Dobbiamo abbandonare le fonti fossili ed elettrificare degli usi finali di energia, ma c’è ancora chi crede che le caldaie a gas debbano trovare un loro ampio spazio nel parco edilizio italiano del futuro.
Nello studio presentato alla Camera “Decarbonizzazione dei consumi termici residenziali” (pdf), realizzato da Bip Consulting e commissionato da Proxigas, Assogas, Federchimica-Assogasliquidi, Assotermica e Utilitalia, si propone invece uno scenario di “neutralità tecnologica”, che tenga dentro quindi più soluzioni per i riscaldamenti domestici, come le caldaie a condensazione, che consentirebbero di centrare gli obiettivi fissati dalla Direttiva EPBD.
Nella cosiddetta “direttiva Case Green” gli edifici residenziali dovranno ridurre il proprio consumo medio di energia del 16% nel 2030 e del 20-22% nel 2035 e almeno il 55% del risparmio energetico dovrà venire dalla ristrutturazione del 43% degli edifici con le peggiori prestazioni.
Sappiamo che le pompe di calore avranno quindi un ruolo fondamentale, ma secondo il documento potrebbero essere realmente installate soltanto in 1,76 milioni di abitazioni, a causa di alcuni motivi che ridurrebbero il numero di edifici compatibili con questa tecnologia.
Si afferma che sulle 31,1 milioni di abitazioni censite in Italia, ne esistono alcune che non saranno soggette alla normativa (ad esempio perché oggetto di vincoli architettonici o non occupate), mentre altre hanno già classi energetiche elevate. Due fattori che portano il numero di case sul quale intervenire a 10,3 milioni.
A questi andrebbero sottratti gli immobili in aree climatiche basse e quelli sprovvisti di spazi esterni adeguati, arrivando così a 5,9 milioni. L’analisi esclude infine la popolazione con un reddito non sufficiente a sopportare l’investimento iniziale per l’installazione di questi dispositivi, che viene calcolato in circa 10mila euro.
Le pompe di calore vengono anche descritte come “poco compatibili” con i riscaldamenti a radiatore, il sistema di trasmissione del calore più diffuso.
Nel valutare la convenienza economica delle differenti tecnologie lo studio “elegge” la caldaia a gas (metano o gpl) come soluzione meno impattante per le tasche dei consumatori. La sostituzione delle caldaie tradizionali con quelle a condensazione viene vista come una soluzione efficace per raggiungere i target di efficienza a costi competitivi.
Ma l’indagine non ci dice tutto…
L’indagine non tiene conto di alcuni fattori dei quali abbiamo discusso con Riccardo Bani, presidente dell’Associazione Riscaldamento Senza Emissioni (Arse), impegnata nella decarbonizzazione degli edifici.
Anzitutto “il tema dei climi freddi non è un limite per le installazioni di pompe di calore” perché queste “sono in grado di lavorare anche a temperature al di sotto degli zero gradi”. Peraltro il clima “freddo” sarebbe comunque limitato all’area climatica F, quindi il solo arco alpino, che non ha un’elevata densità abitativa.
Sugli aspetti economici poi Arse approfondisce l’analisi. La stima di 10mila euro per impianto si abbassa ad esempio di molto se si tratta di una pompa di calore centralizzata in un condominio, il cui costo può scendere fino a 5mila euro per unità abitativa. Soluzione che, installata sul tetto, potrebbe anche risolvere il problema degli ingombri.
Quello delle pompe di calore deve essere definito un “investimento”, e non un “costo”, in quanto i risparmi generati da questa tecnologia restano stabili nel tempo e “abbinata al fotovoltaico nelle abitazioni monofamiliari o bifamiliari in alcune zone climatiche può arrivare a consentire la piena autonomia energetica”.
Le caldaie sarebbero invece un “costo”, visto che la loro sostituzione con apparecchi analoghi non genera alcun beneficio economico, ma un costo di esercizio più elevato.
Secondo Bani “siamo di fronte ad un investimento e altri soggetti (istituti di credito, ndr) possono sostituirsi al consumatore nella spesa iniziale che, attraverso i risparmi, sfruttando magari anche contributi come il conto termico o la detrazione fiscale, sono in grado di ripagare la rata del differenziale tra il maggiore investimento della pompa di calore e il costo che comunque avrebbe sostenuto con la nuova caldaia”.
Le caldaie hanno costi di manutenzione più alti, poiché la combustione ne deteriora velocemente i materiali, fattore che ne accorcia la vita media di molto se paragonata a quella di una pompa di calore. Da non dimenticare che questa tecnologia è anche in grado di consentire la climatizzazione estiva.
Inoltre, secondo Arse l’analisi Bip Consulting non tiene conto di alcuni aspetti:
- un eventuale incremento del costo del gas con l’introduzione dell’ETS-2 al settore del riscaldamento (oltre che alle Pmi);
- il valore incrementale che l’immobile acquisirebbe grazie all’incremento di classe energetica (che ovviamente non si avrebbe con una nuova caldaia);
- l’eventuale valore del cliente finale qualora grazie all’elettrificazione dei consumi termici si trovasse ad avere la possibilità di partecipare attivamente alla regolazione del sistema elettrico (“demand response”) grazie all’inerzia termica dell’edificio;
- la valorizzazione dell’eventuale energia elettrica consumata per alimentare la pompa di calore attraverso un modello di autoconsumo collettivo;
- i costi sanitari correlati all’inquinamento nelle aree urbane causati in parte dal riscaldamento degli edifici.
“Sicuramente gli ostacoli alla diffusione delle pompe di calore esistono – ammette Bani – come la necessaria infrastruttura elettrica o i maggiori ingombri. Ma la tecnologia ha avuto e sta avendo un’evoluzione rilevante sotto il profilo delle temperature di esercizio, al punto che ormai il radiatore non è più un limite”.
E considerati i circa 4 miliardi di investimenti in corso in nuovi stabilimenti in Europa, anche i costi di produzione si ridurranno. Tenuto conto della maggiore efficienza che queste soluzioni hanno rispetto alle caldaie (da 3 a 5 volte), la diffusione delle pompe di calore sarà al limite solo una questione di tempo.
“Credo che piuttosto che difendere una tecnologia matura come le caldaie a gas – conclude Bani – dobbiamo riflettere su come cogliere questa opportunità per creare valore nel nostro Paese prima che lo facciano gli altri”.