Tutto il recente clamore e l’aspettativa intorno al nucleare continua a ignorare i suoi costi elevati e le lunghe tempistiche per realizzare gli impianti, mentre il solare, l’eolico e gli accumuli di energia sono tecnologie convenienti e già pronte per il mercato.
Questo il succo di un briefing (pdf) pubblicato il 18 novembre dall’Institute for Energy Economics and Financial Analysis o Ieefa, istituto di analisi economico-finanziarie sul settore energetico, basato negli Usa.
Fin dal titolo, il documento evidenzia tutti i problemi dell’opzione nucleare per la transizione energetica: “Nuclear hype ignores high cost, long timelines”.
Gli analisti citano alcuni recenti annunci di piani per sviluppare nuovi piccoli reattori modulari – gli stessi che il governo italiano vorrebbe realizzare nel nostro Paese – meglio noti con l’acronimo SMR (Small Modular Reactor).
Questi annunci, si legge, “potrebbero, a un certo punto, portare alla costruzione di un piccolo numero di megawatt di nuova capacità nucleare dopo il 2030, ma nulla a che vedere con la quantità di energia (o con la tempistica a breve termine) che si cerca oggi”.
In sostanza, “a parte l’hype, ciò che colpisce di più ora è la scarsità di dettagli negli annunci” di futuri SMR.
Ricordiamo poi che a fine ottobre è fallita Ultra Safe Nuclear Corporation, società Usa che sta sviluppando micro-reattori modulari da 1,5-5 MW (quindi ancora più piccoli degli ipotizzati SMR).
Per approfondire si veda anche il nostro articolo Fallisce l’azienda di micro-reattori: il nuovo nucleare è un’incognita economica, dove abbiamo parlato anche delle difficoltà dei progetti NuScale e Nuward e evidenziando, dati alla mano, che il fotovoltaico con batterie costa meno di quel che potrebbe costare, non si sa quando, il nuovo nucleare SMR.
Alcuni esempi di annunci fumosi
Nel briefing si parla in particolare di due annunci.
Il primo è di Kairos Power e Google, che hanno firmato un accordo quadro per lo sviluppo di un impianto che porterebbe alla costruzione di una “flotta” di reattori da 500 MW complessivi entro il 2035, con la prima unità pianificata nel 2030.
Ma i dettagli forniti finora sono scarsi, de facto “quasi inesistenti”. Il sito web di Kairos afferma che il suo SMR offrirà 75 MW di capacità e sarà venduto come un impianto da due unità da 150 MW totali.
Il secondo annuncio citato è quello di Amazon, Energy Northwest e X-energy, i cui dettagli “erano ugualmente scarsi”, commenta l’istituto americano.
Il punto centrale è l’impegno di Amazon a portare online 5 GW di tecnologia SMR di X-energy entro il 2039, concentrandosi inizialmente sullo sviluppo di un impianto da 320 MW nel territorio di Washington servito da Energy Northwest.
Tuttavia, si osserva, ciò che manca in questi due annunci “è il riconoscimento dell’enorme discrepanza temporale” tra una domanda elettrica in forte crescita oggi, ad esempio per alimentare data center e sistemi di cloud computing dei colossi informatici, e un’offerta di nuova energia nucleare che, ben che vada, potrebbe arrivare nel prossimo decennio.
Nel documento si riportano anche le critiche di John Ketchum, amministratore delegato di NextEra Energy, società madre di Florida Power & Light, la più grande utility statunitense nonché un importante sviluppatore di energia rinnovabile.
Nella conference call di ottobre sui guadagni del terzo trimestre, Ketchum ha detto agli analisti che “alternative come il nuovo nucleare su scala di pubblica utilità e gli SMR non sono testati, costosi e, ancora una volta, non dovrebbero essere commercialmente praticabili su larga scala prima della seconda parte del prossimo decennio”.
Mentre Andres Gluski, amministratore delegato di AES (come NextEra, una holding di servizi di pubblica utilità e un grande sviluppatore di energia rinnovabile), in una recente intervista con il Financial Times ha affermato che “l’euforia [sul nucleare] è un po’ esagerata”.
Lo stesso Matt Garman, ceo dell’unità cloud computing di Amazon, intervenendo a un evento del Wall Street Journal, ha sottolineato che gli SMR “non risolveranno nulla negli anni 2020”.
Altre opzioni: rinnovabili, accumuli e nuova geotermia
Il punto, prosegue il documento dello Ieefa, è che le opzioni per costruire una nuova significativa capacità di energia pulita sono ora già disponibili.
Tra i tanti esempi citati che riguardano gli States, si ricorda che a ottobre, SB Energy Global ha dichiarato di aver avviato l’attività commerciale di un progetto solare da 875 MW in Texas, meno di due anni dopo l’annuncio del progetto. Il cliente più importante è Google, che ha accettato di acquistare il 75% della produzione.
Enbridge ha annunciato un progetto simile su larga scala il 1° novembre, affermando che avrebbe costruito un parco fotovoltaico da 815 MW a ovest di Dallas che prevede sarà completamente online nel 2026.
In Arizona, Ørsted ha da poco messo in funzione il progetto ibrido di fotovoltaico e batterie Eleven Mile Solar, appena 21 mesi dopo l’inizio della costruzione. L’impianto include 300 MW di solare e un accumulo da 300 MW e 4 ore di durata.
Il principale acquirente dell’elettricità generata è Meta Platforms, società madre di Facebook e Instagram.
Un’altra opzione a breve termine è la nuova geotermia che utilizza le tecniche di trivellazione applicate ai giacimenti petroliferi.
Una delle aziende leader del settore è Fervo Energy, con sede a Houston (ne abbiamo parlato nell’articolo Geotermia con accumulo: un’alleanza con le tecnologie petrolifere). Fervo ha recentemente ottenuto l’approvazione per un progetto da 400 MW nello Utah che prevede di mettere online entro il 2028, con i primi 90 MW programmati per l’operatività commerciale nel 2026.
Si stima che questo progetto costerà circa 1,3 miliardi di dollari, portando il costo di costruzione a 3.200 $ per kilowatt, mentre i costi per i progetti SMR monitorati dallo Ieefa sono ben oltre i 10.000 $/kW, anche se nessuno è stato completamente autorizzato o ha iniziato la costruzione.
È importante notare, conclude lo Ieefa, che si tratta di un confronto alla pari, poiché la geotermia fornirà la stessa produzione h24 di energia elettrica pulita di cui i big dell’informatica hanno bisogno per le loro attività cloud.