Il nucleare del ministro: illusioni di sicurezza e costi nascosti

Perché il Ministro Pichetto Fratin sbaglia a sottovalutare rinnovabili e accumuli, andando in contrasto col Piano di Transizione Ecologica. Il governo è veramente disposto a tutto pur di bloccare le rinnovabili? Un articolo del Prof. Federico Butera.

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Dell’intervento di Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica al Forum Ambrosetti sul tema del nucleare, vanno messi in evidenza alcuni passaggi (vedi video intervento ministro).

Il Ministro afferma perentoriamente e come dato inconfutabile che “con le sole rinnovabili non ce la si può fare” ad arrivare ad azzerare le emissioni della produzione di energia elettrica.

Sarebbe bene che qualcuno lo informasse del fatto che esiste un Piano per la Transizione Ecologica (PTE), approvato dal Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica l’8 marzo 2022, in cui si dice che l’apporto alla generazione di energia elettrica delle rinnovabili: ”dovrà raggiungere almeno il 72% al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100% del mix energetico primario complessivo”.

Il Ministro può scaricare il PTE dalla pagina apposita che si trova nel sito del suo ministero  (per gli altri è qui: https://www.qualenergia.it/wp-content/uploads/2022/06/PTEdefinitivo.pdf) – si veda anche Transizione ecologica, ecco il Piano, ndr)

In contrasto col PTE, il Ministro sostiene che il nucleare sarebbe necessario per sopperire alla aleatorietà delle fonti rinnovabili.

Forse, oltre che in merito al PTE, il Ministro non è stato informato sul fatto che – se usati allo scopo di intervenire quando l’offerta rinnovabile non riesce a coprire la domanda – i reattori lavorerebbero per gran parte del tempo a una potenza inferiore a quella nominale, e quindi con una produzione annua di energia elettrica inferiore a quella ottenibile.

Si dà il caso che il costo del kWh elettrico dipenda principalmente dall’ammortamento del capitale e quindi, per essere economicamente competitivo, un reattore deve produrre il più possibile. In altre parole, per un reattore nucleare il costo di produzione del kWh aumenta rapidamente col diminuire della produzione.

Se si è deciso, per compensare la non programmabilità delle rinnovabili, di usare il nucleare invece dell’accumulo perché costa di meno, come sostiene il Ministro, è lecito domandarsi se i costi di produzione che gli hanno fornito sono quelli a produzione nominale o a produzione reale, molto più alti, e se li hanno confrontati con quelli delle diverse forme di accumulo disponibili oggi e nel 2035, quando comincerebbe la produzione di energia dai reattori.

Questa storia dei costi crescenti del kWh nucleare se si usa come integrazione delle rinnovabili non programmabili si conosce benissimo in Francia, dove già qualcuno, per contenere la lievitazione dei costi del kWh nucleare, propone di porre un tetto alla potenza rinnovabile installata. Che sia questo il disegno in Italia?

Poi il Ministro sforna il tema della occupazione di suolo.

Dice che a parità di produzione, una centrale nucleare occupa un duecentesimo dello spazio di una solare.

Il confronto, su questo piano, fra nucleare e solare o eolico non regge perché sono tecnologie completamente non confrontabili: produzione concentrata contro produzione diffusa. Non sono confrontabili per tantissime ragioni, tecniche e non.

Per dirne una non tecnica, visto che siamo appiattiti sulla linea bellicista e vista l’aria che tira, ci ha mai pensato il Ministro quale privilegiato bersaglio, in guerra, sia una centrale nucleare? Ucraina docet.

Con la produzione da fonte distribuita o diffusa il problema non si pone. Bisognerebbe farlo sapere anche al Ministro della Difesa, magari decide di dirottare un po’ di fondi dalle armi al fotovoltaico e all’eolico.

Ma l’aspetto più rilevante dell’intervento del Ministro sta nel non detto.

Il non detto è che il nucleare fa a pugni col nome del suo ministero, che è dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Infatti, la sicurezza energetica si ottiene prima di tutto assicurandosi la sicurezza degli approvvigionamenti. Abbiamo avuto l’esperienza della dipendenza dalla Russia per il gas, ora siamo dipendenti dagli USA, dal Qatar, dall’Algeria, dalla Libia, dal Mozambico, dall’Egitto e chi più ne ha più ne metta.

E con gli SMR saremmo pure dipendenti per il combustibile dalla russa Rosatom. Attualmente dalla Rosatom dipendono, sia pure in parte, la Francia e gli USA, giusto per indicare i più paesi significativi. Alla faccia dell’embargo.

Ammesso pure che riusciamo ad arricchire l’uranio a casa nostra – cosa economicamente improponibile – dovremmo comprarlo dal Kazakistan (45% della produzione mondiale) o dalla Namibia o dal Niger (gli Stati diciamo “sicuri” che hanno un po’ di uranio se lo tengono ben stretto). Bella idea di sicurezza energetica.

Poi ci sono le scorie. Lo ha detto il Ministro: se le prende la Francia. E se decidesse di non prenderle più? Bella altra sicurezza energetica.

Il Ministro, col governo tutto, forse non si è accorto del fatto che il sole e il vento che usiamo negli impianti fotovoltaici ed eolici sono italiani, sono nel nostro territorio, e nessuno ce li può togliere. Questa sì che è sicurezza energetica.

Insomma, la decisione di riproporre il nucleare fa il paio con quella dell’Eni di continuare a estrarre combustibili fossili e sotterrare la CO2 prodotta, cominciando col pomparla sotto i fondali dell’Adriatico.

Fossili che si trovano in altri paesi, dai quali dipendiamo e continueremo a dipendere. Tutto pur di bloccare le fonti rinnovabili e il Green Deal, e mantenerci dipendenti.

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