L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2020 della rivista bimestrale QualEnergia
Nel parlare di un tema, la mobilità attiva che in Italia è trattata nei fatti – e generalmente anche nell’elaborazione culturale e nella comunicazione – come “minore”, di “nicchia” o appannaggio di pochi “ambientalisti visionari”, è utile inquadrarlo nel contesto:
- l’unico scenario che consente di mantenere il deregolamento climatico entro 1,5 °C, senza l’azzardo e l’ingiustizia di assegnare alle generazioni future l’onere (fin ben oltre il 2100) di rimuovere CO2 dall’atmosfera con tecnologie di cui non è provata la fattibilità tecnico-economica – lo European Academies Science Advisory Council ammonisce la Ue che fare affidamento sulle “tecnologie ad emissioni negative” invece di ridurre le emissioni stesse alla fonte potrebbe risultare in un fallimento e avere come conseguenza un severo riscaldamento globale e serie implicazioni per le generazioni future – è uno scenario di riduzione della domanda di energia finale mondiale del 40% al 2050 rispetto all’uso attuale, in modo da permettere una rapida de-carbonizzazione della domanda restante.
Poiché l’Europa e l’Italia utilizzano pro capite tre volte più energia della media mondiale, questo significa per queste due entità ridurre l’uso finale di energia da qualunque fonte, fossile o rinnovabile, rispetto a oggi e non a ipotetici trend futuri, di una quantità ben maggiore del 40%;
- il rapporto Iea (Agenzia Internazionale dell’Energia) Energy Outlook 2019 nel capitolo sulla mobilità, mostra come la crescita delle dimensioni e peso delle auto (in particolare col raddoppio in 10 anni del numero di Suv) abbia azzerato tutti gli altri progressi in termini di efficienza energetica dei motori. La crescita del numero di Suv è il secondo fattore di crescita delle emissioni di CO2 negli anni 2010-2018 dopo gli impianti di generazione elettrica.
“Il tasso d’incremento delle emissioni da Suv li pone davanti all’industria pesante (incluso ferro, acciaio, cemento e alluminio) l’aviazione e il trasporto merci marino, con nostra stessa sorpresa”;
- una larga parte (fino al 90%) delle particelle sottili (PM10 e PM2,5) dovuta al traffico non è causata dalle emissioni allo scappamento del motore, ma dalla abrasione di freni, pneumatici, asfalto e alla ri-sospensione delle polveri depositate al suolo (vedi tabella).
E le emissioni da abrasione risultano tutte proporzionali al peso del veicolo. Risulta quindi chiaro che l’unico modo di ridurre le concentrazioni di PM sono politiche che riescano a ridurre numero e peso dei veicoli, ottenendo al tempo stesso una miriade di co-benefici (spazi liberi per attività sociali, verde, riconquista di autonomia di spostamento per bambini e anziani, ecc.).
Meno auto in città
Assunta, dunque, come razionale e necessaria la riduzione del numero di veicoli motorizzati privati, sorgono le domande: è possibile per i cittadini modificare le loro abitudini, utilizzando la bicicletta, o andando a piedi, i percorsi brevi e medi che oggi svolgono in auto? È possibile per le amministrazioni favorire questa trasformazione? È possibile completare una fitta rete ciclabile in tre anni e con fondi limitati, attenendosi a princìpi chiari che diano massima efficacia ai nuovi tratti e a quelli esistenti?
Parigi l’ha fatto (2016-2019), e abbiamo invitato la responsabile dell’applicazione del Plan Velo di Parigi Charlotte Guth a raccontarlo in una delle conferenze organizzate dal Master Ridef.
I princìpi che hanno guidato le scelte dell’amministrazione sono semplici e chiaramente esplicitati:
- la rete ciclabile deve rivolgersi alla stragrande maggioranza dei cittadini che sarebbero interessati a utilizzare la bicicletta ma temono per la propria incolumità e deve permettergli di essere e sentirsi in sicurezza;
- lo spazio per le nuove infrastrutture ciclabili non deve essere tolto a aree verdi e pedoni; corollario è che le piste ciclabili sono parte di un processo di riequilibrio che riduce lo spazio dedicato al mezzo meno efficiente, il veicolo motorizzato individuale;
- la rete deve essere realizzata in modo da consentire alla bicicletta di esplicitare la sua efficacia, creando percorsi diretti/rettilinei da punto A al punto B; corollario: le vie a senso unico devono essere percorribili in ambo i sensi dalle biciclette, con apposita segnaletica e con riduzione della velocità delle auto a 20 o 30 km/h nella maggior parte della rete viaria; solo gli assi di grande scorrimento rimangono a 50 km/h;
- la rete è pensata per ospitare agevolmente il flusso di ciclisti previsto nei prossimi decenni (il piano ha appunto l’obiettivo di renderli molto più numerosi degli attuali); corollario: le piste devono essere ampie, per permettere a due biciclette di viaggiare affiancate per ogni senso di marcia, permettendo così agevolmente i sorpassi tra gli utenti che viaggiano a diverse velocità, anche quando uno dei veicoli è una cargo-bike;
- la rete deve essere realizzata rapidamente, in modo che, dopo qualche disagio di circolazione durante la realizzazione, i cittadini possano rapidamente prenderne possesso e apprezzarne i vantaggi.
Piazze e bici
Investimenti: circa 70 milioni per le piste ciclabili vere e proprie e 40 milioni per il rifacimento di 7 tra le maggiori piazze dalla città, nelle quali trasferire a pedoni, ciclisti e verde oltre il 50% della superficie prima occupata dalle auto.
Un investimento significativo, anche se di piccola entità, rispetto al budget complessivo per la manutenzione delle strade e dell’intera amministrazione.
E una serie di altre misure meno appariscenti ma importanti: co-finanziamento di una delle migliori applicazioni di navigazione gps assistita in bici (www.geovelo.fr) che è in fruizione libera e gratuita e le cui mappe coprono tutto il pianeta, obbligo di destinare un locale al parcheggio bici in tutti gli edifici nuovi, 50% di cofinanziamento per la sua realizzazione in edifici esistenti, parcheggi sicuri (box chiusi) per bici sono in via di installazione nelle strade e sono disponibili in affitto a prezzi modici, chiusura di molte strade in vicinanza delle scuole durante gli orari di ingresso e uscita, posizione privilegiata delle bici – davanti a tutti gli altri mezzi – ai semafori.
Risultati? In un solo anno, da settembre 2018 a settembre 2019, il numero di ciclisti, misurato da 56 sensori digitali distribuiti nella capitale, è cresciuto del 54%. Con punte altissime su alcuni dei tratti: +200% in quai d’Orsay, quai de Grenelle, voie G. Pompidou.
Ma anche la pista ciclabile di rue Lafayette ha visto un incremento del 200%, ed esiste da oltre dieci anni: il traffico ciclistico è triplicato quando da troncone isolato è diventata parte di una rete completa, quella creata dal Plan Velo.
Gradimento dei cittadini? L’incremento del numero dei ciclisti, varie analisi giornalistiche, il fatto che tutti i candidati alle amministrazioni amministrative di marzo 2020 stiano facendo a gara sul tema della promozione della bicicletta e che la Regione Ile de France competa con il Comune di Parigi negli incentivi all’acquisto di bici elettriche, testimoniano di un cambio di paradigma.
E i vantaggi della rete saranno ancora più evidenti quando tratti ancora in preparazione, come la corsia veloce dalla Senna alla periferia Sud, saranno completati quest’anno. I vantaggi sono diventati estremamente tangibili anche grazie allo sciopero dei mezzi pubblici durato oltre un mese a dicembre-gennaio: i cittadini si sono ritrovati a disposizione una efficacissima nuova infrastruttura di trasporto.
La trasformazione urbanistica potrebbe procedere ben oltre.
La Sindaca Hidalgo si ricandida con un progetto di “Città 15 minuti”, che intende promuovere una situazione di “iper-prossimità” dove tutti i servizi essenziali siano disponibili a distanze percorribili a piedi o in bicicletta, secondo un concetto promosso da vari urbanisti, tra cui Carlos Moreno, docente all’università Paris-1 Pantheon-Sorbonne.
E propone “Parigi 100% ciclabile”, che intende infittire la rete fino ad avere una corsia ciclabile in ogni strada e ponte, e rimuovere 60.000 degli 83.500 parcheggi in strada per trasformarli in piste ciclabili, aree verdi, spazi gioco, rendendo la città amica dei bambini, dunque di tutti i cittadini.
Nei piani futuri c’è anche un grandissimo nuovo spazio verde tra Tour Eiffel e Trocadero, trasformando in un giardino anche il ponte che li collega. Le associazioni di ciclisti hanno predisposto un piano di rete ciclabile veloce che si estende a collegare tutti i comuni circostanti.
La previsione del Financial Times, “Parigi sarà la prima città post-automobile”, è probabilmente in corso di realizzazione. Ma anche solo quanto fatto finora – in soli tre anni e con soli 110 milioni di spesa – potrebbe aprire la strada a trasformazioni analoghe in molte altre città.
È probabilmente una delle misure più efficaci, veloci da realizzare, economiche, per rispondere alla necessità di agire con drastici tagli all’uso di energia sin dai primi dei dieci anni in cui il mondo deve invertire rotta. Se non bastasse, Parigi è oggi ancora più bella di prima.
L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2020 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Cambiare i motori non basta”