Perché il prezzo del pellet è raddoppiato?

Le cause legate alla carenza di offerta, per effetto delle sanzioni economiche a Russia e Bielorussia e alla guerra in Ucraina, prevalgono sugli effetti speculativi. Possibili scenari nel medio termine e qualche raccomandazione al consumatore.

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Un duro colpo per almeno 2,5 milioni di famiglie, forse 3, che usano il pellet come fonte energetica principale: il prezzo al distributore oggi è aumentato del 100% rispetto ad un anno fa.

Ad agosto-settembre 2021, prima della scorsa stagione termica, era possibile acquistare il sacco di pellet (da 15 kg) di qualità EnPlusA1, a 4,9-5,1 euro. Oggi non è possibile pagarlo meno di 9,5-10 euro e, a volte, qualcosa di più.

Un vero e proprio salasso per le famiglie che utilizzeranno questa “commodity” energetica,  che oggi ha un prezzo aumentato ben più di altre, comunque tutte in forte crescita.

Ma cosa sta succedendo al mercato del pellet in Italia?

“Ci sono una serie di fattori che insieme hanno creato una situazione da ‘tempesta perfetta’ che non ha precedenti, ed è molto preoccupante anche per tutto il settore”, ci ha detto Annalisa Paniz, direttrice generale Aiel, l’associazione italiana energie agroforestali.

Si tratta di cause che incidono sull’offerta, e nel breve termine sembrerebbe molto difficile invertire la rotta per un paese che ha un consumo annuale di 3,5 milioni di tonnellate: almeno il 15% delle famiglie italiane utilizza biomassa per scaldarsi e una buona parte lo fa con il pellet.

“È un combustibile di massa – ricorda la direttrice di Aiel – ma non solo in Italia. Ad esempio, l’Austria, uno dei principali esportatori di pellet, sta registrando un forte aumento della domanda interna e probabilmente ridurrà il suo export rispetto allo scorso anno nel corso di questa stagione termica, così come faranno altri esportatori”.

Andiamo allora a vedere questi fattori che hanno fatto raddoppiare il prezzo…

“L’approvvigionamento italiano di pellet dipende dalle importazioni dall’estero. La produzione nazionale è pari appena al 15%, con circa 500mila tonnellate. Per questo motivo le sanzioni alla Russia a causa della guerra in Ucraina sono una delle principali ragioni dell’attuale situazione. Il bando alle importazioni di legname proveniente da Russia e Bielorussia, oltre che la riduzione dei flussi ucraini, sta incidendo sul mercato italiano almeno per il 10% delle quantità commercializzate annualmente nel nostro Paese”, spiega Paniz.

La stessa Aiel ha evidenziato come le sanzioni economiche abbiano comportato anche una riduzione di materia prima necessaria alla produzione di pellet in tutta Europa. I divieti all’importazione investono l’intero settore del legname, la cui lavorazione negli stabilimenti europei rendeva disponibili ingenti quantità di scarti e residui (segatura) da cui era possibile produrre pellet.

L’interruzione dell’approvvigionamento da Russia, Bielorussia e Ucraina ha creato in Europa una carenza complessiva stimata in circa 3 milioni di tonnellate di pellet.

A questo si deve aggiungere la competizione del settore industriale: le grandi centrali nord-europee per la produzione elettrica e cogenerazione, soprattutto in UK, Belgio, Danimarca e Olanda, hanno fatto richiesta di ingenti quantitativi di biomasse, al momento ancora convenienti rispetto alle fonti fossili.

Se questo quadro economico del pellet dovesse protrarsi per più di una stagione termica non verrà pesantemente danneggiato tutto il settore dei produttori delle apparecchiature? Molte famiglie potrebbero ritornare ai vecchi sistemi di riscaldamento oppure optare per sistemi a pompe di calore dove possibile?

“È un timore che attraversa gli operatori del settore. Uno dei driver dell’utilizzo delle biomasse era proprio il risparmio rispetto ai combustibili fossili e venendo meno questo elemento ci possono essere dei rischi per l’intero comparto”.

A livello governativo si potrebbe fare qualcosa?

“Sappiamo che il settore delle biomasse non è mai stato centrale per i decisori politici e si è sempre regolamentato sulla base delle azioni degli operatori e soprattutto dei consumatori. Comunque, a livello europeo c’è la convinzione che il mercato riuscirà a reagire con un aumento della produzione. Torneremo esattamente alla situazione del passato? Sarà difficile, come lo sarà per altri prodotti energetici a partire dal metano. In Italia, più legata all’estero, ci potrebbe essere uno strascico anche un pochino più lungo”.

Abbiamo le condizioni per aumentare la produzione di pellet e di biomasse in Italia rispetto a quel misero 15%?

“Su questo stiamo lavorando con il Mipaaf in un gruppo di lavoro nell’ambito del tavolo foresta-legna che coordiniamo, e che ha come obiettivo gli usi sostenibili delle biomasse forestali. Purtroppo, abbiamo un settore di prima e seconda lavorazione della lavorazione del legno molto carente da almeno venti anni e questo fa sì che tutto quello che è scarto, utile per la produzione di pellet, di fatto non ci sia. E per giunta abbiamo una superficie forestale estesa ma sottoutilizzata. Dovremmo riattivare una serie di politiche forestali con l’obiettivo di trarre più legname da destinare in primo luogo a destinazioni durevoli, per ricavarne conseguenti maggiori scarti per la produzione di pellet, sempre nell’ottica del concetto di circolarità.

Quale consiglio possiamo dare oggi ai consumatori domestici?

“Sarebbe opportuno non farsi prendere dal panico, nonostante questi prezzi abbiano dell’incredibile. Il nervosismo sul mercato sembra spingere molti consumatori ad acquistare più pellet di quanto effettivamente necessario. Questo porta delle distorsioni: l’ideale è acquistare solo il pellet necessario per la prossima stagione termica, pianificando con i propri rivenditori di fiducia; ed è meglio farlo non concentrando l’acquisto nel corso della stagione termica, tra autunno e inverno. È comunque una situazione difficile”.

In conclusione, quali sono le vostre previsioni di prezzo guardando più avanti?

“Non è facile dirlo. Tuttavia, il prezzo dovrà ritornare a valori accettabili per il consumatore. Riteniamo che dopo questa stagione termica, ripeto, del tutto eccezionale, la situazione rientrerà, almeno parzialmente, sia in termini di quantitativi che di prezzo. Il settore dovrebbe poi autoregolamentarsi”.

Insomma, secondo chi opera nel settore, gli effetti oggettivi, legati all’offerta, prevalgono di gran lunga su quelli speculativi, che non possono però essere completamente esclusi come quelli legati ai costi in forte aumento di logistica e trasporti.

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