo impianto, col rischio che gran parte delle centrali rimarrà attiva fino a pochi anni prima di questa scadenza. Come nel caso del carbone, sarà una battaglia strappare a Enel queste date, senza trucchi né ritardi”.

In sostanza, scrive l’associazione, “se Enel voleva fare la prima della classe, avrebbe dovuto adottare il 2035 per l’uscita dai combustibili fossili, quanto meno in Italia e Spagna”.

Non condivide invece tutte queste perplessità GB Zorzoli, presidente onorario del Coordinamento Free, che a QualEnergia.it parla di “passo avanti” e “cambio di marcia” a proposito del nuovo piano Enel, perché “anticipa l’uscita dalla produzione di gas e dal trading di gas al 2040 e mi sembra un fatto di enorme rilevanza“.

Inoltre, secondo Zorzoli, il punto fondamentale è che lo stesso meccanismo del capacity market per il gas “esce indebolito” dal piano del colosso elettrico italiano.

Zorzoli fa riferimento, in particolare, alle dichiarazioni rese dopo la presentazione del piano al Capital Markets Day da Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, per quanto riguarda la riconversione a gas della centrale a carbone di Civitavecchia.

In sostanza Enel sembra aperta a valutare altre opzioni al gas, tra cui le batterie, anche nel caso dell’impianto di Torrevaldaliga Nord.

Mentre Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, nel commentare il piano Enel ritiene che “sia un annuncio importante, che fa capire che possiamo essere molto più ambiziosi” e che la transizione energetica è ormai conveniente anche dal punto di vista economico.

Quello che ora si chiede a Enel, aggiunge Zanchini, “è spiegare come ciò possa portare nei prossimi 2-3 anni a un’accelerazione degli investimenti nelle rinnovabili e nei sistemi di accumulo”.

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